Per divulgare questa esperienza, era necessario che il
Grande Scrittore, oramai persona anziana ma lucida e produttiva, esaurisse i
suoi giorni su questa Terra. Era necessario perché le opinioni e le scelte di
un individuo pensante possono cambiare nel corso della vita, anche tanto da
disapprovare decisioni prese in passato, magari di fretta, incalzato da
necessità contingenti o attese troppo ottimistiche.
Prendere atto, ammettere un errore è conferma di un’indubbia
nobiltà d’animo.
Ma questo evento non si è verificato. Quindi, le scelte
fatte, con l’avvenuta dipartita, si possono considerare del tutto confermate.
Devo dire che il buon Camilleri non era certo il solo bravo intellettuale
ambiguo e contraddittorio che ho incontrato nel corso del mio ruolo. Ci
mancherebbe. Faccio da tanti anni questo lavoro e ho conosciuto di tutto.
Un’incredibile varietà di individui. So fare bene il mio mestiere. Ho sempre
cercato una prassi che fosse adeguata al soggetto che avrei dovuto mettere alla
prova. L’avvio del lavoro deve sempre iniziare con un accurato studio del
soggetto a qui proporre un intervento qualificato. Questa regola dovrebbe valere
per qualsiasi iniziativa che abbia bisogno di esperti e consulenti. Il
panorama, per quanto riguarda gli scrittori, non è mai stato a corto di
professionisti e dilettanti da avvicinare. Oggi non c’è che l’imbarazzo della
scelta. Ovunque giri lo sguardo vedo folle di narratori, romanzieri, prosatori,
saggisti, novellisti e poeti che si credono tali, e magari non escludo che lo
siano. Tutti dotati di una tale ambizione, da renderli inconsapevoli del loro
valore e del valore dei contenuti che elaborano. Dunque, non ho troppa
difficoltà a organizzare un lavoro che ha dato di solito i frutti sperati. Dico
frutti sperati poiché le mie studiate, elaborate lusinghe fanno si che il
soggetto avvicinato ceda in fretta. A essere onesto qualche volta non c’è
neanche bisogno del mio intervento: la paranoica necessità che le persone hanno
di esporsi, di essere considerati e riconosciuti, oggi è talmente forte che
fanno omaggio di sé senza condizioni, una resa totale, spoglia del benché
minimo accenno d’amor proprio. Però, non voglio parlarvi dell’estrema facilità
con cui vinco alcuni incontri, ma le difficoltà in cui mi sono imbattuto
nell’affrontare confronti che mi apparivano difficili, e con scarsissime
speranze di vittoria.
Per rendere più comprensibile l’esperienza, inizierei col
dire, ma lo riterrei anche superfluo a questo punto, che mi muovo all’interno
del nostro sistema editoriale. Che non ha caratteristiche particolari, e non è
distinguibile dai sistemi operanti negli altri Paesi: le dinamiche e le
problematiche che incontro nel quotidiano sono simili. Le politiche di queste vaste
realtà sociali hanno subìto delle profonde modifiche. Le Case Editrici hanno
avuto la capacità di adeguarsi in modo mirabile alle varie necessità che si
sono manifestate nel corso del tempo. Certo, l’editoria in passato ha assolto a
delle esigenze generali che l’hanno fatta considerare come un’entità positiva
all’interno delle società. Poi, però, con il progressivo decadere del senso
della “comunità” e il progressivo crescere del valore “dell’individuo”, l’evoluzione
dall’artigianale all’industriale, la consapevolezza del ruolo necessario al
condizionamento delle Masse, e non ultimo il profitto che sarebbe potuto
scaturire da una conveniente gestione dei mezzi, ecco che il mio lavoro ha
acquisito quella graduale importanza a cui oggi siamo abituati.
Come ho detto, oggi sono in tanti a scrivere, troppi, e
sebbene non sia più necessaria questa improba fatica, c’è sempre bisogno di portare
certi “testardi temperamenti artistici” all’interno dell’unica “filosofia”
possibile. Ci sono sempre delle teste matte che rischierebbero di rendere altri
individui consapevoli del loro valore e della loro forza. Questo non è
possibile, né tollerabile. Il controllo totale di tutto ciò che è scritto e
pubblicato deve essere totale.
Non è necessario dilungarsi sul passato, su ciò che è stato,
non è questa la sede e non è questa la mia intenzione; come ho accennato, ho
avvertito solo il bisogno di divulgare la mia esperienza con un grande della
narrativa, per diffondere un messaggio più veritiero di ciò che accade nel
quotidiano, all’oscuro di tutti, al di là della necessaria menzogna a uso e
consumo della Folla.
Le persone non lo sanno, non desiderano saperlo, e non lo
sapranno mai, ma la maggioranza di ciò che si pubblica, soprattutto nella
narrativa, non è scritta più da scrittori in carne e ossa. Sono dei raffinati programmi
a elaborare e comporre qualsiasi cosa gli sia richiesta. Non c’è più nessun
bisogno della romantica figura dello scrittore chino sulle carte a scrivere
pagine e pagine scaturite dalla propria immaginazione. Sono anni che si elabora
un testo, si inventa un nome di fantasia, si stampano volumi, tutti uguali, e
si gettano in pasto a un pubblico avido di scempiaggini. Questa pianificazione
centralizzata, ovviamente, ha uno scopo preciso, che non sarà difficile svelare
in seguito. Ora, questo perfetto quadro, in realtà perfetto non è. Fra teoria e
pratica c’è sempre uno iato, un qualche fattore di disturbo che rischia di far
saltare la precisa dinamica. Queste seccature sono di natura diversa. La più
pericola, è lo scrittore, o presunto tale, che non vuole piegarsi a quelle che
sono le categoriche direttive dettate dagli editori. Questi soggetti, spesso armati
del solo amor proprio, o della sola stima, oppure delle sole Idee, sono voci troppo
libere e dissonanti per essere ignorare. Alla prova dei fatti queste povere
Creature non sono poi così nocive, spesso sono solo degli intellettuali
emarginati e soli, ma sono pur sempre “menti pensati, menti libere”, e questa
emancipazione dal Potere non è ammissibile, e deve essere riportata sempre
nell'alveo dell’omologazione. È qui che il mio lavoro acquista valore, trova il
suo senso: avvicinare l’individuo e sterilizzarlo delle sue caratteristiche
umane inconciliabili con il livellamento culturale.
Quando si è deciso di procedere con il programma elaborato
espressamente per Lui, ho mostrato subito delle perplessità. Ho espresso dei
dubbi. Era un personaggio che appariva granitico nelle sue convinzioni e nella
sua etica, umana, politica e professionale. Credevo quasi impossibile scorgere una
crepa dove collocare il grimaldello. Sebbene sia convinto della mia capacità,
della mia professionalità, ero certo che non mi avrebbe mai dato ascolto. Supponevo
che già dal primo incontro mi avrebbe riso in faccia, apostrofato benignamente
con la sua voce rauca, magari soffiandomi sul viso una boccata di fumo e poi
allontanato con garbo e ironia.
Succede spesso che si approssimino alle Case Editrici “buona
gente” disposta a scrivere qualsiasi cosa, pur di vedere il proprio nome e
cognome stampato su una copertina; ci sono poi quelli che scrivono qualcosa di
personale, di autenticamente loro, ma si convincono presto che sia meglio
seguire le indicazioni di chi certo ne sa di più; ci sono quelli che tentennano
un po’ davanti alla proposta di rinunciare al “sé”; ci sono quelli che
preferiscono non piegarsi davanti a ciò che interpretano come un ricatto. I
nostri più temuti, però, sono quelli che negano di essere degli scrittori,
sapendo benissimo di esserlo, e stimandosi fra i migliori. Questi per Noi sono i
peggiori. Sono delle scomode, imbarazzanti anomalie difficili da controllare. I
primi che ho nominato considerandosi ancora “scrittori”, legittimano un mondo cui
sentono in qualche modo di appartenere. Gli ultimi, rinnegando quel mondo,
comportandosi come se non esistesse, o non fosse tale, rinunciando alla loro qualifica
sociale di “scrittori” delegittimano l’intera editoria.
Se questo non vi appare rilevante, è bene che accenni alla
sua gravità. Se una maggioranza accetta una norma di vita, non è detto che
questa norma debba appartenere necessariamente anche a una minoranza, o
addirittura a un’individualità. Se si accetta di dire che siamo tutti scrittori,
più buoni o meno buoni, ci consideriamo comunque integrati nel sistema, affermiamo
che esiste e ne accettiamo onori e oneri. Se invece si sostiene che: “Se voi
siete scrittori, io non lo sono, se voi non lo siete io lo sono”, si rifiuta
l’intera organizzazione. Si cancellano metodi e finalità.
È un imputato che accusa e non riconosce l’autorità dei Giudici:
“Voi non siete in grado di giudicare quello che io scrivo, perché non avete la
minima idea di cosa sia lo scrivere. Siete un’altra cosa. Bottegai di miserie,
non Editori.”
Come ripeto, alla prova dei fatti non è che questo elemento
sia poi così tragico. Non lo sarebbe affatto, se solo tale prova di dignità
fosse considerata in modo sano da menti invece malate, ossessionate, morbose di
fronte a ogni dissonanza. Menti ambiziose di spegnere ogni cervello pensante.
Concludendo questa breve dissertazione, di Camilleri
scrittore posso dire in piena onestà che si è comportato nel migliore dei modi,
almeno fino a un certo punto della sua vita. Un intellettuale con sani principi
politici, mai rinnegati, tanto pieno di sé e delle migliori virtù. Per Noi era
essenziale che un personaggio della sua levatura fosse “normalizzato”, perché è
essenziale per Noi diffondere il messaggio che non esistono figure pure, non esistono
voci così integre da poter condannare il nostro agire. Camilleri, restando se
stesso, avrebbe potuto indurre a inopportuni tentativi d’imitazione. Sarebbe
potuto restare un “mito” da emulare. Avrebbe potuto diffondere l’idea che restare
fedeli a se stessi è la scelta vincente, sebbene dura da sostenere. Onestamente
devo dire che non era sensibile ad argomenti come il denaro, o ad altri piaceri
sensuali della vita, e questo gli fa onore. Trascurando un elemento creduto
trascurabile, stavo per chiudere il fascicolo, quando in un colloquio, uno dei tanti,
mi è parso di individuare una possibilità. L’ultima. Un vero colpo di fortuna. Fra
gli scrittori che ancora scrivono opere personali, la maggior parte sono
disponibili a modificare, adattare, uniformare ciò che scrivono. Quei pochi che
non sono inclini a tale compromesso, restano esclusi, nell’ombra. Il Maestro,
però, non potevo classificarlo né nel primo caso, né nel secondo caso, bensì,
era un personaggio d’altri tempi, vissuto nell’illusione che si possa
persuadere, affascinare, trascinare un ipotetico “lettore” da una lettura vacua
a una lettura profonda. Un ottimista sulle reali possibilità degli individui di
crescere e capire. È questa una vecchia idea che ha affascinato molti. È di
difficile caratterizzazione psicologica: potrebbe essere dettata da un’onesta
convinzione, potrebbe essere suggerita da una legittima ambizione, oppure da
una vanità mascherata. Qualunque cosa fosse, avevo finalmente in mano una carta
da giocare. Mi sarei aspettato un lungo e laborioso lavoro di persuasione, invece,
dopo aver intravisto la sua debolezza, compresa la sua contraddizione, capita
la sua innocenza, l’ho convinto presto ad acconsentire al nostro gioco, gioco a
cui Lui si è prestato: convinto che quella intrapresa fosse una strada
percorribile, convinto che firmare decine e decine di librettini scaturiti dal
ventre fertile di una macchina arida di sentimenti avrebbe concretato la sua chimera.
Dopo aver violato questa stanza segreta, tutto mi è stato più agevole. Ancora
una volta avevo vinto la mia battaglia di piegare ogni aspetto della Realtà al
Progetto. Lui convinto di far bene, Noi soddisfatti di aver omologato una
persona dal curriculum e dalla cultura ragguardevoli.
Da quel momento, ci sono state tante persone che hanno
apprezzato leggere quello che Noi gli abbiamo indicato di leggere; altre che
hanno letto solo perché in copertina c’era la sua firma; altre che non hanno
apprezzato, ma se ne sono guardate bene dal dichiararlo, preoccupate di vedersi
emarginare dal loro ambiente.
Bene! Ho avvertito la necessità di raccontare questa
storiellina, questa personale esperienza, non certo rara, per un semplice convincimento:
rivelare il Vero non ha nessuna efficacia su delle menti che sono disposte alla
menzogna. Raccontare “tutto” non cambia niente. Gli individui non hanno nessuna
voglia di conoscere la Realtà, perché la Realtà crea disagio, il disagio ansia.
Dall’ansia nasce il bisogno di comprendere, dal comprendere la fatica dello
studiare e del riflettere, e infine l’inquietudine ad agire. A questo groviglio
di faticose, incerte, dolorose problematiche, è meglio sostituire la lettura di
un innocuo libricino, scritto da una macchina, dove si trova sempre
l’assassino, e firmato dal Grande Scrittore di turno.
Tutto qui.
Accidenti, mi rendo conto solo ora che non mi sono presentato,
perdonatemi. Non è che sia poi così importante, tuttavia: io sono uno dei
principali nemici della fermezza d’animo, l’avversario della coerenza, il
detrattore delle virtù: sono il malcostume, la corruzione, la sepsi. Uno delle
cause prime di cui l’homo sapiens si serve, convinto d’ossequiare quella norma
naturale chiamata sopravvivenza, in realtà mancanza strutturale che lo rende
imperfetto, insignificante e dannoso.
Nel concludere, vorrei farvi partecipi di un mio aforisma:
“La celebrità è pari al grado di corruzione che un individuo è disposto ad
accettare.”
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