Le
persone non vogliono ascoltare la verità, perché non vogliono vedere le proprie
illusioni distrutte.
“Ecce
Homo” F. Nietzsche
Beati
i poveri di spirito, poiché loro è il regno dei cieli.
Francesco
d’Assisi
Ieri
pomeriggio, visionando le foto che con evidente entusiasmo dei miei Compagni di
Vita postavano su Facebook, ho provato d’improvviso una curiosa sensazione.
Curiosa perché inattesa, comporta da più elementi come la partecipazione o lo
stupore. Sono rimasto per qualche minuto con questo groviglio d’impressioni
fluttuanti fra il cervello e il cuore, fino a quando un necessario bisogno d’ordine,
ha ritenuto giusto fare ricorso a un’attenta valutazione.
L’analisi
ha portato a delle conclusioni, che hanno evidenziato le solite contraddizioni
e delle tracce che solo una “mente disturbata” può far germogliare. L’elemento
scatenate è stata la manifestazione che si è svolta ieri vicino casa, a San
Giovanni: quella delle Sardine per intenderci. La comparsa di questo Movimento
delle Sardine non è per me elemento di sorpresa o di entusiasmo o di sconforto,
poiché già prima della “defenestrazione” dell’oramai improduttivo Movimento del
signor Beppe Grillo, ho ipotizzato, non a torto a quanto pare, che il Potere
avrebbe senza dubbio partorito un “qualcos’altro” per condizionare,
indirizzare, la fragile e malleabilissima coscienza politica e sociale della
Folla. Quindi, non mi sono sorpreso che la piazza fosse piena, mi sono sorpreso
che nella piazza fossero presenti anche individui forniti di un’indubbia
preparazione e consapevolezza. Quali sono i pensieri e le analisi che queste
persone di valore hanno elaborato per ritenere la “novità” un fattore di
progresso e di crescita sociale, mi sono chiesto; ma soprattutto, che
significato può avere l’inequivocabile e fuori luogo sfumata sensazione di
“piacere”, che le foto dei miei Compagni di Vita continuavano a postare, unite a
esclamazione di compiacimento e incanto, mi hanno suscitato.
Il
senso di benessere non era dovuto a un mio trasporto verso l’evento in sé, non
era scaturita dai contenuti l’emotività, bensì mi sono sentito partecipe del
loro stato d'animo, felice della loro felicità, del loro saper ancora apprezzare,
ancora cogliere la parte migliore di certe espressioni umane, che da sempre
hanno costellato la Nostra Vita. Evidente che la sfacciata sensazione ha solide
radici in una condizione spirituale a me non certo sconosciuta. Evidente che mi
sono sorpreso di avvertirla. Evidente che fosse imputabile a un comprensibile transfert
emotivo. Tuttavia, lo stato di “beatitudine” non è durato che un attimo, subito
i soliti demoni sono arrivati a oscurare la scena, lasciando “Loro” a godere
del momento, me a rimuginare inutilmente su pensieri più e più volte approfonditi,
arrivati amaramente a una conclusione che non ha vie d’uscita. Credo del tutto
inutile, ormai, il valutare se sia l’uno o gli altri custodi della visione
corretta delle Cose, perché anche la presunta capacità d’aver afferrato
l’interezza del vivere, non è più fattore che possa donare serenità: anche
questo elemento cade inevitabilmente nell’abisso del discutibile. Sarebbe prova
di grande imbecillità, oltre che di rinnovata arroganza e presunzione,
riaffermare verità, dopo che un tribolato percorso ha generato il dubbio che
non esiste la verità, quella verità in passato asserita con arroganza e
presunzione. Cosa resta, quindi, dopo che nello spirito di un individuo
pensante il dubbio ha spazzato via per sempre certezze e fedi ammantate di
ragione? Resta un individuo che si tormenta sterilmente nell’incertezza, nel
sospetto che nulla di ciò che appare sia vero, nulla reale, nulla buono o
cattivo. È questa una patologia che non ha possibilità di cura. È piuttosto
facile passare dalla fede al dubbio, è impossibile passare dal dubbio alla
fede. E non si riesce neanche a valutare quanto in tutto questo ci sia
l’individuo pensante consapevole, oppure frutto della patologia che lo consuma.
Davanti a queste assurde angosce, che le persone sane giustamente emarginano, o
sopportano, si riesce ad apprezzare con riconosciuto pathos, le emozioni
“altrui”, che un tempo erano proprie e che ora non ci sono più.
La
Storia e le Culture, sono piene di periodo di disperazione, collettiva e
individuale. Nessuno, che io sappia, ha mai valutato a sufficienza questo
importante elemento di condizionamento. La disperazione nasce avendo davanti
agli occhi un mondo che va in frantumi, aggregandosi poi lento in un qualcosa
che non si riconosce, e che non si stima. Il tuo mondo muore e un altro mondo a
cui non appartieni nasce. La disperazione non colpisce solo chi osserva negativamente
la Vita, colpisce anche chi osserva positivamente la Vita. Proteggersi con
questi caldi rifugi della mente, come possono essere le illusioni, il vedere e
il sentire il Bene intorno a sé, non può essere motivo di dileggio, tutt’altro,
deve essere motivo di rispetto e di ammirazione per uno “stato di grazia” che
ancora si riesce ad apprezzare negli Altri, nei Buoni che ami e che stimi: un’immagine
oramai troppo lontana. L’ulteriore motivo di sconforto, è il percepire che sia
chi soffre, sia chi gioisce ancora, non avrebbe motivo di essere soddisfatto di
questi esiti, poiché “… il mondo viene messo in moto da qualcosa di totalmente
diverso.”
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