Le Società umane si trasformano ma non cambiano. Indagando le epoche passate, possiamo notare lo scorrere di individui vestiti in modi diversi, che contengono però sempre lo stesso Uomo. Soprattutto in quest’ultimo periodo strane equivalenze si sono andate via via subdolamente affermando nella nostra vita. Argomenti umani identici al passato, ma all’apparenza diversi. Compilo un breve elenco: assemblee elettive esautorate; parassitismo politico; fine dell’indipendenza dei tre poteri dello Stato di Diritto (legislativo, esecutivo, giurisdizionale); partito unico di stretta osservanza liberista, frazionato in gruppi d’affari in parossistica competizione; Capo dello Stato piccino piccino; leggi scritte da organismi dominanti emanate per decreto da un esecutivo costituito da individui subordinati, ricattabili, corrotti e incapaci; criminalizzazione di ogni forma d’opposizione; smantellamento dello Stato Sociale e d'ogni forma di protezione del lavoro; massiccia introduzione di schiavi, traffico svolto da navi negriere internazionali sotto protezione; conseguente fomentata guerra senza regole fra poveri; depenalizzazione dei reati finanziari; dei furti alle risorse statali; clientelismo; collusione fra politica, finanza, industria, commercio e mafie internazionali e nazionali; profonda disuguaglianza economica fra le classi sociali; diffusione di psicopatologie criminali; nazioni ridotte a discariche; massacro edilizio dei territori; delle risorse naturali; delle risorse idriche; continue stragi gli Animali liberi; delinquenziali allevamenti intensivi di Animali da carne; massacro delle identità sessuali, familiari, individuali; svuotamento dei caratteri culturali identitari dei Popoli; soppressione dei codici morali di comportamento; divieto di assembramento; divieto di manifestazione; coprifuoco; prostituzione; pedofilia; droghe; alcool; tradimenti, doppiogiochismi, menzogne, falsità, arroganza e presunzione. Una diffusa infermità mentale che fa preoccupare del destino dei bar, dei ristoranti e della movida, mentre i gruppi d’affari parlamentari, per seminare un terrore cieco fra le popolazioni agitano nell’aria un’influenza, mentre si contendendo le risorse economiche e consegnano nelle mani della finanza internazionale speculativa e usuraia un Paese oramai morto e smembrato.
Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.
domenica 18 ottobre 2020
domenica 11 ottobre 2020
LE PANTOFOLE DEL RE SOLE
Sono quattro anni
che porto queste pantofole e sono ancora in perfetto stato, quando, in
parallelo, le ciabatte comprate nello stesso momento, di una nota fabbrica Israeliana,
non sono riuscite a sopravvivere neanche mezza stagione, come d'altronde altri prodotti
nazionali o esteri acquistati in passato.
Per quale motivo
la fabbrica Francese del XVII secolo produceva prodotti così eccellenti e oggi
se ne producono invece di così scadenti?
E per quale
motivo dopo tanti anni la fabbrica sta per chiudere?
Qui devo fare un
cenno, per forza di cose, a un problema che hanno avuto i Tedeschi dell’ovest
capitalista, quando si sono trovati di fronte al problema della riunificazione:
il che fare delle industrie dello Stato Tedesco dell’est Comunista. Per meglio
rendere comprensibile la riflessione, poiché sono abbastanza vecchio da
ricordarmi che tipo di elettrodomestici fabbricava l’industria Italiana ed
Europea negli anni sessanta, posso dire che quei prodotti erano assai diversi
da quelli commercializzati ora. Prima c’era una maggiore attenzione alla
qualità, intesa come funzionalità e durata; e la differenza non mi sembra trascurabile.
In parallelo c’era anche una vasta rete di tecnici che riparavano i vari
apparecchi quando si guastavano. Oggi potremmo classificarlo come “indotto”. L’ottica
economica era diversa nei suoi principi base di politica industriale. In
pratica, tornando alla Germania. I politici e gli industriali Tedeschi si sono
trovati davanti a una realtà produttiva simile alla nostra negli anni sessanta:
fabbriche di elettrodomestici che producevano frigoriferi, lavatrici,
televisori che superavano i venti anni di vita. Prodotti costruiti per durare,
non per realizzare solo il massimo profitto. Era una stravaganza impossibile da
tollerare. Impossibile perché gli stessi prodotti in occidente devono morire
sempre più rapidamente e senza la minima possibilità di essere riparati. Le
schede inserite nei vari apparecchi, infatti, sono provviste di un chip di fine
vita, il processo si chiama obsolescenza programmata. In pratica è come quando
chiamate il tecnico perché il vostro frigorifero si è guastato, e nel 90% dei
casi vi dice che “È la scheda, non conviene ripararlo”. Ha ragione, perché il
chip assassino si trova proprio nella scheda principale che fa funzionare
l’elettrodomestico. Morto il chip morto il frigo. Ora, da queste due storielle,
le pantofole francesi e gli elettrodomestici tedeschi, se ne potrebbe trarre
anche una lezione, se fossimo in grado di farlo. Purtroppo, come specie
animale, non siamo in grado, poiché Socrate ha detto una cosa non perfettamente
corretta: la Ragione è senza dubbio utile all’uomo, ma non rappresenta che una
piccola percentuale a una cifra di tutto ciò che contiene il cervello. Ossia,
quando prendiamo delle decisioni, anche nel quotidiano, a noi sembra che siano
scaturite facendo ricorso alla ragionevolezza, in verità esse sono scaturite da
condizionamenti molteplici e profondi di cui non abbiamo nessuna consapevolezza.
Questo per dire che anche noi, come occidente, avevamo la possibilità negli
anni sessanta di immaginare e programmare una scienza industriale capace di
produrre pantofole del Re Sole semplici, solide, fatte per durare, capaci di
salvaguardare a meraviglia le risorse ambientali, e invece abbiamo preferito le
ciabatte Israeliane, che si rompono subito, fanno guadagnare tanti soldi all’industria,
massacrano l’ambiente e sono in pratica la nostra scelta di morte. La colpa
naturalmente non è soltanto degli industriali Ebrei, ovvio che li ho presi solo
ad esempio perché parliamo di ciabatte, la colpa è dell’intera specie umana Homo
Sapiens. Il sistema sociale/economico/politico Comunista non era privo di
problemi, tutt’altro, però partiva da un paradigma corretto: il bene della
collettività a scapito di qualche rinuncia dell’individuo. Sganciando il vivere
sociale dalle psicopatologie ossessive compulsive di certi industriali e
finanzieri disturbati di mente, controllando con estrema inflessibilità l’infinita
capacità di corruzione che l’oro ha sugli individui, forse si sarebbe potuto
costruire qualcosa di diverso, che avrebbe potuto salvarci. L’errore grande,
comune all’intera epoca passata, è stato quello di credere che si sarebbe
potuto creare, col semplice apporto dell’economia e della cultura, quell’Uomo Nuovo
capace di riannodare il rapporto con la Natura devastata e saccheggiata dall’Uomo
Vecchio. Tutti lo pensavano. Tutti con le più varie sfumature. Ma erano uomini
del secolo scorso, non conoscevano la genetica e non sapevano che l’Uomo Vecchio
non ha nessuna possibilità di rinnovarsi, poiché è tarato all’origine, è dalla
nascita immutabile nei suoi difetti.
È stato nobile
crederlo, inevitabile costatarne il totale fallimento. Gli individui che hanno
creduto che fabbricare pantofole del Re Sole fosse un paradigma su cui
edificare una civiltà più giusta, non hanno pensato che quella Giustizia a
fondamento delle loro idee, in fondo non è nient’altro che purissima
metafisica, tanto distante da una Natura Umana incapace di intravvedere
all’orizzonte, come conseguenza della chiusura di un’antica fabbrica, anche la
prossima fine della sua presenza sulla Terra.
domenica 4 ottobre 2020
MORTI DI FAME
Parliamoci chiaro, io
detesto questo sub-governo non perché, come tutti gli altri governi che si sono
succeduti, ha governato e preso provvedimenti di cui io non mi sento partecipe,
neanche perché ha gestito le cose in modo opposto al necessario, o perché ha
rubacchiato e truffato e ingannato, neanche perché è un governo democratico, e io
invece sono un totalitarista, credo che questo mio sentimento ostile non
c’entra nulla con la politica, la filosofia, l’economia, e neanche con la
Ragione. Il mio viscerale rifiuto nasce proprio da una sensazione animale che
proviene da quei cervelli primitivi che ci permettono la sopravvivenza. Sembra
nascere da profonde regioni viscerali, che avvertono che mi trovo davanti non a
dei politici ma, davanti a delle sporcizie d’uomini raccatati dalla strada,
ignoranti, arroganti, boriosi, spocchiosi morti di fame che si sono prestati, per
pochi soldi, a una pantomima talmente scadente nei risultati che un qualsiasi
Popolo con un po’ di dignità li avrebbe presi a calci. Mi vergogno quando
qualcuno potrebbe pensare che sono rappresentato da un ridicolo omosessuale
protervo, da un venditore di noccioline imbecille, una signora che si concia da
prostituta, e tante altre indecenze. Credo, altresì, che non ci sia nulla da
fare. Tutte le società alla fine dei loro giorni hanno agonizzato di queste
decadenze ignominiose. Il Potere vero, quello che finalmente ha conquistato il
mondo, oggi non ha più bisogno di Politici autentici, pieni di legami loschi e
loschi traffici, con licenza d’uccidere, quelli che hanno combattuto il
Comunismo inventandosi le peggiori sozzure che l’uomo possa concepire e porre
in essere. Ora si spendono pochi soldi, si risparmia e si raccatta gentucola
miserabile che si accontenta, ma che basta alla gente per sentirsi
democraticamente rappresentata.
sabato 26 settembre 2020
CAMMINANDO PER LE STRADE DI ROMA
Ieri, ho fatto una passeggiata di un paio di chilometri per raggiungere l’ufficio di mia Moglie, che aveva un piccolo problema da risolvere. Infine ho deciso di farli a piedi, quei due chilometri, perché ho atteso per quindici minuti un autobus che non arrivava. Lungo la strada, molto conosciuta, ho incontrato, sulla sinistra, in sequenza, tre postazioni di bidoni della spazzatura nascosti dalla mondezza, certo da giorni non raccolta. Poco distante due reti con materassi e delle coperte sudice sistemate accanto a un muro: lussuosi “posti letto” coperti da un tratto della sopraelevata. Più avanti delle biciclette abbandonate, un ventilatore, dei vecchi giocattoli, lastre di vetro rotte e dei cartoni bagnati. Lì nei pressi tre mascherine sanitarie buttare per terra. Più avanti c’è la sala giochi, dove credo si pratichi la tombola, o qualcosa di simile, frequentatissima da strani disadattati, vecchi spenti e individui terminali che non trovano nessun altra attrattiva nella vita. A metà percorso, in una delle piazze maggiori di zona, c’erano due ragazzi che questuavano dei soldi, dopo aver eseguito dei giochi d’abilità di una gradevolezza dubbia, a giudicare dalle facce degli automobilisti fermi ai semafori. Alla fermata, “varia umanità di tutti i colori e di tutte le razze” attendeva un tram che si faceva desiderare, mentre degli “zingari” che avevano steso dei teli in terra, cercavano di vendergli della mercanzia abominevole, che tanti, tuttavia, osservava, la rigirava fra le mani e ne chiedeva il prezzo. Cammino, ed ecco altre mascherine sanitarie buttate per terra, due anche di stoffa di colore nero. D’improvviso, mentre procedevo a passo lento, cercando un’impossibile tranquillità, viste le sciocche inquietudini che non riesco mai a dominare, si è fatto vivo un tram: stracolmo di “varia umanità di tutti i colori e di tutte le razze”, ammassati come animali su un carro bestiame. Nei pressi dell’ufficio, su una strada laterale, un “luogo di culto musulmano” era affollato di fedeli nei loro abiti tradizionali, consoni al mistico momento. Poco distante un gruppo di ragazzi Cinesi discuteva nella loro lingua oscura. L’unico bar gestito da nostri connazionali, era chiuso, forse fallito causa pandemia. Le ultime mascherine gettate in terra davanti al “luogo di culto musulmano”, facevano arrivare a dieci il conto delle protezioni contro il Covid gettate in terra nei due chilometri percorsi. Dimenticavo: davanti al supermercato c’erano due poveracci sdraiati sul marciapiede che chiedevano l’elemosina. Il bus che avrei voluto prendere non è mai passato. Non mi pare di aver incrociato non più di cinque o sei connazionali “bianchi”. Ho rischiato due volte di finire investito da sub-umani al volante, che mi hanno apostrofato anche in malo modo perché non sono stato sollecito nell’attraversare la strada, sulle strisce. Ho dovuto dribblare con maestria fra automobili parcheggiate male, marciapiedi disastrati, radici d’alberi, monopattini sfrecciati e bici insolenti. Il tutto, accompagnato dalle consuete quotidianità: un piacevole sottofondo di rumori molesti di tutti i tipi, traffico impazzito composto da pazzi al volante dentro automobili sempre più invasive, clacson in varie tonalità, scambi d’indecenti improperi fra automobilisti fuori di sé, spacciatori di droghe, tossicodipendenti, prostitute sudamericane, omosessuali/travestiti in vendita al miglior offerente, e una fila imbarazzante di consumatori di alcaloidi che attendevano pazienti il proprio turno davanti a una tabaccheria.
Arrivato sano e salvo in
ufficio, ho compiuto il mio piacevole dovere, ho baciato mia Moglie, e sono
ritornato a casa… a piedi, di nuovo, perché l’autobus che mi sarebbe stato
utile non si è mai visto. Ovviamente ripetendo le medesime esperienze,
piuttosto singolari per una società che si definisce “civile”.
Ora, rinnovo il mio
invito: se qualche “anima bella” vuole parlare della nostra “sana vita
comunitaria” sono sempre disponibile.
domenica 12 luglio 2020
L'IDIOTA
È da questa mattina, il momento più difficoltoso della giornata, che sto cercando un aggettivo che possa qualificare non un singolo comportamento, o un brano della vita, ma tutta la mia vita. Ho frugato in ogni angolo. Ho scandagliato ogni situazione. Ho riflettuto su ogni scelta. Quindi, ecco l’illuminazione. D’improvviso, dopo tanto cercare, appare l’aggettivo giusto, più appropriato: idiota. Ho la seccante sensazione di essere, ed essere stato, un perfetto idiota. Facile, dopo, trovare gli elementi per suffragare l’intuizione. Nel grande sacco delle mie amarezze, ho potuto trovare gli errori che comunemente tutti gli “esseri umani” compiono. Ma questo non giustificherebbe il drastico giudizio. Piuttosto, i fattori che più hanno contribuito a definirmi tale, sono di natura sostanziale. Ossia, quello d’aver sempre rincorso obiettivi che con la Vita Vera non c’entrano nulla. Crearsi un mondo apparente, parallelo, fatto di sogni e d’irrealtà non è il modo giusto di vivere. Trasferire questi entusiasmi metafisici nel proprio quotidiano, o nella società, non è il modo corretto vivere. La Vita Vera non è Utopia. Inseguendo una speranza nata dall’incapacità di muoversi nel mondo reale non si onora la Vita. Rispettando rigorosi Codici Morali di Comportamento non si onora la Vita. Circondandosi di una coesa sfera d’Amore e di Affetto non si onora la Vita.
Queste mi appaiono,
oggi, alla luce di una nuova consapevolezza, come dei ripieghi, delle esclusioni,
delle scappatoie. La Vita Vera si
manifesta ora come l’esatto contrario di quello che ho sempre desiderato. Non
un’Utopia, ma un caos totale d’egoistiche raccapriccianti esigenze. Non un
rigido rispetto di Regole, ma una totale indisciplina, un “homo homini lupus”, un
“bellum omnium contra omnes”, un celebrare la cattiveria, la crudeltà, l’ignoranza,
l’ipocrisia, la falsità, l’inganno, l’arroganza e la presunzione. Non Amore e
Affetto, ma un metodico sottrarre e accumulare oro, al solo scopo di rubare agli
altri e godere nel vederli soffrire; un capitalizzare senza fine e senza fini,
solo per saziare una smisurata, ossessivo compulsiva infermità psichica.
Quindi, solo uno scemo
poteva trascinare durante la sua vita questo pesante fardello d’illusioni. Per
fortuna che questa ristretta minoranza di reietti va progressivamente
scomparendo. Giustamente, perché non sono ben visti, né stimati. Credono di
vedere cose che gli altri non vedono, ma non è così. Vedono solo cose che
desiderano vedere, proprio per la loro incapacità di Vivere.
Idioti al punto tale da
desiderare fortemente per sé “quell’eterno ritorno dell’uguale”, che gli
consentirebbe di vivere e rivivere in eterno fedelmente quello che hanno già
vissuto.
sabato 4 luglio 2020
IL QUADERNO A QUADRETTI
Per fare un po’ di chiarezza
sulle dimensioni dell’insolenza raggiunta dall'Uomo quando afferma d’aver
rivelato, mediante la ragione e la scienza, certe leggi che governano
l’universo, o le stesse regole del mondo, credo sia utile alla comprensione
ridurre, come sempre si dovrebbe fare in certi casi, dal macro al micro le
immagini relative. Ossia ridurre l’universo, l’infinito e l’eterno, il mondo, a
una forma più piccola, più familiare e visibile, come può essere un quaderno. Direte,
cosa c’entra un quaderno: è presto detto. Dunque, l’esperienza è facile e breve.
Comprate un quaderno scolastico. Meglio se a quadretti per la quinta
elementare. Quello con i quadrati più piccoli. Una volta acquistato, apritelo e
osservate le pagine. Sfogliatele con calma, senza fretta, così da rendervi bene
conto della loro quantità e della corrispondente quantità di quadretti. Il
tutto senza contare, non serve, dobbiamo solo con uno sforzo di fantasia equiparare
quello che i grandi filosofi definiscono il “Tutto”, o “l’Essere”, a un comune
quaderno. È comunque un atto arbitrario, ridurre un “Tutto/Essere” infinito ed
eterno a un quaderno a quadretti finito e mortale, ma non avendo altre valide
possibilità, diciamo che possiamo accontentarci di questa approssimazione. Ora,
aprite la copertina e osservate la prima pagina. Di questa prima pagina andate
con lo sguardo su, verso il primo quadrato in alto a sinistra. Perfetto. Quel
quadratino che ora avete isolato dal resto e state osservando, è il limite
entro il quale la “mente umana” si tormenta, esplora e valuta, senza neanche capire
granché. Addirittura riempiendo l’incomprensibile, gli spazi oscuri, con vivaci
fantasie.
Ora, staccate gli occhi
da quella limitata realtà e sfogliate con calma il quaderno: le pagine e i
quadrati restanti sono, probabilmente, l’altro “Tutto/Essere” di cui ignoriamo
perfino l’esistenza e la misura. Ci stiamo assassinando il cervello da secoli
nel tentativo di dare delle valide spiegazioni, agendo dentro il quadratino in
alto a sinistra della prima pagina.
Nonostante ciò,
nonostante la nostra piccineria, ci siamo auto creati con una fervida immaginazione
un dio che ci ha nominato nientemeno che padroni del mondo, e dell’universo. Il
tutto arricchito con un delirio di perché e percome, ipotesi, tesi, antitesi e
sintesi, principi, materia e spirito, trascendenza e metafisica, teologia e
teoretica, filosofie e scienze, un’infinità d’interpretazioni soggettive divulgate
come verità oggettive.
L’Homo Sapiens è una creatura
disperata che non può trovare il suo ruolo nel Mondo. Non sa cosa fare, e si
illude che la ragione possa aiutarlo, ignaro che è proprio la ragione la sua
principale anomalia. Le altre Creature sanno cosa devono fare e lo fanno, senza
l’ausilio della ragione.
L’Homo Sapiens non è in
condizioni di sanare caratteristiche strutturali rincorrendo a illusioni e atti
di superbia, semplicemente perché il mistero non è nascosto nel quadratino in
alto a sinistra, ma nell'intero quaderno.
lunedì 8 giugno 2020
UNA FOGNA CHIAMATA ATAC/CITTÀ/PAESE (Azienda Tranvie e Autobus del Comune)
Chi vive da sempre in una città come Roma, ed è anziano, sa bene che ci sono delle problematiche talmente incancrenite, contorte e decadenti che, con amarezza, vanno accettate per quello che sono. Le soluzioni richiederebbero degli interventi radicali, coordinati da personalità senza timori o debolezze, personaggi che purtroppo non abbiamo mai avuto. L’azienda citata non è la sola a essere degradata, ovviamente, ma è senza dubbio un luminoso esempio di un ambiente corale pubblico proteso al massimo profitto privato, e non al bene comune.
Inutile dilungarsi sulle sporcizie accumulate nel tempo. Meglio impegnarsi a divulgare una delle tante indecenze quotidiane che siamo costretti a subire.
La recente esperienza personale.
Davanti all’edificio dove abito da quarant’anni, si estende un deposito ATAC che accoglie dei vecchi tram che camminano da non meno di sessant’anni. Il deposito è talmente anacronistico per la posizione occupata e per la vetustà dell’edificio, che appare come una bruttura insopportabile da vedere e da sentire. La vergogna è composta di più fabbricati e uno di questi sembra adibito a uffici. Sul tetto ci sono dei macchinari che, presumibilmente, servono al condizionamento; impianti in condizioni imbarazzanti da vedere e anche rumorosi, che tutto il vicinato sopporta con pazienza, rassegnato a una delle tante schifezze che non si riescono a migliorare. Quindi, sabato scorso, 30 maggio, alle 9.45 circa del mattino, una di queste attrezzature ha iniziato a rovesciare intorno un suono preoccupante, acuto e fastidioso. Ritenuto ovvio un rapido intervento, abbiamo atteso fino alle 17 circa, quando è misteriosamente cessato. Convinti che tutto si fosse risolto per il meglio, con disappunto verso le 2 di notte, invece, la “sirena” si è rimessa in funzione. Senza smettere mai. La mattina successiva, domenica 31 maggio, esausto, mi sono recato nella portineria dell’edificio per denunciare il problema. Un custode, “guardia giurata”, si è subito trincerato dietro un classico “Non so cosa fare… non è compito mio…”. Invitato a verificare la gravità del problema, e resosi conto lui stesso, mi ha assicurato che avrebbe fatto presente il guasto. Inutile dire che il guasto non è stato risolto. Lunedì 1 giugno sono tornato in portineria, e un’altra “guardia giurata”, dopo toccanti affermazioni di partecipazione, mi ha accompagnato, rimarcando il privilegio accordatomi, da due smunti impiegati, un maschio e una femmina, che si sono anch’essi affrettati a informarmi che non erano tenuti a intervenire, pur conoscendo l’origine del guasto.
La rapida visita di altre due strutture ATAC vicine, e la conoscenza di altre “guardie giurate” impegnate a giocare con i loro smartphone, mi hanno confermato l’assurdo che nessun responsabile, vuoi impiegato o dirigente, era presente nelle varie sedi.
Tutti assenti da chissà quanto tempo e fino a mercoledì 3 giugno.
Dopo nuove ore d’incubo, martedì 2 giugno, Festa della Repubblica, ritornato nella portineria, l’ennesima “guardia giurata” mi ha candidamente preso in giro assicurandomi che in giornata avrebbero risolto il problema. Falso. Nessun intervento. La sirena ha continuato a lacerare l’aria con ferocia, per ore e ore. Disperato e sull’orlo di una crisi di nervi, ho telefonato in ordine: alla Polizia Urbana (Vigili), alla Pubblica Sicurezza, ai Carabinieri e ai Vigili del Fuoco. Più volte, di continuo, con insistenza. Nessuno, pur assicurandomi una soluzione, ha fatto nulla per aiutarci.
La sirena ha continuato a suonare.
Mercoledì 3 giugno, alle ore 9.00, dopo l’ennesima nottata da incubo, sono sceso di fretta, e in portineria questa volta c’era una signora, che all’ennesima richiesta d’aiuto mi ha risposto: “Ma adesso non c’è nessuno!” Esibendo un sorriso falso.
Davanti all’ennesima menzogna, la mente ragionevole ha ceduto. Ho iniziato a urlare e a imprecare, in modo deciso ma consapevole, e come per magia, gli urli hanno materializzato sull’uscio due sorpresi impiegati, che ho invitato subito ad assumersi le proprie responsabilità. E qui, proprio in quel preciso istante, c’è stata la prova suprema della sporcizia morale e materiale che certi individui sono capaci d’esprimere. Negando l’evidenza hanno girato la responsabilità su dei condizionatori posti su edifici vicini. Ma l’immagine più spregevole di tutta questa storia, l’immagine che la caratterizza, è l’istante in cui mentre un “impiegato” continuava a negare in modo insolente, il suo collega, intravisto dalla finestra da mia Moglie e da mia Figlia, con un semplice cacciavite in mano si affrettava a salire sul tetto per spegnere l’apparecchiatura guasta.
Cos’altro dire?
Quattro giorni d’incubo per tutto il vicinato, per non salire due minuti su una scaletta e sul tetto.
Quattro giorni d’incubo e di arrabbiature per la falsità, la disonestà e la pusillanimità di miserabili individui.
In questa brutta storia non ci sono responsabilità maggiori o minori, le colpe vanno distribuite senza riserva alcuna su tutta l’Azienda. L’ATAC è sempre stata un volgare carrozzone clientelare, buono solo ad arricchire e gratificare la sporcizia umana di turno. Scansafatiche e profittatori. Parassiti e imbroglioni. Vampiri e traffichini. Una struttura parassitaria e indecorosa.
L’ATAC non è un’azienda malata, è una fogna che andrebbe risanata. Ma non è la sola. L’ATAC è l’immagine paradigmatica della Città e del Paese. Quel sentirsi scaltri al punto da riuscire a fregare e a prendere in giro tutti, restando impuniti. Le “società pubbliche” non brillando in attenzione per il cittadino, quel cittadino apatico che paga e invece di ricevere rispetto subisce insolenze. Le “società pubbliche” dimostrano che la nostra “vita civile” non è che un assoluto disinteressarsi dell’altro, un depredare, un beffare, un deridere sistematico e compiaciuto.
Uno stile di vita che mortifica ogni solidarietà e rispetto umano.