Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

La colpa


E se per sopravvivere... qualunque porcheria
lasciate che succeda... e dite "non è colpa mia"...
Sorridete!... Gli Spari Sopra... sono per noi!

Da “Gli spari sopra” di Vasco Rossi

Mentre sulle pagine di illustri riviste letterarie iniziano ad apparire gemebondi e poco disinvolti articoli che alludono all’ipotesi, non peregrina, che le Case Editrici, in effetti, iniziano ad esagerare nel riversare sul mercato tsunami di prodotti editoriali di bassissimo profilo culturale; mentre si accenna, addirittura, a possibili degenerazioni morali e materiali nell’assegnazione dei premi letterari; mentre perfino l’editore Giuseppe Laterza, invitato ad una trasmissione televisiva condotta da Corrado Augias, accenna a precise responsabilità delle Case Editrici, impegnatissime nel loro laido lavoro di costruzione di un preciso modello di cittadino: “… perché al potere una persona cretina dà meno fastidio di una persona intelligente!” ultima affermazione del signor Giuseppe Laterza, prima che venisse, a ragion veduta, interrotto dal buon Augias, che evidentemente ben teme anche lui le note ire del potere editoriale; ebbene, mentre tutto questo accade e nulla avviene, non riesco proprio a capire a cosa possa servire, e a chi posa servire, il tragicomico racconto delle peripezie accadute ad un povero scrittore emarginato e solo, che ha pubblicato proprio su questo Blog, nel gennaio 2005, un articolo dal titolo “Io accuso (Le condizioni dell’Editoria)” dove invitava a riflettere su alcuni aspetti cui solo oggi, gennaio 2009, l’editore Giuseppe Laterza, sebbene tacitato prontamente, riesce ad accennare. Ma ho la sensazione che porsi il problema dell’utilità o meno di una qualsiasi opera, a volte sia un lavoro lungo, tedioso e inutile. Il compito di uno scrittore, qualora avvertisse l’irrefrenabile necessità d’esprimere, comunicare, pubblicare un'idea, è fare il suo lavoro nel miglior modo possibile, e il miglior modo possibile è quello che rende il testo profondo d’inviti alla riflessione, scorrevole, comprensibile, intelligente, rispettoso del lettore, il resto, beh, tutto il resto… fate qualcosa anche un po’ voi, coraggio!
L’enunciato dell’articoletto è questo: ma vi sembra possibile che sia sempre il povero scrittore emarginato e solo a sbagliare?
Dunque, sarà meglio chiarire. Tanti anni fa al povero scrittore che non sapeva di esserlo, viene in mente di scrivere; non aveva mai scritto nulla in vita sua, se non temi scolastici e qualche malinconica cartolina di saluti. Pieno di buona volontà ha scritto, e armato d’ingenuità e inesperienza ha inviato poi il tutto alle Case Editrici. Le Case Editrici, quelle che hanno avuto la bontà di rispondere, gli hanno risposto che ciò che aveva scritto era scritto malissimo, l’argomento banale, ed Esse, in conclusione, non avrebbero mai pubblicato una cosa simile. La colpa del povero scrittore, in sostanza, era la non conoscenza del significato stesso delle parole letteratura e narrativa. La risposta è stata per lui un risveglio doloroso, ma è sopravvissuto, ha riflettuto e ha capito che avevano ragione le Case Editrici: la colpa era proprio sua! Allora ha chiesto utili consigli a persone qualificate, ne ha fatto buon uso, ha studiato, ha letto, ha discusso, ha scritto di nuovo e ha rispedito il tutto alle Case Editrici. Le Case Editrici, quelle che hanno avuto la bontà di rispondere, gli hanno risposto, con competenza, che la scrittura era migliorata, il tema poco più interessante… ma Esse non avrebbero mai pubblicato una cosa simile. Era ancora colpevole d’aver fatto qualcosa, ma questo qualcosa non era affatto sufficiente, bisognava fare di più. Allora, il povero scrittore ha ripreso a studiare, ha frequentato una scuola di scrittura, ha lavorato sodo sui testi classici, sui contemporanei, approfondito le tecniche dei grandi scrittori, la miseria dei piccoli scribacchini, imparato tante cose, riscritto ciò che sentiva di voler scrivere e ha rispedito tutto alle Case Editrici. Le Case Editrici, quelle che hanno avuto la bontà di rispondere, gli hanno risposto che la sua scrittura ora pareva una bella scrittura ma che il tema era rimasto banale, risaputo e stanco. La colpa era di scrivere bene cose già scritte da altri, questioni come l’Amore, ad esempio: Esse non avrebbero mai pubblicato una cosa simile. Allora di nuovo a lavoro, deciso ad imparare, ecco lo studio matto e disperatissimo, approfondisce gli argomenti, cerca d’esprimere meglio quello che sentiva di voler dire. Riscrive il tutto e spedisce alle Case Editrici. Le Case Editrici, a questo punto rispondono che il tema era complesso, introspettivo, riflessivo, capace di scatenare emicranie a persone affatto abituate a masticare cose tanto ostiche, come il pensiero o la riflessione. Sua la colpa di causare mal di testa, disagi individuali e crisi familiari: Esse non avrebbero mai pubblicato una cosa simile. Allora di nuovo ad alleggerire il tema e a dare scioltezza al testo. Studiare, comprendere, approfondire. Cercare il parere di persone sempre più competenti. Così, piano piano, senza mai dimenticare l’umiltà, il povero scrittore emarginato e solo perviene all’inaspettata, duplice consapevolezza del suo valore tecnico e di contenuti.
Spedisce tutto alle Case Editrici ed Esse, a questo punto, non rispondono più!
Perché le Case Editrici non gli hanno più risposto, proprio ora, che sapeva di scrivere bene cose interessanti?
L’incomprensibile atteggiamento non gli sembrava affatto corretto, rispettoso del valore e della dignità altrui.
Desideroso di capire ha indagato, sorprendendosi di trovare cose tanto lontane da quelle che in realtà si aspettava di trovare. In poche parole: crimine! Corruzione! Incompetenza!
La cosa più curiosa, tuttavia, è stata l’incontro con curiosi personaggi presentatisi come “Direttori di Casa Editrice”, minori in onestà, toccanti creaturine che di letteratura e di narrativa ne masticano ben poca. Insomma, senza farla troppo lunga, nell’affrontare l’ultima patetica questione con un Direttore che affermava con protervia che la parola “qual è”, presente in quarta di copertina di un suo modesto libricciolo, era corretto scriverla con l’apostrofo, “qual’è”, il povero scrittore emarginato e solo, restava folgorato dall’inquietante sensazione che il suo sapere, in molti casi, era diventato superiore a quello di chi avrebbe dovuto giudicarlo e magari pubblicarlo: il giudicato si era trasformato in giudice!
Allora, deluso ma non domo si è detto: «Bene! Se le cose stanno così, allora il libro me lo pubblico da solo!»
Cercando qua e là ha incontrato tante realtà sconosciute: Case Editrici disponibili e gentili, ma che, ahimè, avrebbero pubblicato l’opera solo a pagamento. Tipografie che avrebbero stampato qualsiasi cosa, pagando e comprando una quantità esorbitante di copie. Poi, infine, ecco l’incontro con una realtà nuova che appare ideale: “ilmiolibro.it”. Il sito di uno storico settimanale nazionale che si offre di stampare anche una sola copia del suo libro, e anche una vetrina virtuale dove poter esporre e vendere l’opera, il tutto on-line, tramite computer… un sogno che si realizza!
Pieno d’entusiasmo, il povero scrittore emarginato e solo prende conoscenza del sito, approfondisce e mette in pratica le poche regole indicate. Nulla di complicato, per fortuna. C’è solo da inviare il testo in formato… la copertina non troppo… qualche centimetro qua, qualche attenzione là e… il semplice processo… non funziona!
«Come non funziona?! Ho fatto tutto quello che mi hai indicato, perché rifiuti il mio libro?!» Mormora fra sé e sé il povero scrittore.
Allora scrive al servizio di assistenza; il servizio di assistenza risponde stitico che bisogna scaricare un particolare programma… la colpa è sua!
Il povero scrittore scarica il programma e… no! Ancora non funziona. Di nuovo scrive al servizio di assistenza: “Perché non funziona?” E loro: “È lei certo che fa qualcosa di sbagliato!”
“Sono io che sbaglio? Ne siete proprio sicuri? Mi sembra insolente la sua congettura! Dov’è che sbaglio, se è lecito sapere?”
A questo punto “ilmiolibro.it” non risponde più.
«Beh, se è così, non facciamone un dramma, lasciamolo perdere il famoso settimanale. Mi rivolgerò ad un altro sito più grande e serio… “lulu.com”» decide lo sprovveduto.
“Lulu” è un colosso internazionale. Un mostro che negli ultimi due anni ha stampato 750.000 copie… 375.000 copie l’anno… 1027.39 al giorno… Il sito straniero funziona meglio di quello approssimativo e pasticcione italiano. Il file di testo del libro viene acquisito, così come quello di copertina; lo scrittore inebriato dal risultato ne ordina addirittura una copia, costo dell’operazione € 16.50 circa. Dopo una settimana arriva la copia… emozionatissimo apre il pacchetto e… si ritrova fra le mani un’autentica schifezza… schifezza la copertina, schifezza il testo, insomma, scrive subito al servizio di assistenza: “Guardate che mi avete inviato un’indecenza… non riesco a capire… come si fa a spedire una cosa tanto ignobile…”
Il servizio di assistenza risponde, pregandolo di inviare le foto di quello che lui ritiene le schifezze. Lui alacre fotografa e invia lesto. Loro rispondono che in via del tutto eccezionale spediranno un nuovo libro, gratis, senza le schifezze.
Una settimana ed ecco il secondo pacchetto. Dentro c’è il libro gratis… una porcheria ancora peggiore!
“Accidenti…” riscrive al servizio di assistenza “mi avete inviato una porcheria ancora più grande, e il poco decoro… e la cocente delusione… e la possibile frode…”
“Ci può spedire di nuovo le foto delle nuove schifezze?” Gli risponde serafico il servizio di assistenza.
“Certo!” Rapido fotografa e invia.
Dopo due giorni d’attesa ecco l’ennesima risposta: “Certo sarà il file di copertina che lei ci ha inviato una schifezza; certo sarà anche il file di testo una schifezza… è sua la colpa!”
“Davvero? Non le sembra d’aver superato i limiti della plausibilità? Ha le prove di quello che dice?” Replica seccato il povero scrittore emarginato e solo, e ora anche furente, davanti a tante insopportabili contraddizioni e tanta inammissibile disonestà.
A questo punto “lulu.com” non risponde più.
«Bah… così va la vita!» Si rassegna, pensando che l’ultima possibilità rimasta è comprare una buona stampante laser e stampare da solo la sua opera. Stampante laser che certo non funzionerà, che sarà costretto a portarla al servizio di assistenza, che certo riferirà seccato: «Gentile signore, di sicuro lei è reo di non saper far funzionare una comune stampante laser… è sua la colpa!»
In realtà l’esperienza del povero scrittore insegna che la società funziona maluccio quando la domanda è superiore all’offerta; funziona malissimo quando la domanda, poi, è di poche pretese, di bocca buona, ed è priva di conoscenze e di decoro. Succede un po’ come negli uffici postali, o in ogni comune negozio: se ci sono tanti utenti, o tanti clienti, l’impiegato, o il commesso, diventano scontrosi e arroganti, ti guardano fisso negli occhi con aria strafottente, non salutano, sbuffano, ti considerano un’autentica seccatura evitabile e scaricabile… tanto gli utenti, o i clienti, non mancano certo, anche a servizi scadenti. Se la domanda è poca e qualificata, invece, sono tutti sguardi bassi, sorrisi, salamelecchi e lavori accurati. In una società dove i prodotti editoriali di famosi scrittori vengono stampati e poi messi in vendita nei supermercati accatastati in terra, accanto alle odierne offerte di salsicce o pomodori in scatola, quando i prodotti editoriali di famosi scrittori sono scritti nel peggiore dei modi possibile, senza rispetto per la letteratura e l’intelligenza umana, è fatale che l’ultimo degli ultimi venga trattato a classici pesci in faccia. Se un autore pubblicato sa bene che la sua opera vale quanto un banalissimo insaccato, figuriamoci quanto può essere considerata l’opera di chi, presumibilmente, sua massima aspirazione è quella d’apparire accatastato come un barattolo di pomodoro o un salume. Il resto, tutto il resto, ruota attorno a questo mondo che, di conseguenza, è indotto a trattare gli autori come poveri babbei senza volto, mediocri e sommari.
E allora, solo ad esperienze concluse, al povero scrittore è venuto in mente l’aforisma di Nietzsche che invita, con semplicità e amor proprio, a valutare sé stessi come splendide stelle luminose che nessuno scorge, appagate unicamente della loro stessa luce.
Ma la strada della consapevolezza, come sappiamo, è lunga e tribolata… non è vero Maestro?

23 gennaio 2009


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