Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

Io e Camilleri


Per divulgare questa esperienza, era necessario che il Grande Scrittore, oramai persona anziana ma lucida e produttiva, esaurisse i suoi giorni su questa Terra. Era necessario perché le opinioni e le scelte di un individuo pensante possono cambiare nel corso della vita, anche tanto da disapprovare decisioni prese in passato, magari di fretta, incalzato da necessità contingenti o attese troppo ottimistiche.
Prendere atto, ammettere un errore è conferma di un’indubbia nobiltà d’animo.
Ma questo evento non si è verificato. Quindi, le scelte fatte, con l’avvenuta dipartita, si possono considerare del tutto confermate.
Devo dire che il buon Camilleri non era certo il solo bravo intellettuale ambiguo e contraddittorio che ho incontrato nel corso del mio ruolo. Ci mancherebbe. Faccio da tanti anni questo lavoro e ho conosciuto di tutto. Un’incredibile varietà di individui. So fare bene il mio mestiere. Ho sempre cercato una prassi che fosse adeguata al soggetto che avrei dovuto mettere alla prova. L’avvio del lavoro deve sempre iniziare con un accurato studio del soggetto a qui proporre un intervento qualificato. Questa regola dovrebbe valere per qualsiasi iniziativa che abbia bisogno di esperti e consulenti. Il panorama, per quanto riguarda gli scrittori, non è mai stato a corto di professionisti e dilettanti da avvicinare. Oggi non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ovunque giri lo sguardo vedo folle di narratori, romanzieri, prosatori, saggisti, novellisti e poeti che si credono tali, e magari non escludo che lo siano. Tutti dotati di una tale ambizione, da renderli inconsapevoli del loro valore e del valore dei contenuti che elaborano. Dunque, non ho troppa difficoltà a organizzare un lavoro che ha dato di solito i frutti sperati. Dico frutti sperati poiché le mie studiate, elaborate lusinghe fanno si che il soggetto avvicinato ceda in fretta. A essere onesto qualche volta non c’è neanche bisogno del mio intervento: la paranoica necessità che le persone hanno di esporsi, di essere considerati e riconosciuti, oggi è talmente forte che fanno omaggio di sé senza condizioni, una resa totale, spoglia del benché minimo accenno d’amor proprio. Però, non voglio parlarvi dell’estrema facilità con cui vinco alcuni incontri, ma le difficoltà in cui mi sono imbattuto nell’affrontare confronti che mi apparivano difficili, e con scarsissime speranze di vittoria.

Per rendere più comprensibile l’esperienza, inizierei col dire, ma lo riterrei anche superfluo a questo punto, che mi muovo all’interno del nostro sistema editoriale. Che non ha caratteristiche particolari, e non è distinguibile dai sistemi operanti negli altri Paesi: le dinamiche e le problematiche che incontro nel quotidiano sono simili. Le politiche di queste vaste realtà sociali hanno subìto delle profonde modifiche. Le Case Editrici hanno avuto la capacità di adeguarsi in modo mirabile alle varie necessità che si sono manifestate nel corso del tempo. Certo, l’editoria in passato ha assolto a delle esigenze generali che l’hanno fatta considerare come un’entità positiva all’interno delle società. Poi, però, con il progressivo decadere del senso della “comunità” e il progressivo crescere del valore “dell’individuo”, l’evoluzione dall’artigianale all’industriale, la consapevolezza del ruolo necessario al condizionamento delle Masse, e non ultimo il profitto che sarebbe potuto scaturire da una conveniente gestione dei mezzi, ecco che il mio lavoro ha acquisito quella graduale importanza a cui oggi siamo abituati.

Come ho detto, oggi sono in tanti a scrivere, troppi, e sebbene non sia più necessaria questa improba fatica, c’è sempre bisogno di portare certi “testardi temperamenti artistici” all’interno dell’unica “filosofia” possibile. Ci sono sempre delle teste matte che rischierebbero di rendere altri individui consapevoli del loro valore e della loro forza. Questo non è possibile, né tollerabile. Il controllo totale di tutto ciò che è scritto e pubblicato deve essere totale.
Non è necessario dilungarsi sul passato, su ciò che è stato, non è questa la sede e non è questa la mia intenzione; come ho accennato, ho avvertito solo il bisogno di divulgare la mia esperienza con un grande della narrativa, per diffondere un messaggio più veritiero di ciò che accade nel quotidiano, all’oscuro di tutti, al di là della necessaria menzogna a uso e consumo della Folla.
Le persone non lo sanno, non desiderano saperlo, e non lo sapranno mai, ma la maggioranza di ciò che si pubblica, soprattutto nella narrativa, non è scritta più da scrittori in carne e ossa. Sono dei raffinati programmi a elaborare e comporre qualsiasi cosa gli sia richiesta. Non c’è più nessun bisogno della romantica figura dello scrittore chino sulle carte a scrivere pagine e pagine scaturite dalla propria immaginazione. Sono anni che si elabora un testo, si inventa un nome di fantasia, si stampano volumi, tutti uguali, e si gettano in pasto a un pubblico avido di scempiaggini. Questa pianificazione centralizzata, ovviamente, ha uno scopo preciso, che non sarà difficile svelare in seguito. Ora, questo perfetto quadro, in realtà perfetto non è. Fra teoria e pratica c’è sempre uno iato, un qualche fattore di disturbo che rischia di far saltare la precisa dinamica. Queste seccature sono di natura diversa. La più pericola, è lo scrittore, o presunto tale, che non vuole piegarsi a quelle che sono le categoriche direttive dettate dagli editori. Questi soggetti, spesso armati del solo amor proprio, o della sola stima, oppure delle sole Idee, sono voci troppo libere e dissonanti per essere ignorare. Alla prova dei fatti queste povere Creature non sono poi così nocive, spesso sono solo degli intellettuali emarginati e soli, ma sono pur sempre “menti pensati, menti libere”, e questa emancipazione dal Potere non è ammissibile, e deve essere riportata sempre nell'alveo dell’omologazione. È qui che il mio lavoro acquista valore, trova il suo senso: avvicinare l’individuo e sterilizzarlo delle sue caratteristiche umane inconciliabili con il livellamento culturale.

Quando si è deciso di procedere con il programma elaborato espressamente per Lui, ho mostrato subito delle perplessità. Ho espresso dei dubbi. Era un personaggio che appariva granitico nelle sue convinzioni e nella sua etica, umana, politica e professionale. Credevo quasi impossibile scorgere una crepa dove collocare il grimaldello. Sebbene sia convinto della mia capacità, della mia professionalità, ero certo che non mi avrebbe mai dato ascolto. Supponevo che già dal primo incontro mi avrebbe riso in faccia, apostrofato benignamente con la sua voce rauca, magari soffiandomi sul viso una boccata di fumo e poi allontanato con garbo e ironia.

Succede spesso che si approssimino alle Case Editrici “buona gente” disposta a scrivere qualsiasi cosa, pur di vedere il proprio nome e cognome stampato su una copertina; ci sono poi quelli che scrivono qualcosa di personale, di autenticamente loro, ma si convincono presto che sia meglio seguire le indicazioni di chi certo ne sa di più; ci sono quelli che tentennano un po’ davanti alla proposta di rinunciare al “sé”; ci sono quelli che preferiscono non piegarsi davanti a ciò che interpretano come un ricatto. I nostri più temuti, però, sono quelli che negano di essere degli scrittori, sapendo benissimo di esserlo, e stimandosi fra i migliori. Questi per Noi sono i peggiori. Sono delle scomode, imbarazzanti anomalie difficili da controllare. I primi che ho nominato considerandosi ancora “scrittori”, legittimano un mondo cui sentono in qualche modo di appartenere. Gli ultimi, rinnegando quel mondo, comportandosi come se non esistesse, o non fosse tale, rinunciando alla loro qualifica sociale di “scrittori” delegittimano l’intera editoria.  
Se questo non vi appare rilevante, è bene che accenni alla sua gravità. Se una maggioranza accetta una norma di vita, non è detto che questa norma debba appartenere necessariamente anche a una minoranza, o addirittura a un’individualità. Se si accetta di dire che siamo tutti scrittori, più buoni o meno buoni, ci consideriamo comunque integrati nel sistema, affermiamo che esiste e ne accettiamo onori e oneri. Se invece si sostiene che: “Se voi siete scrittori, io non lo sono, se voi non lo siete io lo sono”, si rifiuta l’intera organizzazione. Si cancellano metodi e finalità.
È un imputato che accusa e non riconosce l’autorità dei Giudici: “Voi non siete in grado di giudicare quello che io scrivo, perché non avete la minima idea di cosa sia lo scrivere. Siete un’altra cosa. Bottegai di miserie, non Editori.”
Come ripeto, alla prova dei fatti non è che questo elemento sia poi così tragico. Non lo sarebbe affatto, se solo tale prova di dignità fosse considerata in modo sano da menti invece malate, ossessionate, morbose di fronte a ogni dissonanza. Menti ambiziose di spegnere ogni cervello pensante.

Concludendo questa breve dissertazione, di Camilleri scrittore posso dire in piena onestà che si è comportato nel migliore dei modi, almeno fino a un certo punto della sua vita. Un intellettuale con sani principi politici, mai rinnegati, tanto pieno di sé e delle migliori virtù. Per Noi era essenziale che un personaggio della sua levatura fosse “normalizzato”, perché è essenziale per Noi diffondere il messaggio che non esistono figure pure, non esistono voci così integre da poter condannare il nostro agire. Camilleri, restando se stesso, avrebbe potuto indurre a inopportuni tentativi d’imitazione. Sarebbe potuto restare un “mito” da emulare. Avrebbe potuto diffondere l’idea che restare fedeli a se stessi è la scelta vincente, sebbene dura da sostenere. Onestamente devo dire che non era sensibile ad argomenti come il denaro, o ad altri piaceri sensuali della vita, e questo gli fa onore. Trascurando un elemento creduto trascurabile, stavo per chiudere il fascicolo, quando in un colloquio, uno dei tanti, mi è parso di individuare una possibilità. L’ultima. Un vero colpo di fortuna. Fra gli scrittori che ancora scrivono opere personali, la maggior parte sono disponibili a modificare, adattare, uniformare ciò che scrivono. Quei pochi che non sono inclini a tale compromesso, restano esclusi, nell’ombra. Il Maestro, però, non potevo classificarlo né nel primo caso, né nel secondo caso, bensì, era un personaggio d’altri tempi, vissuto nell’illusione che si possa persuadere, affascinare, trascinare un ipotetico “lettore” da una lettura vacua a una lettura profonda. Un ottimista sulle reali possibilità degli individui di crescere e capire. È questa una vecchia idea che ha affascinato molti. È di difficile caratterizzazione psicologica: potrebbe essere dettata da un’onesta convinzione, potrebbe essere suggerita da una legittima ambizione, oppure da una vanità mascherata. Qualunque cosa fosse, avevo finalmente in mano una carta da giocare. Mi sarei aspettato un lungo e laborioso lavoro di persuasione, invece, dopo aver intravisto la sua debolezza, compresa la sua contraddizione, capita la sua innocenza, l’ho convinto presto ad acconsentire al nostro gioco, gioco a cui Lui si è prestato: convinto che quella intrapresa fosse una strada percorribile, convinto che firmare decine e decine di librettini scaturiti dal ventre fertile di una macchina arida di sentimenti avrebbe concretato la sua chimera. Dopo aver violato questa stanza segreta, tutto mi è stato più agevole. Ancora una volta avevo vinto la mia battaglia di piegare ogni aspetto della Realtà al Progetto. Lui convinto di far bene, Noi soddisfatti di aver omologato una persona dal curriculum e dalla cultura ragguardevoli.
Da quel momento, ci sono state tante persone che hanno apprezzato leggere quello che Noi gli abbiamo indicato di leggere; altre che hanno letto solo perché in copertina c’era la sua firma; altre che non hanno apprezzato, ma se ne sono guardate bene dal dichiararlo, preoccupate di vedersi emarginare dal loro ambiente.
Bene! Ho avvertito la necessità di raccontare questa storiellina, questa personale esperienza, non certo rara, per un semplice convincimento: rivelare il Vero non ha nessuna efficacia su delle menti che sono disposte alla menzogna. Raccontare “tutto” non cambia niente. Gli individui non hanno nessuna voglia di conoscere la Realtà, perché la Realtà crea disagio, il disagio ansia. Dall’ansia nasce il bisogno di comprendere, dal comprendere la fatica dello studiare e del riflettere, e infine l’inquietudine ad agire. A questo groviglio di faticose, incerte, dolorose problematiche, è meglio sostituire la lettura di un innocuo libricino, scritto da una macchina, dove si trova sempre l’assassino, e firmato dal Grande Scrittore di turno.
Tutto qui.

Accidenti, mi rendo conto solo ora che non mi sono presentato, perdonatemi. Non è che sia poi così importante, tuttavia: io sono uno dei principali nemici della fermezza d’animo, l’avversario della coerenza, il detrattore delle virtù: sono il malcostume, la corruzione, la sepsi. Uno delle cause prime di cui l’homo sapiens si serve, convinto d’ossequiare quella norma naturale chiamata sopravvivenza, in realtà mancanza strutturale che lo rende imperfetto, insignificante e dannoso.
Nel concludere, vorrei farvi partecipi di un mio aforisma: “La celebrità è pari al grado di corruzione che un individuo è disposto ad accettare.”

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