Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

mercoledì 12 febbraio 2020

L'INNOCENZA DEL MALE




Il desiderio di riprendere in esame questa memorabile fotografia, che potete osservate in alto, non è dovuto al moto di spontaneo disgusto che in molti hanno provato al primo contatto. Non desidero riaffermare il disagio che mi ha suscitato. Sentivo che c’era un qualcosa di più profondo che avrei dovuto svelare, per fermare quel classico “ruminamento” che solo certe persone conoscono e subiscono. L’immagine mostra tre “razze” diverse di individui: ci sono gli imprenditori, gli artisti, e intorno, una piccola folla di ragazzotti, così come ce ne sono tanti ovunque. Ciò che si può notare con facilità, nel gruppo eterogeneo, è l’atteggiamento rilassato, sorridente, quieto, rilevatore di uno stato d’animo che non denota né preoccupazioni né tantomeno sensi di colpa. Tutti questi signori guardano il fotografo, tuttavia, c’è anche qualcos’altro che è necessario considerare. Certo, è verosimile che loro guardino il fotografo, ma con un piccolo sforzo d’immaginazione potremmo anche credere che stiano guardando proprio Noi, che guardiamo la fotografia.
Loro, a torto o a ragione, sono stati gravati da tutta una serie d’accuse che ben conosciamo. Colpe che si sono limitate, però, al solo gruppo in oggetto. Il sospetto è che queste specifiche accuse o sono prive di fondamento, oppure vanno allargate a una ben più vasta maggioranza. Quindi, questa varia umanità che sono in molti a giudicare, con troppa leggerezza, “arrogante, presuntuosa, ladra, assassina e serva sciocca”, dall’atteggiamento ostentato, sembrano invece rivelare una buona dose di distacco verso simili imputazioni.
È la loro pulizia morale e materiale che gli consente di ridere, con le mani in tasca, davanti alle nostre facce perplesse o amareggiate?
È un classico insulto alla nostra intelligenza e sensibilità il loro atteggiamento?
Dare delle frettolose risposte a delle legittime domande, potrebbe suscitare il sospetto che abbiamo compiuto una brutta giustizia sommaria.
La realtà di certe situazioni spesso si mostra ai nostri occhi più facile di quello che appare, con un conseguente giudizio che potrebbe essere impreciso. È una realtà oggettiva che certi individui non soffrono di paure d’umani o divini tormenti. Questi non appaiono sensibili ai delitti e all’immoralità che ci circonda. Non sembrano neanche persone che si stimano un’aristocrazia che può vivere al di là del bene e del male, oltre le discutibili leggi degli uomini piccini. Sembrano piuttosto convinti che il loro agire sia corretto: la vita esprime le più grandi potenzialità non nella metafisica della vita, quanto piuttosto nella conoscenza della vita.
La compagnia sorridente e serena non sta deridendo una maggioranza che subisce passivamente il male che fa; non sta ridendo in faccia a una massa che crede di rintracciare oltre il suo volto godereccio la consapevolezza del male che fanno.

Se in una popolazione un dieci per cento crede che rubare e ammazzare per il massimo profitto sia giusto, e l’altro novanta per cento crede che non sia giusto, questo ha delle conseguenze. Se invece un novanta per cento crede che rubare e ammazzare per il massimo profitto sia giusto e un dieci per cento no, questo ha altre conseguenze. Nel nostro Paese non si può dire che ci siano ampie maggioranze che credono nella metafisica della Giustizia. Molti non sanno neanche cosa sia la metafisica, e questo non incide sulla realtà delle cose. Quasi tutti pensano semplicemente che la Giustizia sia soltanto una delle tante variabili a discrezione umana. Magari pensano che rubare sia legittimo e fonte d’ammirazione. Magari pensano che “eliminare” persone per trarne il massimo profitto sia una logica conseguenza di un certo tipo di sviluppo. Magari pensano che un certo tipo di mentalità mafiosa non sia prerogativa di una ristretta cerchia di diversi, ma sia invece una diffusa mentalità. Tanto per chiarire il pensiero, potrei citare lo splendido racconto del famoso scrittore di fantascienza H. G. Wells, “Il paese dei ciechi”. In sintesi, in un Paese sulle Ande rimasto isolato da generazioni dal mondo, vivono delle persone che da generazioni sono diventate cieche. Quando giunge inatteso un visitatore che vede benissimo, si crea fra lui e la popolazione un’accesa problematica. Lo scrittore sa con abilità guidare il lettore attraverso i vari temi, che ben si comprendono, quando la disputa avviene fra “ciechi e vedenti”.
Nel nostro Paese non succede mai nulla di sconvolgente al cospetto di clamorose ruberie o ammazzamenti. La maggioranza considera questi eventi come una semplice, logica, accettabile conseguenza: e questi sono i ciechi del racconto di Wells, che non capiscono cosa significhi vedere, che è la condizione del protagonista. Quando si consolida questo processo, ci sono scarse possibilità di cambiamento, perché nessuno vuole cambiare, perché nessuno è “diverso” dal resto. Fatte le debite proporzioni, ognuno nel suo piccolo si sente come le persone che sta guardando nella foto. Non c’è nessuna differenza fra la grande corruzione istruita dal venditore di maglioni e l’ultimo usciere del ministero. Entrambi sapientemente al corrente della facilità con cui ogni individuo può essere corrotto, lasciano che le cose vadano come sempre sono andate, sempre peggio in efficienza, quindi decadimento, quindi clientelismo, quindi quel malaffare che consente all'impiegato del ministero di chiedere denaro per sveltire una pratica o all’imprenditore di ricevere un appalto.

Forse non molti hanno fatto caso a dei piccoli particolari che fanno intuire che le cose procedono sempre in un certo modo. Quando al politico, o all’imprenditore, o al tirapiedi/lacchè di turno è contestato un reato, intervistato dal giornalista, risponde sempre con la solita frase: “Io sono tranquillo!” Perché dicono tutti la stessa cosa? Perché sono sempre rilassati e sereni? Perché ridono. Tranquilli? Si beffano del giornalista? O si beffano di noi? Non si beffano né dell’uno né degli altri: semplicemente “sanno bene” che mai nessun politico o imprenditore o finanziere andrà in galera, per aver rubato o ammazzato. Altro piccolo particolare è la recente e ciclica notizia della solita “operazione di polizia contro una mafia regionale. Nel narrare il giornalista ha annunciato l’arresto di molteplici membri di una “nota Famiglia mafiosa”. Nell’informare la popolazione, ha citato anche altre cinque o sei famiglie, guarda caso libere, rivali della famiglia sgominata. Perché, conoscendo tutte le Famiglie che operano sul territorio, si è badato a eliminarne una sola? È possibile ipotizzare che non era nel loro interesse eliminare l’intera organizzazione, ma solo quella legata a una “organizzazione” perdente?

Non ho la sensazione che ci sia la diffusa volontà di combattere “il male” in quanto tale. Quanto piuttosto che si combatta solo una parte del male, quello che può far male a me. Li chiamano “comitati d’affari”, ma non lo sono, sono bande, gruppi, famiglie criminali che o si spartiscono il bottino, o se ne danno di santa ragione per non dividersi il bottino. Sono nient’altro che gli antichi ordini feudali rivestite di abiti moderni: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, dice Fabrizio, il Principe di Salina nel “Gattopardo”. Siamo un Paese capitalista senza capitalisti.  Nel nostro Paese non c’è mai stato nessun “capitalismo” in senso stretto del termine, ma semplici feudatari decadenti, parassiti sociali che fanno con metodo ricorso a continue ruberie ai danni delle casse dello Stato. Il più osannato, il più grande di tutti, omosessuale e cocainomane, depredava sistematicamente le risorse pubbliche e spartiva utili con i suoi vassalli, sudditi e servi. Da allora nulla è cambiato. Banche e istituti finanziari derubare da una parte e fanno dono dall’altra.
Qualcuno dirà: “Ma se così è, se è così come dici, per quale motivo questo Paese marcio non crolla sotto le sue malefatte?” Semplice. Non succede nulla per il semplice motivo che le persone nella foto non agiscono in modo isolato, ma secondo un ben organizzato modello di corruzione e complicità. Loro sanno bene che nessuno potrà mai contestargli nulla. Sono legati a doppio filo a organi statali, politici, istituzionali e sottoboschi parlamentari: se saltano loro, salta l’intero sistema. Ma il sistema non salterà mai, sono tutti lì a difenderlo, o meglio, ignorando o ridicolizzando la metafisica del male: chi ammazza quarantatre persone o chi chiede mazzette per accelerare una pratica, in un “Paese di ciechi” è pienamente innocente. L’innocenza del male. Innocente è anche quel Partito a cui è stata contestata una clamorosa ruberia a proposito del “finanziamento pubblico dei partiti”. A esso è stata concessa una comoda dilazione. Un provvidenziale compromesso. Il “famoso partito” restituisce, o fa finta di restituire, ciò che ha rubato, così il “famoso partito” tace e non denuncia “tutti i partiti” che hanno rubato mediante il “finanziamento pubblico dei partiti”. A nessuno conviene far saltare il tappo di questo Paese, quindi tutto si può accomodare.

Non so se giunto a questo punto, qualcuno mi accuserà, o m’informerà, che le cose che penso è scrivo potrebbero essere supposizioni, fantasie, sciocchezze. È vero. Come si può giudicare un’analisi vera o falsa?
Qui si aprirebbe il complicato “problema delle fonti”: e non mi pare il caso di infierire.
Quando un individuo di media cultura e intelligenza arriva alla determinazione che nel suo modo di vedere il Mondo e le Cose del Mondo c’è bisogno di un approfondimento, poiché i tanti aspetti che ha sempre dato per scontati sono stati d’improvviso stravolti, l’individuo pensante si trova di fronte all’impellente desiderio di leggere e riflettere di più, quindi aumentare le ore che dedica allo studio. Le problematiche che sorgono davanti alla non invidiabile posizione, non risultato subito così complesse da scoraggiare. Il desiderio di sapere è così forte che non ci si accorge neanche che ci si è inoltrati in un vicolo cieco: e questo è un male.
Nell’esaminare una questione può apparire evidente che ciò che stiamo leggendo è una verità assoluta, oppure, all’opposto, pensiamo che sia solo un’interpretazione di chi ha approfondito il tema. Ci può apparire scontato che un pensiero sia in sintonia con quello che pensiamo, oppure c’è la possibilità che appaia la sensazione che il nostro pensiero sia frutto di un processo che ci ha visto sempre “discepoli”. L’idea che forse la nostra opinione non sia la nostra opinione, ma un’opinione altrui che abbiamo sempre considerato vera, non è poi così impossibile da credere.
Non c’è nessun sistema che possa affermare che il proprio modo di osservare sia la verità. Tutto può essere vero e tutto può essere falso. Siamo noi, Uomini, la misura di tutto.

Certi filosofi hanno affermato che “l’infinito” esiste, altri che non esiste. Semplice spiegare quale dramma sfocia da queste affermazioni che non hanno modo di essere provate: se esistesse, andando all’infinito nel grande e nel piccolo non ci sarebbe mai fine nell’uno e nell’altro; se non esistesse, potremmo qualificare il grande e il piccolo. Un limite oggettivo che annulla qualsiasi altro aspetto speculativo. Ben conoscendo questo margine, grandi personalità hanno consigliato un qualcosa che ponesse fine a tale inutile tormento. Una necessaria necessità. Se non riesco ad afferrare la verità, o non esiste la verità, allora sono costretto a inventarla. Basta una qualsiasi a frenare il caos, il logoramento mentale e la disperazione: ebraismo, cristianesimo, musulmanesimo, marxismo, liberalismo, l’importante è mettere il cervello a riposo.
Tranquillo. Sereno. Fiducioso.
La collettiva narcosi di un animale inadeguato che non sa trovare nella pura Realtà della Vita un motivo valido per viverla.