Alla ricerca di avvenimenti
interessanti, una discreta giornata d’autunno del 2008 stavo leggendo un
giornalino che usciva in edicola fino a qualche anno fa, dal nome “Roma c’è”. Si
interessava di cultura in generale, e pubblicava quindi tutti, o quasi, gli
eventi che avevano luogo nel corso della settimana nella nostra disgraziata
città. Per puro caso mi ero soffermato a leggere un annuncio apparso interessante,
l’annuncio di un privato, di una signora allora sconosciuta che cercava persone
per realizzare un “Gruppo di Lettura”. Non si dilungava troppo, solo alcune
indispensabili informazioni, poi un numero di telefono a cui rivolgersi. Avevo
letto già qualcosa di questi “gruppi di lettura” e la cosa mi era sembrata interessante,
tanto da telefonare, solo dopo alcuni minuti, alla sconosciuta inserzionista
piena di buona volontà. Dall’altro capo del telefono mi aveva risposto una
signora dalla voce gradevole, che mi avvisava subito che io ero il primo a contattarla
e che il gruppo si sarebbe potuto formare solo, ovviamente, se avesse chiamato
anche qualcun altro. Fortuna ha voluto che qualcun altro avrebbe poi chiamato,
così da poter formare il gruppo.
Da quell’autunno del 2008,
quindi, dopo aver insieme trovato delle regole comuni, ci vediamo ogni quindici
giorni per scambiare le nostre opinioni su un libro di narrativa che scegliamo
di leggere.
Ora, da questi anni di esperienza
ho ricavato tutta una serie d’informazioni che mi hanno aiutato a capire cosa
sta più o meno avvenendo a livello culturale intorno a noi. Ovvio che una
simile micro realtà può fornire una visione non del tutto corretta della macro
realtà, tuttavia i successivi confronti e analisi hanno potuto confermare le primitive
deduzioni. La cosa più evidente che ho
avuto l’opportunità di notare è la singolare, veloce rotazione di individui,
maschi e femmine, che si sono avvicinati a questo piccolo gruppo, per
allontanarsi subito dopo con motivazioni spesso misteriose, ma che abbiamo
avuto comunque modo d’ipotizzare e supporre. In pratica tante persone hanno
telefonato per partecipare ai nostri incontri, tante si sono presentate, tante no,
dopo aver preso dettagliate informazioni telefoniche e aver garantito la
presenza. Dopo i primi mesi di difficile rodaggio, abbiamo preso atto che i più
assidui erano non più di cinque o sei, il resto, spesso anche altrettante persone,
andavano e venivano senza apportare miglioramenti o offrire utili consigli. In
pratica, fino ai giorni d’oggi, abbiamo accolto tante persone che si sono poi
dileguate in fretta. Capaci di autocritica tutti i tenaci partecipanti si sono
chiesti quali fossero le ragioni di queste fughe. Perché tante persone si
avvicinavano per poi scomparire così rapidamente? Fra le prime spontanee risposte,
la più considerata era quella che fossimo noi, i fedeli, tanto scarsi da non
suscitare interesse alcuno, in pratica una specie di “complesso d’inferiorità”
che affondava le proprie radici in una comprensibile, considerata la scarsa
esperienza, non conoscenza del particolare mondo. Di persone ne abbiamo viste
molte, ovvio che sarebbe da sciocchi credere che i rifiuti siano stati dovuti a
una semplice ragione, più ragionevole credere che ogni rifiuto di proseguire l’esperienza
fosse dovuto piuttosto a più ragioni, come quella di avere sopravvalutato il
tempo a disposizione, o quello di una ricerca diversa da quella
specificatamente culturale. Nel corso del tempo, sebbene in certe occasioni
particolari fossimo rimasti addirittura in tre a condividere questa esperienza,
e se fosse grande l’avvilimento che ci spingeva a rinunciare al tutto, non
abbiamo mollato e il “Gruppo” ha continuato a interessarsi di letteratura, e in
particolare di narrativa. Per dare un valore alle nostre letture, mi è sembrato
il caso di proporre una via da seguire, ossia, credendo fermamente che la
crescita culturale di un individuo non possa prescindere dalla lettura dei
grandi classici della narrativa mondiale, ho proposto e ottenuto il consenso
dei presenti. Ora, questo interessarsi dei classici, all’inizio del percorso
non era stato visto come un chiaro ostacolo all’allargamento del Gruppo,
credevamo che se fosse stato d’aiuto a noi, questa lettura, di certo sarebbe
stato anche di aiuto agli altri. Con grande ingenuità e leggerezza avevamo pensato
questo. In realtà l’interesse per la narrativa classica, il suo essere di
sprone alla riflessione e alla ricerca, si è dimostrato, in effetti, uno dei
grandi ostacoli all’ampliamento del numero di presenti allo scambio di
opinioni.
Personalmente sono stato sempre
convinto che nonostante vivessimo in una metropoli di milioni di individui,
solo a una cerchia ristrettissima di consapevoli lo studio dei classici,
interessa in modo tale da stornare il proprio tempo a disposizione dalla
televisione o dal computer al libro stampato. Ancora più difficile che fra
questi ci fosse chi desiderasse passare, coscientemente, dall’oblio alla
riflessione. Era questo che supponevo, almeno fino a quando lo scambio di
opinioni fra una persona che ha partecipato ai nostri incontri per poche volte,
non mi ha portato alla piena consapevolezza di quale fosse, ed è, la ragione
principale delle tante fughe.
La signora in questione che
involontariamente è stata fonte di conoscenza, si era presentata a noi
dimostrando all’inizio molto entusiasmo per l’iniziativa, e confermandoci che
per quanto lei ne sapesse la nostra era un’esperienza che, vuoi per gli anni di
vita, vuoi per la meta proposta, era davvero un tentativo assai originale e
apprezzabile. Questa signora, dunque, con analogo entusiasmo ha partecipato
agli incontri per un certo numero di giorni, non ricordo bene quanti, poi nel
corso del tempo, questo rapido primo trasporto è andato evidentemente scemando.
Personalmente cercavo di capire a cosa fosse dovuto questo imprevisto calo di passione.
Mi erano tornati alla mente tutti quei timori affiorati all’inizio
dell’esperienza. In realtà nulla di tutto questo era all’origine del suo
prossimo, evidente abbandono, solo dopo un’approfondita discussione la ragione
era venuta clamorosamente a galla, dimostrando come una micro realtà può
benissimo essere fonte di conoscenza della macro realtà. Ricordo quando con un’espressione
di tenue sofferenza sul volto la signora ha risposto a una mia precisa domanda,
ossia al motivo che l’aveva spinta nel corso della sua vita recente a passare
da una lettura piuttosto profonda e impegnativa a una lettura del tutto
narcotica e disimpegnata. La risposta che ha acceso un faro potente sulla
condizione culturale dell’occidente in genere è stata precisamente questa: “Perché
sono stanca di pensare!” Ovvio che una risposta del genere, proposta da un
individuo cosciente delle proprie potenzialità, non poteva passare inascoltata,
e una successiva ampia discussione ha confermato quelle che erano in me solo
tristi supposizioni. La “stanchezza di pensare” in genere giunge quando a una
profonda riflessione e dopo analisi accurate, si arriva a definire quali sono
le condizioni che sono l’oggetto dell’analisi e in seguito, alle azioni inerenti
la realizzazione pratica del pensiero. Se dopo un’analisi accurata e dopo aver
raggiunto la consapevolezza del “che cosa si dovrebbe fare” risolviamo che le
possibilità di dare concretezza ai nostri pensieri non ci sono, che la realtà
chiude e preclude ogni possibilità d’intervenire positivamente, subentra a ciò
una fase di rabbia, che non avendo la possibilità di trasformarsi in
concretezza si trasforma presto in rabbia inespressa, che si scatena contro il
soggetto che la sviluppata, e presto lo riduce a una pura larva di sé. Non
potendo esprimere la propria Potenza sul mondo reale, la Potenza tenta di
piegare il soggetto alla passività assoluta. Questo meccanismo è ben conosciuto
dal Potere e dai mezzi del Potere. I meccanismi di persuasione e di coercizione
sono diretti alla totalità degli individui esistenti in occidente, ma è
consapevolezza del Potere che questi meccanismi di riduzione a pure entità
materiali prive di spiritualità sono diretti principalmente verso quelle
minoranze che potrebbero con una loro possibilità d’iniziativa e movimento,
originare dei fastidi o addirittura scardinare quelli che sono dei veri e
propri meccanismi di condizionamento di massa. L’editoria, il mondo
dell’editoria è uno dei principali, se non addirittura il principale mezzo con
cui il Potere rende operativo questa riduzione in schiavitù spirituale e
materiale di sempre maggiori fette di popolazione. La prova che questa sia una
supposizione credibile è che i grandi mezzi di diffusione del pensiero, come la
carta stampata, è in possesso dei più grandi Capitalisti criminali esistenti in
occidente. Dunque, la condizione della piacevole signora che ci ha poi privato
della sua sensibilità e della sua preparazione culturale e umana, è il sintomo che
una precisa programmazione, alla base dei comportamenti sociali, e che questi
comportamenti sociali tendono incontrovertibilmente ad allontanare quante più
persone possibili da fonti e mezzi che possono sviluppare la propria capacità
critica, la propria capacità d’analisi, la propria capacità d’agire sulla
società. La signora orientando le sue letture narrative su oppioidi come i
“gialli” o i “noire” quindi in modo del tutto inconsapevole era diventata una delle
tante vittime illustri di questo meccanismo criminale.
Inutile è stato il nostro
tentativo di renderla consapevole della scelleratezza, presto ci siamo resi
conto che la sua posizione non sarebbe cambiata e che la sua vita era oramai
una vita persa. Questa piccola esperienza umana ci ha illuminato quindi sul
perché il nostro “Gruppo” resta da anni sempre circa delle medesime dimensioni,
del perché individui vengono, vedono e scompaiono. Vuoi perché le letture sono
impegnative, vuoi perché non sono informati neanche della loro esistenza, vuoi
perché non ne colgono il senso, la lettura dei “classici” e la lettura in generale
delle opere che forniscono i mezzi per rendersi consapevoli di ciò che ci
circonda, non hanno più, o quasi più, la possibilità di essere considerati. Il
pensiero e lo studio finalizzato alla conoscenza non sembra esser materia di
cui andar fieri, il disimpegno e il vuoto mentale, il deserto culturale, sembra
oramai essersi affermato stabilmente, tanto da far apparire le esigue minoranze
che perseguono orizzonti opposti come dei poveri emarginati bislacchi e
patetici, mentre in realtà sono gli ultimi rappresentanti di una razza di
Uomini padroni assoluti della propria vita, liberi nel pensiero, circondati da
una triste massa informe di padroni e schiavi.
9 ottobre 2015
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