Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

domenica 18 ottobre 2020

STRANE COINCIDENZE

Le Società umane si trasformano ma non cambiano. Indagando le epoche passate, possiamo notare lo scorrere di individui vestiti in modi diversi, che contengono però sempre lo stesso Uomo. Soprattutto in quest’ultimo periodo strane equivalenze si sono andate via via subdolamente affermando nella nostra vita. Argomenti umani identici al passato, ma all’apparenza diversi. Compilo un breve elenco: assemblee elettive esautorate; parassitismo politico; fine dell’indipendenza dei tre poteri dello Stato di Diritto (legislativo, esecutivo, giurisdizionale); partito unico di stretta osservanza liberista, frazionato in gruppi d’affari in parossistica competizione; Capo dello Stato piccino piccino; leggi scritte da organismi dominanti emanate per decreto da un esecutivo costituito da individui subordinati, ricattabili, corrotti e incapaci; criminalizzazione di ogni forma d’opposizione; smantellamento dello Stato Sociale e d'ogni forma di protezione del lavoro; massiccia introduzione di schiavi, traffico svolto da navi negriere internazionali sotto protezione; conseguente fomentata guerra senza regole fra poveri; depenalizzazione dei reati finanziari; dei furti alle risorse statali; clientelismo; collusione fra politica, finanza, industria, commercio e mafie internazionali e nazionali; profonda disuguaglianza economica fra le classi sociali; diffusione di psicopatologie criminali; nazioni ridotte a discariche; massacro edilizio dei territori; delle risorse naturali; delle risorse idriche; continue stragi gli Animali liberi; delinquenziali allevamenti intensivi di Animali da carne; massacro delle identità sessuali, familiari, individuali; svuotamento dei caratteri culturali identitari dei Popoli; soppressione dei codici morali di comportamento; divieto di assembramento; divieto di manifestazione; coprifuoco; prostituzione; pedofilia; droghe; alcool; tradimenti, doppiogiochismi, menzogne, falsità, arroganza e presunzione. Una diffusa infermità mentale che fa preoccupare del destino dei bar, dei ristoranti e della movida, mentre i gruppi d’affari parlamentari, per seminare un terrore cieco fra le popolazioni agitano nell’aria un’influenza, mentre si contendendo le risorse economiche e consegnano nelle mani della finanza internazionale speculativa e usuraia un Paese oramai morto e smembrato.

domenica 11 ottobre 2020

LE PANTOFOLE DEL RE SOLE

Tre anni fa, io e mia Moglie eravamo impegnati nella solita spesa settimanale, compiuta di solito in un supermercato della zona dove abitiamo. Non c’era molta gente, per fortuna, e giravamo senza fretta fra le corsie, osservando qui e là fra gli scaffali forniti di tutto il necessario, e anche più del necessario. Mentre la mia Compagna spingendo il carrello l’ho vista dirigersi verso il reparto dedicato agli alimenti per Gatti, la curiosità mi ha pungolato spingendomi verso uno scaffale colmo dei più vari modelli di ciabatte e pantofole. Erano tutte in vendita a prezzo scontato, ma scontato a tal punto da apparire come un semplice espediente per non regalarle. Frugando in competizione con altre persone interessate al medesimo articolo, alla fine ho fatto cadere la mia scelta su un paio di ciabatte, un modello classico, aperte dietro, e delle pantofole piuttosto insolite in verità, mai viste prima, di cui però ne ho sospettata la comodità. Quando ho mostrato a mia Moglie cosa avrei voluto acquistare, ha storno un po’ il naso. La singolare pantofola non la trovava affatto gradevole, tutt’altro, le appariva come una vecchia babbuccia da pensionato, e, in effetti, non le potevo dare torno. Però, una volta tornati a casa l’ho subito provata, verificando con soddisfazione che l’impressione di comodità che avevo solo sospettato era più che veritiera. Trascorsa poco più di una settimana dall’acquisto e senza che ci fosse mai avuta occasione in Famiglia di ritornare a discutere della pantofola, tornando a casa la sera alla solita ora, mia Moglie mi ha subito mostrato un ritaglio di giornale, rendendomi partecipe della sua sorpresa. In pratica, il ritaglio di giornale economico/finanziario riportava la notizia che la fabbrica Francese della pantofola acquistata a saldo, era prossima al fallimento. L’aveva riconosciuta dalla foto a corredo dell’articolo. In sostanza siamo venuti a sapere che è un prodotto che affonda le radici addirittura nel XVII secolo, ai tempi di Luigi XIV, quando i calzolai del posto iniziarono a usare feltri riciclati dall'industria cartaria per fabbricare la suola rigida. Non ha caso ho usato il presente indicativo per indicare il prodotto, poiché le pantofole sono ancora ai miei piedi, anche adesso che sto scrivendo l’articolo. Da questa semplice esperienza ne ho tratto un importante insegnamento, che dovrebbe aiutare a chiarire per quale motivo il nostro modello di sviluppo e di vita ci stanno portando al disastro.

Sono quattro anni che porto queste pantofole e sono ancora in perfetto stato, quando, in parallelo, le ciabatte comprate nello stesso momento, di una nota fabbrica Israeliana, non sono riuscite a sopravvivere neanche mezza stagione, come d'altronde altri prodotti nazionali o esteri acquistati in passato.

Per quale motivo la fabbrica Francese del XVII secolo produceva prodotti così eccellenti e oggi se ne producono invece di così scadenti?

E per quale motivo dopo tanti anni la fabbrica sta per chiudere?

Qui devo fare un cenno, per forza di cose, a un problema che hanno avuto i Tedeschi dell’ovest capitalista, quando si sono trovati di fronte al problema della riunificazione: il che fare delle industrie dello Stato Tedesco dell’est Comunista. Per meglio rendere comprensibile la riflessione, poiché sono abbastanza vecchio da ricordarmi che tipo di elettrodomestici fabbricava l’industria Italiana ed Europea negli anni sessanta, posso dire che quei prodotti erano assai diversi da quelli commercializzati ora. Prima c’era una maggiore attenzione alla qualità, intesa come funzionalità e durata; e la differenza non mi sembra trascurabile. In parallelo c’era anche una vasta rete di tecnici che riparavano i vari apparecchi quando si guastavano. Oggi potremmo classificarlo come “indotto”. L’ottica economica era diversa nei suoi principi base di politica industriale. In pratica, tornando alla Germania. I politici e gli industriali Tedeschi si sono trovati davanti a una realtà produttiva simile alla nostra negli anni sessanta: fabbriche di elettrodomestici che producevano frigoriferi, lavatrici, televisori che superavano i venti anni di vita. Prodotti costruiti per durare, non per realizzare solo il massimo profitto. Era una stravaganza impossibile da tollerare. Impossibile perché gli stessi prodotti in occidente devono morire sempre più rapidamente e senza la minima possibilità di essere riparati. Le schede inserite nei vari apparecchi, infatti, sono provviste di un chip di fine vita, il processo si chiama obsolescenza programmata. In pratica è come quando chiamate il tecnico perché il vostro frigorifero si è guastato, e nel 90% dei casi vi dice che “È la scheda, non conviene ripararlo”. Ha ragione, perché il chip assassino si trova proprio nella scheda principale che fa funzionare l’elettrodomestico. Morto il chip morto il frigo. Ora, da queste due storielle, le pantofole francesi e gli elettrodomestici tedeschi, se ne potrebbe trarre anche una lezione, se fossimo in grado di farlo. Purtroppo, come specie animale, non siamo in grado, poiché Socrate ha detto una cosa non perfettamente corretta: la Ragione è senza dubbio utile all’uomo, ma non rappresenta che una piccola percentuale a una cifra di tutto ciò che contiene il cervello. Ossia, quando prendiamo delle decisioni, anche nel quotidiano, a noi sembra che siano scaturite facendo ricorso alla ragionevolezza, in verità esse sono scaturite da condizionamenti molteplici e profondi di cui non abbiamo nessuna consapevolezza. Questo per dire che anche noi, come occidente, avevamo la possibilità negli anni sessanta di immaginare e programmare una scienza industriale capace di produrre pantofole del Re Sole semplici, solide, fatte per durare, capaci di salvaguardare a meraviglia le risorse ambientali, e invece abbiamo preferito le ciabatte Israeliane, che si rompono subito, fanno guadagnare tanti soldi all’industria, massacrano l’ambiente e sono in pratica la nostra scelta di morte. La colpa naturalmente non è soltanto degli industriali Ebrei, ovvio che li ho presi solo ad esempio perché parliamo di ciabatte, la colpa è dell’intera specie umana Homo Sapiens. Il sistema sociale/economico/politico Comunista non era privo di problemi, tutt’altro, però partiva da un paradigma corretto: il bene della collettività a scapito di qualche rinuncia dell’individuo. Sganciando il vivere sociale dalle psicopatologie ossessive compulsive di certi industriali e finanzieri disturbati di mente, controllando con estrema inflessibilità l’infinita capacità di corruzione che l’oro ha sugli individui, forse si sarebbe potuto costruire qualcosa di diverso, che avrebbe potuto salvarci. L’errore grande, comune all’intera epoca passata, è stato quello di credere che si sarebbe potuto creare, col semplice apporto dell’economia e della cultura, quell’Uomo Nuovo capace di riannodare il rapporto con la Natura devastata e saccheggiata dall’Uomo Vecchio. Tutti lo pensavano. Tutti con le più varie sfumature. Ma erano uomini del secolo scorso, non conoscevano la genetica e non sapevano che l’Uomo Vecchio non ha nessuna possibilità di rinnovarsi, poiché è tarato all’origine, è dalla nascita immutabile nei suoi difetti.

È stato nobile crederlo, inevitabile costatarne il totale fallimento. Gli individui che hanno creduto che fabbricare pantofole del Re Sole fosse un paradigma su cui edificare una civiltà più giusta, non hanno pensato che quella Giustizia a fondamento delle loro idee, in fondo non è nient’altro che purissima metafisica, tanto distante da una Natura Umana incapace di intravvedere all’orizzonte, come conseguenza della chiusura di un’antica fabbrica, anche la prossima fine della sua presenza sulla Terra.

domenica 4 ottobre 2020

MORTI DI FAME


Parliamoci chiaro, io detesto questo sub-governo non perché, come tutti gli altri governi che si sono succeduti, ha governato e preso provvedimenti di cui io non mi sento partecipe, neanche perché ha gestito le cose in modo opposto al necessario, o perché ha rubacchiato e truffato e ingannato, neanche perché è un governo democratico, e io invece sono un totalitarista, credo che questo mio sentimento ostile non c’entra nulla con la politica, la filosofia, l’economia, e neanche con la Ragione. Il mio viscerale rifiuto nasce proprio da una sensazione animale che proviene da quei cervelli primitivi che ci permettono la sopravvivenza. Sembra nascere da profonde regioni viscerali, che avvertono che mi trovo davanti non a dei politici ma, davanti a delle sporcizie d’uomini raccatati dalla strada, ignoranti, arroganti, boriosi, spocchiosi morti di fame che si sono prestati, per pochi soldi, a una pantomima talmente scadente nei risultati che un qualsiasi Popolo con un po’ di dignità li avrebbe presi a calci. Mi vergogno quando qualcuno potrebbe pensare che sono rappresentato da un ridicolo omosessuale protervo, da un venditore di noccioline imbecille, una signora che si concia da prostituta, e tante altre indecenze. Credo, altresì, che non ci sia nulla da fare. Tutte le società alla fine dei loro giorni hanno agonizzato di queste decadenze ignominiose. Il Potere vero, quello che finalmente ha conquistato il mondo, oggi non ha più bisogno di Politici autentici, pieni di legami loschi e loschi traffici, con licenza d’uccidere, quelli che hanno combattuto il Comunismo inventandosi le peggiori sozzure che l’uomo possa concepire e porre in essere. Ora si spendono pochi soldi, si risparmia e si raccatta gentucola miserabile che si accontenta, ma che basta alla gente per sentirsi democraticamente rappresentata.

sabato 26 settembre 2020

CAMMINANDO PER LE STRADE DI ROMA

Ieri, ho fatto una passeggiata di un paio di chilometri per raggiungere l’ufficio di mia Moglie, che aveva un piccolo problema da risolvere. Infine ho deciso di farli a piedi, quei due chilometri, perché ho atteso per quindici minuti un autobus che non arrivava. Lungo la strada, molto conosciuta, ho incontrato, sulla sinistra, in sequenza, tre postazioni di bidoni della spazzatura nascosti dalla mondezza, certo da giorni non raccolta. Poco distante due reti con materassi e delle coperte sudice sistemate accanto a un muro: lussuosi “posti letto” coperti da un tratto della sopraelevata. Più avanti delle biciclette abbandonate, un ventilatore, dei vecchi giocattoli, lastre di vetro rotte e dei cartoni bagnati. Lì nei pressi tre mascherine sanitarie buttare per terra. Più avanti c’è la sala giochi, dove credo si pratichi la tombola, o qualcosa di simile, frequentatissima da strani disadattati, vecchi spenti e individui terminali che non trovano nessun altra attrattiva nella vita. A metà percorso, in una delle piazze maggiori di zona, c’erano due ragazzi che questuavano dei soldi, dopo aver eseguito dei giochi d’abilità di una gradevolezza dubbia, a giudicare dalle facce degli automobilisti fermi ai semafori. Alla fermata, “varia umanità di tutti i colori e di tutte le razze” attendeva un tram che si faceva desiderare, mentre degli “zingari” che avevano steso dei teli in terra, cercavano di vendergli della mercanzia abominevole, che tanti, tuttavia, osservava, la rigirava fra le mani e ne chiedeva il prezzo. Cammino, ed ecco altre mascherine sanitarie buttate per terra, due anche di stoffa di colore nero. D’improvviso, mentre procedevo a passo lento, cercando un’impossibile tranquillità, viste le sciocche inquietudini che non riesco mai a dominare, si è fatto vivo un tram: stracolmo di “varia umanità di tutti i colori e di tutte le razze”, ammassati come animali su un carro bestiame. Nei pressi dell’ufficio, su una strada laterale, un “luogo di culto musulmano” era affollato di fedeli nei loro abiti tradizionali, consoni al mistico momento. Poco distante un gruppo di ragazzi Cinesi discuteva nella loro lingua oscura. L’unico bar gestito da nostri connazionali, era chiuso, forse fallito causa pandemia. Le ultime mascherine gettate in terra davanti al “luogo di culto musulmano”, facevano arrivare a dieci il conto delle protezioni contro il Covid gettate in terra nei due chilometri percorsi. Dimenticavo: davanti al supermercato c’erano due poveracci sdraiati sul marciapiede che chiedevano l’elemosina. Il bus che avrei voluto prendere non è mai passato. Non mi pare di aver incrociato non più di cinque o sei connazionali “bianchi”. Ho rischiato due volte di finire investito da sub-umani al volante, che mi hanno apostrofato anche in malo modo perché non sono stato sollecito nell’attraversare la strada, sulle strisce. Ho dovuto dribblare con maestria fra automobili parcheggiate male, marciapiedi disastrati, radici d’alberi, monopattini sfrecciati e bici insolenti. Il tutto, accompagnato dalle consuete quotidianità: un piacevole sottofondo di rumori molesti di tutti i tipi, traffico impazzito composto da pazzi al volante dentro automobili sempre più invasive, clacson in varie tonalità, scambi d’indecenti improperi fra automobilisti fuori di sé, spacciatori di droghe, tossicodipendenti, prostitute sudamericane, omosessuali/travestiti in vendita al miglior offerente, e una fila imbarazzante di consumatori di alcaloidi che attendevano pazienti il proprio turno davanti a una tabaccheria.

Arrivato sano e salvo in ufficio, ho compiuto il mio piacevole dovere, ho baciato mia Moglie, e sono ritornato a casa… a piedi, di nuovo, perché l’autobus che mi sarebbe stato utile non si è mai visto. Ovviamente ripetendo le medesime esperienze, piuttosto singolari per una società che si definisce “civile”.

Ora, rinnovo il mio invito: se qualche “anima bella” vuole parlare della nostra “sana vita comunitaria” sono sempre disponibile.

domenica 12 luglio 2020

L'IDIOTA


È da questa mattina, il momento più difficoltoso della giornata, che sto cercando un aggettivo che possa qualificare non un singolo comportamento, o un brano della vita, ma tutta la mia vita. Ho frugato in ogni angolo. Ho scandagliato ogni situazione. Ho riflettuto su ogni scelta. Quindi, ecco l’illuminazione. D’improvviso, dopo tanto cercare, appare l’aggettivo giusto, più appropriato: idiota. Ho la seccante sensazione di essere, ed essere stato, un perfetto idiota. Facile, dopo, trovare gli elementi per suffragare l’intuizione. Nel grande sacco delle mie amarezze, ho potuto trovare gli errori che comunemente tutti gli “esseri umani” compiono. Ma questo non giustificherebbe il drastico giudizio. Piuttosto, i fattori che più hanno contribuito a definirmi tale, sono di natura sostanziale. Ossia, quello d’aver sempre rincorso obiettivi che con la Vita Vera non c’entrano nulla. Crearsi un mondo apparente, parallelo, fatto di sogni e d’irrealtà non è il modo giusto di vivere. Trasferire questi entusiasmi metafisici nel proprio quotidiano, o nella società, non è il modo corretto vivere. La Vita Vera non è Utopia. Inseguendo una speranza nata dall’incapacità di muoversi nel mondo reale non si onora la Vita. Rispettando rigorosi Codici Morali di Comportamento non si onora la Vita. Circondandosi di una coesa sfera d’Amore e di Affetto non si onora la Vita.

Queste mi appaiono, oggi, alla luce di una nuova consapevolezza, come dei ripieghi, delle esclusioni, delle scappatoie.  La Vita Vera si manifesta ora come l’esatto contrario di quello che ho sempre desiderato. Non un’Utopia, ma un caos totale d’egoistiche raccapriccianti esigenze. Non un rigido rispetto di Regole, ma una totale indisciplina, un “homo homini lupus”, un “bellum omnium contra omnes”, un celebrare la cattiveria, la crudeltà, l’ignoranza, l’ipocrisia, la falsità, l’inganno, l’arroganza e la presunzione. Non Amore e Affetto, ma un metodico sottrarre e accumulare oro, al solo scopo di rubare agli altri e godere nel vederli soffrire; un capitalizzare senza fine e senza fini, solo per saziare una smisurata, ossessivo compulsiva infermità psichica.

Quindi, solo uno scemo poteva trascinare durante la sua vita questo pesante fardello d’illusioni. Per fortuna che questa ristretta minoranza di reietti va progressivamente scomparendo. Giustamente, perché non sono ben visti, né stimati. Credono di vedere cose che gli altri non vedono, ma non è così. Vedono solo cose che desiderano vedere, proprio per la loro incapacità di Vivere.

Idioti al punto tale da desiderare fortemente per sé “quell’eterno ritorno dell’uguale”, che gli consentirebbe di vivere e rivivere in eterno fedelmente quello che hanno già vissuto.


sabato 4 luglio 2020

IL QUADERNO A QUADRETTI

Per fare un po’ di chiarezza sulle dimensioni dell’insolenza raggiunta dall'Uomo quando afferma d’aver rivelato, mediante la ragione e la scienza, certe leggi che governano l’universo, o le stesse regole del mondo, credo sia utile alla comprensione ridurre, come sempre si dovrebbe fare in certi casi, dal macro al micro le immagini relative. Ossia ridurre l’universo, l’infinito e l’eterno, il mondo, a una forma più piccola, più familiare e visibile, come può essere un quaderno. Direte, cosa c’entra un quaderno: è presto detto. Dunque, l’esperienza è facile e breve. Comprate un quaderno scolastico. Meglio se a quadretti per la quinta elementare. Quello con i quadrati più piccoli. Una volta acquistato, apritelo e osservate le pagine. Sfogliatele con calma, senza fretta, così da rendervi bene conto della loro quantità e della corrispondente quantità di quadretti. Il tutto senza contare, non serve, dobbiamo solo con uno sforzo di fantasia equiparare quello che i grandi filosofi definiscono il “Tutto”, o “l’Essere”, a un comune quaderno. È comunque un atto arbitrario, ridurre un “Tutto/Essere” infinito ed eterno a un quaderno a quadretti finito e mortale, ma non avendo altre valide possibilità, diciamo che possiamo accontentarci di questa approssimazione. Ora, aprite la copertina e osservate la prima pagina. Di questa prima pagina andate con lo sguardo su, verso il primo quadrato in alto a sinistra. Perfetto. Quel quadratino che ora avete isolato dal resto e state osservando, è il limite entro il quale la “mente umana” si tormenta, esplora e valuta, senza neanche capire granché. Addirittura riempiendo l’incomprensibile, gli spazi oscuri, con vivaci fantasie.

Ora, staccate gli occhi da quella limitata realtà e sfogliate con calma il quaderno: le pagine e i quadrati restanti sono, probabilmente, l’altro “Tutto/Essere” di cui ignoriamo perfino l’esistenza e la misura. Ci stiamo assassinando il cervello da secoli nel tentativo di dare delle valide spiegazioni, agendo dentro il quadratino in alto a sinistra della prima pagina.

Nonostante ciò, nonostante la nostra piccineria, ci siamo auto creati con una fervida immaginazione un dio che ci ha nominato nientemeno che padroni del mondo, e dell’universo. Il tutto arricchito con un delirio di perché e percome, ipotesi, tesi, antitesi e sintesi, principi, materia e spirito, trascendenza e metafisica, teologia e teoretica, filosofie e scienze, un’infinità d’interpretazioni soggettive divulgate come verità oggettive.

L’Homo Sapiens è una creatura disperata che non può trovare il suo ruolo nel Mondo. Non sa cosa fare, e si illude che la ragione possa aiutarlo, ignaro che è proprio la ragione la sua principale anomalia. Le altre Creature sanno cosa devono fare e lo fanno, senza l’ausilio della ragione.

L’Homo Sapiens non è in condizioni di sanare caratteristiche strutturali rincorrendo a illusioni e atti di superbia, semplicemente perché il mistero non è nascosto nel quadratino in alto a sinistra, ma nell'intero quaderno.


lunedì 8 giugno 2020

UNA FOGNA CHIAMATA ATAC/CITTÀ/PAESE (Azienda Tranvie e Autobus del Comune)

Chi vive da sempre in una città come Roma, ed è anziano, sa bene che ci sono delle problematiche talmente incancrenite, contorte e decadenti che, con amarezza, vanno accettate per quello che sono. Le soluzioni richiederebbero degli interventi radicali, coordinati da personalità senza timori o debolezze, personaggi che purtroppo non abbiamo mai avuto. L’azienda citata non è la sola a essere degradata, ovviamente, ma è senza dubbio un luminoso esempio di un ambiente corale pubblico proteso al massimo profitto privato, e non al bene comune.

Inutile dilungarsi sulle sporcizie accumulate nel tempo. Meglio impegnarsi a divulgare una delle tante indecenze quotidiane che siamo costretti a subire.

La recente esperienza personale.

Davanti all’edificio dove abito da quarant’anni, si estende un deposito ATAC che accoglie dei vecchi tram che camminano da non meno di sessant’anni. Il deposito è talmente anacronistico per la posizione occupata e per la vetustà dell’edificio, che appare come una bruttura insopportabile da vedere e da sentire. La vergogna è composta di più fabbricati e uno di questi sembra adibito a uffici. Sul tetto ci sono dei macchinari che, presumibilmente, servono al condizionamento; impianti in condizioni imbarazzanti da vedere e anche rumorosi, che tutto il vicinato sopporta con pazienza, rassegnato a una delle tante schifezze che non si riescono a migliorare. Quindi, sabato scorso, 30 maggio, alle 9.45 circa del mattino, una di queste attrezzature ha iniziato a rovesciare intorno un suono preoccupante, acuto e fastidioso. Ritenuto ovvio un rapido intervento, abbiamo atteso fino alle 17 circa, quando è misteriosamente cessato. Convinti che tutto si fosse risolto per il meglio, con disappunto verso le 2 di notte, invece, la “sirena” si è rimessa in funzione. Senza smettere mai. La mattina successiva, domenica 31 maggio, esausto, mi sono recato nella portineria dell’edificio per denunciare il problema. Un custode, “guardia giurata”, si è subito trincerato dietro un classico “Non so cosa fare… non è compito mio…”. Invitato a verificare la gravità del problema, e resosi conto lui stesso, mi ha assicurato che avrebbe fatto presente il guasto. Inutile dire che il guasto non è stato risolto. Lunedì 1 giugno sono tornato in portineria, e un’altra “guardia giurata”, dopo toccanti affermazioni di partecipazione, mi ha accompagnato, rimarcando il privilegio accordatomi, da due smunti impiegati, un maschio e una femmina, che si sono anch’essi affrettati a informarmi che non erano tenuti a intervenire, pur conoscendo l’origine del guasto.

La rapida visita di altre due strutture ATAC vicine, e la conoscenza di altre “guardie giurate” impegnate a giocare con i loro smartphone, mi hanno confermato l’assurdo che nessun responsabile, vuoi impiegato o dirigente, era presente nelle varie sedi.

Tutti assenti da chissà quanto tempo e fino a mercoledì 3 giugno.

Dopo nuove ore d’incubo, martedì 2 giugno, Festa della Repubblica, ritornato nella portineria, l’ennesima “guardia giurata” mi ha candidamente preso in giro assicurandomi che in giornata avrebbero risolto il problema. Falso. Nessun intervento. La sirena ha continuato a lacerare l’aria con ferocia, per ore e ore. Disperato e sull’orlo di una crisi di nervi, ho telefonato in ordine: alla Polizia Urbana (Vigili), alla Pubblica Sicurezza, ai Carabinieri e ai Vigili del Fuoco. Più volte, di continuo, con insistenza. Nessuno, pur assicurandomi una soluzione, ha fatto nulla per aiutarci.

La sirena ha continuato a suonare.

Mercoledì 3 giugno, alle ore 9.00, dopo l’ennesima nottata da incubo, sono sceso di fretta, e in portineria questa volta c’era una signora, che all’ennesima richiesta d’aiuto mi ha risposto: “Ma adesso non c’è nessuno!” Esibendo un sorriso falso.

Davanti all’ennesima menzogna, la mente ragionevole ha ceduto. Ho iniziato a urlare e a imprecare, in modo deciso ma consapevole, e come per magia, gli urli hanno materializzato sull’uscio due sorpresi impiegati, che ho invitato subito ad assumersi le proprie responsabilità. E qui, proprio in quel preciso istante, c’è stata la prova suprema della sporcizia morale e materiale che certi individui sono capaci d’esprimere. Negando l’evidenza hanno girato la responsabilità su dei condizionatori posti su edifici vicini. Ma l’immagine più spregevole di tutta questa storia, l’immagine che la caratterizza, è l’istante in cui mentre un “impiegato” continuava a negare in modo insolente, il suo collega, intravisto dalla finestra da mia Moglie e da mia Figlia, con un semplice cacciavite in mano si affrettava a salire sul tetto per spegnere l’apparecchiatura guasta.

Cos’altro dire?

Quattro giorni d’incubo per tutto il vicinato, per non salire due minuti su una scaletta e sul tetto.

Quattro giorni d’incubo e di arrabbiature per la falsità, la disonestà e la pusillanimità di miserabili individui.

In questa brutta storia non ci sono responsabilità maggiori o minori, le colpe vanno distribuite senza riserva alcuna su tutta l’Azienda. L’ATAC è sempre stata un volgare carrozzone clientelare, buono solo ad arricchire e gratificare la sporcizia umana di turno. Scansafatiche e profittatori. Parassiti e imbroglioni. Vampiri e traffichini. Una struttura parassitaria e indecorosa.

L’ATAC non è un’azienda malata, è una fogna che andrebbe risanata. Ma non è la sola. L’ATAC è l’immagine paradigmatica della Città e del Paese. Quel sentirsi scaltri al punto da riuscire a fregare e a prendere in giro tutti, restando impuniti. Le “società pubbliche” non brillando in attenzione per il cittadino, quel cittadino apatico che paga e invece di ricevere rispetto subisce insolenze. Le “società pubbliche” dimostrano che la nostra “vita civile” non è che un assoluto disinteressarsi dell’altro, un depredare, un beffare, un deridere sistematico e compiaciuto.

Uno stile di vita che mortifica ogni solidarietà e rispetto umano.


lunedì 27 aprile 2020

GENTE FALSA




Non ho nessun rispetto per “questa gente”, perché è falsa e non dice le cose come stanno. Avrei avuto rispetto se fin dal principio avessero ammesso i propri errori e le proprie responsabilità, classificandosi per quello che sono: ladri e incapaci. Avrebbero dovuto dire che le conseguenze che viviamo sono dovute alle scelte che da anni si sono adottate: una politica fondata sullo smantellamento programmatico centralizzato di ogni forma di protezione sociale. Un autentico omicidio dello Stato Sociale. Se togli un posto letto, non hai più un posto letto quando le persone si ammalano. Hanno invece preferito mentire e scaricare sugli altri le loro colpe. Avrebbero dovuto prendere atto che un tipo di collettività così strutturata non ha grandi speranze di vita, è un puro atto suicida. Cambiare strada, dunque, prendere atto della follia di un capitalismo, di una finanza e di un sistema di consumi che favorisce atti di purissima demenza. Ma, purtroppo, questo loro non lo possono fare, perché, contrariamente a ciò che appare, non sono individui sani ma malati psichici da curate, o meglio da allontanare. L’ulteriore tragedia nella tragedia è l’atteggiamento di passività delle Folle, che massacrate nello “spirito” e nella “materia”, non sono in condizioni né di capire, né di difendersi, né di reagire.
Non è questa, tuttavia, un’eccezionalità. In realtà la storia è costellata di problematiche sempre uguali, ma in abiti diversi. L’unica differenza è che questa crisi, appare davvero come l’ultima che l’homo sapiens vivrà.

domenica 12 aprile 2020

CHE FARE?


In questo momento la mia sensazione è che ci sia, anche negli individui che hanno una buona capacità di comprendere, una diffusa sensazione di smarrimento. Ossia, è indubbio che sappiano fare un’analisi della realtà, che sappiano individuare quali sono le cause di questa situazione; il problema, però, appare imbarazzante, quando ci si accorge che le analisi sono sì parzialmente esaustive, ma prive di quella che si potrebbe definire l’idea su come uscire dalla situazione. Mi sembra che non sia la semplicità a contraddistinguere questa fase storica, che non sia per niente facile sbrogliare questo “Nodo Gordiano”, e che non sia neanche certo che affrontando il problema in un modo diverso il risultato sia garantito.
Tuttavia, ci siamo andati a cacciare in questa situazione per tutta una serie di motivi, cui vale la pena solo accennare: individualismo, capitalismo, finanza, profitto, consumismo, delirio d’onnipotenza, disturbi psichiatrici. Non mi sembra d’aver rintracciato, nei brani letti ovunque, un accenno a quello che potrebbe apparire come un’efficace via d’uscita. Il tutto si limita a speranze, illusioni, retoriche sulla bontà e fiducia nella capacità di miglioramento dell’uomo. Ora, premettendo che non ho nessuna Verità da suggerire; che sono quasi del tutto convinto che oramai non si possa fare più nulla; che il treno della Storia sia passato, potrei comunque affermare, senza superbia, che saprei “Che fare?” per tentare di sistemare un meccanismo malconcio.
Uno Stato, una Società non sono organismi semplici. Ogni problema si complica nell’attimo stesso in cui fissi lo sguardo su di esso. Qualsiasi legge deve calarsi su una realtà che la accetta e la assimila. È inutile governare in modo altruista se poi gli individui sono egoisti. Inutile tentare di estirpare la corruzione quando sono tutti corrotti. Inutile essere onesti fra una folla di disonesti. Non c’è altra possibilità, di fronte a questi impedimenti, che tentare di risolverli con mezzi che “Noi” riteniamo adeguati.

In riferimento alla Nostra situazione, primo provvedimento indispensabile è la sospensione della Costituzione, poi, nell’ordine: scioglimento delle assemblee rappresentative; formazione di un Governo composto di personalità di cultura Socialista/Collettivista; cancellazione dei trattati Internazionali; uscita dall’Unione Europea e dalla Nato; cessazione e ritiro delle missioni militari all’Estero. Revisione dei trattati con lo Stato del Vaticano. Revisione dei Codici Penali e Civili. Nazionalizzazione e socializzazione dei mezzi di produzione. Collettivizzazione dell’agricoltura. Confisca delle finanze private speculative. Azzeramento del debito sovrano. Tetto massimo di retribuzione. Tetto massimo di pensione. Cancellazione d’ogni “diritto acquisito”. Rimpatrio dei clandestini. Criminalizzazione del parassitismo sociale, finanziario, industriale, tecnocratico, politico. Ripristino della pena di morte.
Per risolvere l’attuale crisi sanitaria, Covid-19, che è una conseguenza non una fatalità, risultato dello smantellamento della Sanità pubblica e dalla mancata cessazione delle attività produttive non indispensabili, confisca senza indennizzo delle strutture sanitarie private, patrimonio degli stessi  imprenditori, e loro socializzazione. Riconversione delle strutture industriali per una sollecita pianificazione e produzione di apparecchiature sanitarie fondamentali e di generale pubblica utilità.

Sono certo che ai più queste prime proposte appariranno eccessive, che non ci sono le condizioni per svilupparle, che non c’è una classe consapevole che le appoggi, che non c’è un ceto dirigente che le realizzi, che questi aspetti totalitaristici spaventano, e che il “Popolo” non accetterebbe mai un simile status, tanto è corrotto. Non posso che essere d’accordo: le mie sono idee per salvare un corpo morente che desidera vivere, nulla si può fare se il corpo ha deciso di morire. Le condizioni di decadenza sono irreversibili in rapporto ai processi sociali. La “natura umana” non è programmata per vivere in sintonia con la Natura, e con se stessa. La ragione dell’uomo è in condizioni di fantasticare una “utopia”, capace di sognare un mondo in pace e in armonia, capace di codificare il bene e il male, purtroppo questo vale poco, perché sono i suoi “cervelli primitivi” che hanno prevalenza sull’agire. La Ragione umana non è una caratteristica evolutiva superiore, è una caratteristica involutiva inferiore. La Ragione vorrebbe mostrare come si deve vivere, perché ha la superbia di rintracciare nella Natura qualcosa che non funziona. Gli Animali più evoluti di noi, non hanno questo tipo di presunzione, vivono senza domandarsi se la Natura potrebbe essere migliore, semplicemente vivono come sentono che si deve vivere. L’uomo è una povera “bestia” disperata, che crede d’aver compreso la tragedia, il non senso, il dolore e la crudeltà del vivere, e accanto a queste consapevolezze sente dentro di sé anche l’impossibilità ad accettarle. Forse, non è tanto lo sforzarsi a trovare rimedi che non sappiamo poi come attuare che ci salverà dalla disperazione, quanto la certezza che la nostra esperienza di Homo Sapiens si esaurirà in fretta, così da consentire alle specie più evolute di vivere nella massima serenità possibile.

martedì 7 aprile 2020

MAL COMUNE...


Mi vado convincendo, lentamente, che della situazione che stiamo vivendo siamo un po’ tutti responsabili, chi più chi meno. Partendo dalla tesi che una verità sull’accaduto sia impossibile da definire, possiamo tratteggiare solo delle più quiete ipotesi: che sia una situazione già accaduta diverse volte nel corso dei secoli, con analoghe o maggiori conseguenze. Nulla di nuovo. Che sia una disgrazia avvenuta per una sottovalutazione dei pericoli cui “la scienza” si espone. Potrebbe essere un semplice incidente: si è sbadatamente rotta una fiala di vetro. O potrebbe essersi rotta volontariamente una fiala di vetro. Oppure che ci sia un “complotto planetario”, ordito dalle sfere plutocratiche imperanti. Che una Nazione voglia conquistare il Mondo. Che una Classe voglia conquistare il Mondo. Che una “Razza” voglia conquistare il Mondo. Che si stia sfruttando il momento per costruire un qualcosa di sinistro. Oppure che, verosimilmente, chi gestiva il Potere, non si aspettava questa sciagura, e ora tenta di gestire il Potere cercando di fare del suo meglio. Forse ci sono altre decine di ipotesi credibili, ma al senso dell’irresponsabilità d’ognuno penso che ciò sia sufficiente. Perché siamo tutti colpevoli? Semplice! Perché chi governa, ha governato male: no, non male, ha governato in base ai suoi interessi, e gli interessi di chi governava e governa sono diventati gli interessi di tutti; che tutti abbiamo accettato un tipo di sviluppo che ha delle conseguenze, e non abbiamo lottato a sufficienza per uno sviluppo diverso, che avrebbe avuto altre conseguenze. Non si può avere tutto dalla Vita. Se accetti la corruzione del piacere superfluo individuale, sconti le conseguenze di non avere validi servizi collettivi. Se ti “costringono” a cambiare telefonino ogni sei mesi, tu lo accetti. Se ti “costringono” a cambiare auto ogni quattro anni, tu lo accetti. Se prenoti analisi cliniche a un anno di distanza, tu lo accetti. Se i ponti crollano, tu lo accetti. Se rubano, tu lo accetti. Se dicono menzogne, tu le accetti.
Questo è in sintesi il quadro che un individuo mediocre/qualsiasi si è fatto della situazione. In base alle sole scarse informazioni che ha potuto trovare, nascoste fra un delirio di retorica dozzinale, goffe approssimazioni e contraddittorie speranze.
In ultimo, un fattore indubitabile delle colpe collettive, è l’esperienza che hanno dovuto affrontare i vertici della Germania al tempo della riunificazione. A est c’era un certo tipo d’industria, incompatibile con l’industria dell’ovest. In pratica, le fabbriche dell’est costruivano, per esempio, frigoriferi e lavatrici che duravano quindici/venti anni. Elettrodomestici fatti per durare. L’ovest già da qualche tempo usava “chip di fine vita/obsolescenza programmata” che limita la durata di ciò che anche noi oggi compriamo.
Si è scelta una strada, e quella che abbiamo scelto percorriamo.
Non credo che abbiamo neanche troppo diritto a protestare, perché se ci avessero detto di scegliere fra l’uno e l’altro, avremmo sempre scelto l’uno. Come hanno, infatti, a suo tempo fatto.

martedì 24 marzo 2020

ARRESTI DOMICILIARI


Cerco di chiarire meglio qual è il mio pensiero in riferimento alla crisi “coronavir”.
Le ipotesi sono due. La più probabile è che trattasi di comune influenza, e come una comune influenza può avere delle complicazioni. Il mio medico mi ha sempre avvertito che sono le complicazioni polmonari pericolose. Quindi, gli altri stati influenzali, come il coronavir, hanno avuto in passato i medesimi aggravamenti. La famosa “spagnola”, che ha seminato milioni di morti, dava complicazioni polmonari: una polmonite batterica, e la penicillina non c’era. L’unica differenza di questo virus sembra che sia dovuta al fatto che le complicazioni, curabili, sono più concentrate in un ristretto spazio di tempo. Ossia, se l’influenza del 2018 ha ammazzato ottomila persone nell’arco di tot mesi; tanti altri sono stati curati e dimessi. Questa influenza ne avrebbe uccise, con molta probabilità, un numero simile nell’arco di meno mesi, ma tanti sarebbero stati curati e dimessi, con strutture adeguate.
Qual è il problema?
La nostra sanità è stata massacrata dai tagli e dalle ruberie. Tolta di mezzo in nome della privatizzazione e del profitto. Se sono necessarie, diciamo, cento posti in terapia intensiva, noi ne abbiamo solo sessanta, perché quaranta le abbiamo smantellate. A questo punto i signorini al governo, non hanno paura dei morti, non gliene frega nulla dei morti, non gliene frega nulla neanche di quelli che dovranno morire per far vivere altri, o se la gente se ne va senza salutare i suoi cari. Non sarebbero politici se avessero queste umane sensibilità. Il timore è un altro. Succederà che qualcuno sarà costretto a scegliere. Chi salvare? Un padre di famiglia italiano anziano o un marocchino giovane? Un’anziana signora rispettabile o un giovane tossicodipendente?  Un vecchio onesto o un giovane ladro? Uno bello/a o uno/a brutto/a? Una femmina o un maschio? Un ricco o un povero?
Loro sono preoccupati solo per l'incognita sentimenti, che pesano sulla bilancia della vita. Come reagirebbe un ragazzo che vedesse morire la Madre in favore di un giovane immigrato clandestino? E chi la Moglie o la Figlia per un politico?
Non ci sono azioni giuste o sbagliate, ci sono azioni che generano conseguenze. Non si tratta neanche di giustizia e ingiustizia, si temono reazioni che potrebbero scaturire da un cervello “primitivo”, che non tiene in considerazione giustizie codificate dalla società ma giustizie diverse che nascono dal dolore e dall’accecamento d’ogni raziocinio.
Questi signorini, che si credo padroni del Mondo, stanno scaricando sulle spalle d’altri quelle che sono le proprie responsabilità. Ci riusciranno anche questa volta. Però l’illusione/gioia di avercela fatta sarà breve. Altri virus verranno, questo è solo un piccolo avvertimento della Natura.
L’homo sapiens è lui stesso un virus, e Gaia esiste da quattro miliardi e cinquecentomilioni di anni.

Questa è la prima ipotesi, come ho già detto la più probabile. La seconda, meno probabile, ma che gode maggiormente del mio favore, parte da informazioni carpite qui e là, che nessuno nota, ma che contribuiscono a dipingere un quadro diverso. Escludendo, per alcune contraddizioni che appaiono insanabili, il fatto che sia tutta una manovra di questo o quel Paese, studiata a tavolino e sviluppata come “guerra batteriologica”, possiamo ammettere che la pandemia sia reale, tuttavia che non sia poi così tragica, ma che sia, invece, stata resa tragica da alcune fulminee illuminazioni che hanno suggerito, a chi domina il Mondo, che la circostanza poteva essere superbamente sfruttata a proprio favore. Semplice. Vogliono provare se le Masse rispondono in modo corretto a quello che Loro hanno stabilito che sia, impiegando i soliti mezzi che la Storia mette a disposizione: terrore, minacce, falsità, ipocrisia, corruzione, violenza, inganno, oppressione, prepotenza. Sollecitano paure, stimolano sentimenti, risvegliano arcaici istinti di sopravvivenza: un egoismo istintuale che mette tutti contro tutti. Anche questa ipotesi non è poi così complicata, se abbiamo a disposizione la notizia oggettiva che esiste un particolare stato patologico, conseguenza di un’improvvisa mancanza di “nemici da sconfiggere”. La grandezza del progetto che si è realizzato, è direttamente proporzionale alla follia che si è istaurata in alcuni cervelli. Classico è l’esempio di Alessandro Magno. Una volta conquistato tutto il conquistabile, il suo raziocinio è volato via, lasciando solo l’idea di essere un dio.
Ripeto, che sono piccole cose a indicarmi che questo potrebbe essere un quadro credibile. Ovvio che non mi inoltro in disquisizioni di ordine economico o politico, poiché da qualche tempo economia e politica non hanno più nessun senso: i problemi che abbiamo sono soltanto di ordine medico psichiatrico.
Le Masse avrebbero dovuto prendere atto di questa evidente patologia delle classi dominanti, invece preferisce prendere ordini da queste classi dominanti. Come schiavi non consapevoli di esserlo, subiscono in modo passivo e si rinchiudono spontaneamente agli arresti domiciliari, come fossero loro i responsabili. E in fondo, è probabile che davvero lo siano.

mercoledì 12 febbraio 2020

L'INNOCENZA DEL MALE




Il desiderio di riprendere in esame questa memorabile fotografia, che potete osservate in alto, non è dovuto al moto di spontaneo disgusto che in molti hanno provato al primo contatto. Non desidero riaffermare il disagio che mi ha suscitato. Sentivo che c’era un qualcosa di più profondo che avrei dovuto svelare, per fermare quel classico “ruminamento” che solo certe persone conoscono e subiscono. L’immagine mostra tre “razze” diverse di individui: ci sono gli imprenditori, gli artisti, e intorno, una piccola folla di ragazzotti, così come ce ne sono tanti ovunque. Ciò che si può notare con facilità, nel gruppo eterogeneo, è l’atteggiamento rilassato, sorridente, quieto, rilevatore di uno stato d’animo che non denota né preoccupazioni né tantomeno sensi di colpa. Tutti questi signori guardano il fotografo, tuttavia, c’è anche qualcos’altro che è necessario considerare. Certo, è verosimile che loro guardino il fotografo, ma con un piccolo sforzo d’immaginazione potremmo anche credere che stiano guardando proprio Noi, che guardiamo la fotografia.
Loro, a torto o a ragione, sono stati gravati da tutta una serie d’accuse che ben conosciamo. Colpe che si sono limitate, però, al solo gruppo in oggetto. Il sospetto è che queste specifiche accuse o sono prive di fondamento, oppure vanno allargate a una ben più vasta maggioranza. Quindi, questa varia umanità che sono in molti a giudicare, con troppa leggerezza, “arrogante, presuntuosa, ladra, assassina e serva sciocca”, dall’atteggiamento ostentato, sembrano invece rivelare una buona dose di distacco verso simili imputazioni.
È la loro pulizia morale e materiale che gli consente di ridere, con le mani in tasca, davanti alle nostre facce perplesse o amareggiate?
È un classico insulto alla nostra intelligenza e sensibilità il loro atteggiamento?
Dare delle frettolose risposte a delle legittime domande, potrebbe suscitare il sospetto che abbiamo compiuto una brutta giustizia sommaria.
La realtà di certe situazioni spesso si mostra ai nostri occhi più facile di quello che appare, con un conseguente giudizio che potrebbe essere impreciso. È una realtà oggettiva che certi individui non soffrono di paure d’umani o divini tormenti. Questi non appaiono sensibili ai delitti e all’immoralità che ci circonda. Non sembrano neanche persone che si stimano un’aristocrazia che può vivere al di là del bene e del male, oltre le discutibili leggi degli uomini piccini. Sembrano piuttosto convinti che il loro agire sia corretto: la vita esprime le più grandi potenzialità non nella metafisica della vita, quanto piuttosto nella conoscenza della vita.
La compagnia sorridente e serena non sta deridendo una maggioranza che subisce passivamente il male che fa; non sta ridendo in faccia a una massa che crede di rintracciare oltre il suo volto godereccio la consapevolezza del male che fanno.

Se in una popolazione un dieci per cento crede che rubare e ammazzare per il massimo profitto sia giusto, e l’altro novanta per cento crede che non sia giusto, questo ha delle conseguenze. Se invece un novanta per cento crede che rubare e ammazzare per il massimo profitto sia giusto e un dieci per cento no, questo ha altre conseguenze. Nel nostro Paese non si può dire che ci siano ampie maggioranze che credono nella metafisica della Giustizia. Molti non sanno neanche cosa sia la metafisica, e questo non incide sulla realtà delle cose. Quasi tutti pensano semplicemente che la Giustizia sia soltanto una delle tante variabili a discrezione umana. Magari pensano che rubare sia legittimo e fonte d’ammirazione. Magari pensano che “eliminare” persone per trarne il massimo profitto sia una logica conseguenza di un certo tipo di sviluppo. Magari pensano che un certo tipo di mentalità mafiosa non sia prerogativa di una ristretta cerchia di diversi, ma sia invece una diffusa mentalità. Tanto per chiarire il pensiero, potrei citare lo splendido racconto del famoso scrittore di fantascienza H. G. Wells, “Il paese dei ciechi”. In sintesi, in un Paese sulle Ande rimasto isolato da generazioni dal mondo, vivono delle persone che da generazioni sono diventate cieche. Quando giunge inatteso un visitatore che vede benissimo, si crea fra lui e la popolazione un’accesa problematica. Lo scrittore sa con abilità guidare il lettore attraverso i vari temi, che ben si comprendono, quando la disputa avviene fra “ciechi e vedenti”.
Nel nostro Paese non succede mai nulla di sconvolgente al cospetto di clamorose ruberie o ammazzamenti. La maggioranza considera questi eventi come una semplice, logica, accettabile conseguenza: e questi sono i ciechi del racconto di Wells, che non capiscono cosa significhi vedere, che è la condizione del protagonista. Quando si consolida questo processo, ci sono scarse possibilità di cambiamento, perché nessuno vuole cambiare, perché nessuno è “diverso” dal resto. Fatte le debite proporzioni, ognuno nel suo piccolo si sente come le persone che sta guardando nella foto. Non c’è nessuna differenza fra la grande corruzione istruita dal venditore di maglioni e l’ultimo usciere del ministero. Entrambi sapientemente al corrente della facilità con cui ogni individuo può essere corrotto, lasciano che le cose vadano come sempre sono andate, sempre peggio in efficienza, quindi decadimento, quindi clientelismo, quindi quel malaffare che consente all'impiegato del ministero di chiedere denaro per sveltire una pratica o all’imprenditore di ricevere un appalto.

Forse non molti hanno fatto caso a dei piccoli particolari che fanno intuire che le cose procedono sempre in un certo modo. Quando al politico, o all’imprenditore, o al tirapiedi/lacchè di turno è contestato un reato, intervistato dal giornalista, risponde sempre con la solita frase: “Io sono tranquillo!” Perché dicono tutti la stessa cosa? Perché sono sempre rilassati e sereni? Perché ridono. Tranquilli? Si beffano del giornalista? O si beffano di noi? Non si beffano né dell’uno né degli altri: semplicemente “sanno bene” che mai nessun politico o imprenditore o finanziere andrà in galera, per aver rubato o ammazzato. Altro piccolo particolare è la recente e ciclica notizia della solita “operazione di polizia contro una mafia regionale. Nel narrare il giornalista ha annunciato l’arresto di molteplici membri di una “nota Famiglia mafiosa”. Nell’informare la popolazione, ha citato anche altre cinque o sei famiglie, guarda caso libere, rivali della famiglia sgominata. Perché, conoscendo tutte le Famiglie che operano sul territorio, si è badato a eliminarne una sola? È possibile ipotizzare che non era nel loro interesse eliminare l’intera organizzazione, ma solo quella legata a una “organizzazione” perdente?

Non ho la sensazione che ci sia la diffusa volontà di combattere “il male” in quanto tale. Quanto piuttosto che si combatta solo una parte del male, quello che può far male a me. Li chiamano “comitati d’affari”, ma non lo sono, sono bande, gruppi, famiglie criminali che o si spartiscono il bottino, o se ne danno di santa ragione per non dividersi il bottino. Sono nient’altro che gli antichi ordini feudali rivestite di abiti moderni: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, dice Fabrizio, il Principe di Salina nel “Gattopardo”. Siamo un Paese capitalista senza capitalisti.  Nel nostro Paese non c’è mai stato nessun “capitalismo” in senso stretto del termine, ma semplici feudatari decadenti, parassiti sociali che fanno con metodo ricorso a continue ruberie ai danni delle casse dello Stato. Il più osannato, il più grande di tutti, omosessuale e cocainomane, depredava sistematicamente le risorse pubbliche e spartiva utili con i suoi vassalli, sudditi e servi. Da allora nulla è cambiato. Banche e istituti finanziari derubare da una parte e fanno dono dall’altra.
Qualcuno dirà: “Ma se così è, se è così come dici, per quale motivo questo Paese marcio non crolla sotto le sue malefatte?” Semplice. Non succede nulla per il semplice motivo che le persone nella foto non agiscono in modo isolato, ma secondo un ben organizzato modello di corruzione e complicità. Loro sanno bene che nessuno potrà mai contestargli nulla. Sono legati a doppio filo a organi statali, politici, istituzionali e sottoboschi parlamentari: se saltano loro, salta l’intero sistema. Ma il sistema non salterà mai, sono tutti lì a difenderlo, o meglio, ignorando o ridicolizzando la metafisica del male: chi ammazza quarantatre persone o chi chiede mazzette per accelerare una pratica, in un “Paese di ciechi” è pienamente innocente. L’innocenza del male. Innocente è anche quel Partito a cui è stata contestata una clamorosa ruberia a proposito del “finanziamento pubblico dei partiti”. A esso è stata concessa una comoda dilazione. Un provvidenziale compromesso. Il “famoso partito” restituisce, o fa finta di restituire, ciò che ha rubato, così il “famoso partito” tace e non denuncia “tutti i partiti” che hanno rubato mediante il “finanziamento pubblico dei partiti”. A nessuno conviene far saltare il tappo di questo Paese, quindi tutto si può accomodare.

Non so se giunto a questo punto, qualcuno mi accuserà, o m’informerà, che le cose che penso è scrivo potrebbero essere supposizioni, fantasie, sciocchezze. È vero. Come si può giudicare un’analisi vera o falsa?
Qui si aprirebbe il complicato “problema delle fonti”: e non mi pare il caso di infierire.
Quando un individuo di media cultura e intelligenza arriva alla determinazione che nel suo modo di vedere il Mondo e le Cose del Mondo c’è bisogno di un approfondimento, poiché i tanti aspetti che ha sempre dato per scontati sono stati d’improvviso stravolti, l’individuo pensante si trova di fronte all’impellente desiderio di leggere e riflettere di più, quindi aumentare le ore che dedica allo studio. Le problematiche che sorgono davanti alla non invidiabile posizione, non risultato subito così complesse da scoraggiare. Il desiderio di sapere è così forte che non ci si accorge neanche che ci si è inoltrati in un vicolo cieco: e questo è un male.
Nell’esaminare una questione può apparire evidente che ciò che stiamo leggendo è una verità assoluta, oppure, all’opposto, pensiamo che sia solo un’interpretazione di chi ha approfondito il tema. Ci può apparire scontato che un pensiero sia in sintonia con quello che pensiamo, oppure c’è la possibilità che appaia la sensazione che il nostro pensiero sia frutto di un processo che ci ha visto sempre “discepoli”. L’idea che forse la nostra opinione non sia la nostra opinione, ma un’opinione altrui che abbiamo sempre considerato vera, non è poi così impossibile da credere.
Non c’è nessun sistema che possa affermare che il proprio modo di osservare sia la verità. Tutto può essere vero e tutto può essere falso. Siamo noi, Uomini, la misura di tutto.

Certi filosofi hanno affermato che “l’infinito” esiste, altri che non esiste. Semplice spiegare quale dramma sfocia da queste affermazioni che non hanno modo di essere provate: se esistesse, andando all’infinito nel grande e nel piccolo non ci sarebbe mai fine nell’uno e nell’altro; se non esistesse, potremmo qualificare il grande e il piccolo. Un limite oggettivo che annulla qualsiasi altro aspetto speculativo. Ben conoscendo questo margine, grandi personalità hanno consigliato un qualcosa che ponesse fine a tale inutile tormento. Una necessaria necessità. Se non riesco ad afferrare la verità, o non esiste la verità, allora sono costretto a inventarla. Basta una qualsiasi a frenare il caos, il logoramento mentale e la disperazione: ebraismo, cristianesimo, musulmanesimo, marxismo, liberalismo, l’importante è mettere il cervello a riposo.
Tranquillo. Sereno. Fiducioso.
La collettiva narcosi di un animale inadeguato che non sa trovare nella pura Realtà della Vita un motivo valido per viverla.




mercoledì 29 gennaio 2020

TENACI FRAMMENTI



In riferimento alle ultime elezioni regionali, angosciato dalle mie contraddizioni, ho sperato fino all’ultimo istante che le analisi e le previsioni da me organizzate settimane fa, si fossero poi dimostrate del tutto sbagliate. Questi conflitti, non rari, consistono proprio nell’illudersi che le ipotesi formulate non avessero ragione d’esistere, poiché le osservazioni delle miserie sociali, politiche, economiche e morali, così come si presentano ai miei occhi, non corrispondevano alla realtà. Dall’altra parte, invece, un ego agonizzante, avrebbe ricavato una salutare boccata d’ossigeno dalla constatazione oggettiva che ogni cosa prevista si era poi perfettamente concretata. Alla prova dei fatti, comunque, davanti a una così rilevante evidenza, ancora non sono riuscito a metabolizzazione quello che è successo: e se da un lato si è felici di riuscire a fare analisi corrette, di mostrarsi consapevoli di come va la Vita, dall’altra c’è la sofferenza per aver di nuovo verificato che le illusioni, sebbene l’esperienza e la ragione le abbiano ben individuate e separate dal vero, è evidente che dei tenaci frammenti tuttora albergano in qualche angolo nascosto dell’animo.
Non ho nessun interesse per questo o quel candidato. Non ho nessun interesse per questo o quel partito o movimento. Non ho nessun interesse per le elezioni o per il sistema parlamentare rappresentativo. Non stimo i politici e non apprezzo la “democrazia”. Il mio pensiero è un puro riferimento alla dimostrata capacità di controllo delle folle da parte del Potere. Ho sperato che le dimostrazioni d’efficienza fornite dall’intero panorama sociale fossero dei falsi realizzati male, magari soltanto ambizioni, aspirazioni, semplici desideri che un Potere forte dei mezzi di comunicazione di massa, dei sistemi mass-mediatici, tentava di propinare a una massa di individui più o meno pensanti, coscienti e informati. Invece, ogni invenzione, ogni menzogna e ogni doppiezza sono state ritenute attendibili e veritiere. Quella falsa realtà che credevo essermi costruito da solo, quindi, è davvero la realtà che stiamo sconsolatamente vivendo.
La capacità di corruzione e di controllo è giunta ormai a livelli tali che l’accecamento d’ogni facoltà intellettiva, di conoscenza di sé, di capacità di scelta, di accertamento delle fonti, la soppressione del “libero arbitrio”, che s’immagina presente solo nei libri e nei film, è realtà consolidata ed efficiente. L’intero apparato di condizionamento, mirabilmente orchestrato da menti degne di stima, ha portato a una completa dipendenza, a una sorprendente capacità di muovere intere “pluralità”, spostandole a proprio piacimento dall’una all’altra esigenza del Potere. L’eccezionalità di questa condizione è che nessuno avverte più neanche il bisogno, l’esigenza di informarsi sui motivi reali che lo spingono ad agire. Non c’è una riflessione analitica delle varie circostanze, delle problematiche che una preferenza può causare, questi elementi non sono ritenuti importanti: come fosse un’autentica libera scelta, vanno, dove gli si ordina di andare. Si adoperano migliaia di ragazzini con un semplice appello alla difesa di un Mondo in crisi di riscaldamento globale. Si muovono migliaia di ragazzi per fermare l’ascesa elettorale dell’audace politico di turno. Si destinano fantasiose risorse economiche a chi è disposto a credere che delle semplici elemosine elettorali siano “giustizia sociale”. Eppure, non è questa dimostrazione di potenza che nella specifica situazione mi è apparsa spaventosa; capacità conosciuta che in fondo nasce, si concretizza ed evolve da un semplice condizionamento di tipo “economico”: la capacità di indirizzare consumi su prodotti specifici. Sorprendente è la capacità che il Potere ha dimostrato di saper dominare così in profondità le menti e i pensieri e i desideri, da riuscire a trasformare ogni falsità in verità. Se mi serve in un dato momento un Movimento per frenare una tendenza, o annientare un “comune sentire”, ecco bello e pronto il Movimento. Servono ventimila individui in Piazza, ecco i ventimila qui e là festanti. Servono voti, basta rifornirsi sul mercato libero. È necessario spostare politici dall’uno all’altra fazione, basta inventare dei conflitti con la propria coscienza.  Ossia, per Loro non è più sufficiente che tu acquisti quello che Loro ti dicono di acquistare, che vivi come Loro hanno deciso che tu viva, che tu dimostri in piazza quello che Loro ti dicono di dimostrare, che tu voti quello che Loro ti dicono di votare, Loro vogliono che tu pensi e desideri quello che Loro t’impongono di pensare e desiderare. Questa oggi è una Loro verità e tu oggi devi crederla vera. Domani ci sarà un’altra verità e tu domani devi credere che quella di ieri non lo sia stata. Menzogne nella Storia. Menzogne nella Politica. Menzogne nella cultura. Quei pochi disgraziati che consapevoli della situazione credono dignitoso denunciare con i pochi mezzi a disposizione ciò che avviene, trovano un nutrito fuoco di sbarramento nei tanti lacchè del Potere, che usano la tecnica del “rovesciamento dell’accusa”. Non sono Loro i criminali che stanno distruggendo noi stessi e il mondo. Non sono Loro che impongono Verità Assolute per Legge. Sei tu che in modo criminale tenti di interrompere ciò che Loro hanno deciso giusto che sia.
C’è da dire che questo programma concepito e realizzato da una ristretta, tenace, avida cerchia di eletti, unti dal Signore, aristocrazie finanziarie, elite di Popoli Eletti, ha trovato ottimo humus in una “specie animale” talmente imperfetta, da riuscire a pensare, senza comprendere, che un suicidio collettivo sia preferibile a una condizione di saggio riguardo nei confronti del sapere, e di ciò che la Natura ci ha dato in provvisoria concessione. Una Natura che appare ora assai seccata dall’arroganza, dalla presunzione e dall’imbecillità di questo nocivo virus chiamato “homo sapiens”.
Un “virus”, che un virus presto spazzerà via dalla faccia della Terra.
Per sempre!