Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

sabato 26 settembre 2020

CAMMINANDO PER LE STRADE DI ROMA

Ieri, ho fatto una passeggiata di un paio di chilometri per raggiungere l’ufficio di mia Moglie, che aveva un piccolo problema da risolvere. Infine ho deciso di farli a piedi, quei due chilometri, perché ho atteso per quindici minuti un autobus che non arrivava. Lungo la strada, molto conosciuta, ho incontrato, sulla sinistra, in sequenza, tre postazioni di bidoni della spazzatura nascosti dalla mondezza, certo da giorni non raccolta. Poco distante due reti con materassi e delle coperte sudice sistemate accanto a un muro: lussuosi “posti letto” coperti da un tratto della sopraelevata. Più avanti delle biciclette abbandonate, un ventilatore, dei vecchi giocattoli, lastre di vetro rotte e dei cartoni bagnati. Lì nei pressi tre mascherine sanitarie buttare per terra. Più avanti c’è la sala giochi, dove credo si pratichi la tombola, o qualcosa di simile, frequentatissima da strani disadattati, vecchi spenti e individui terminali che non trovano nessun altra attrattiva nella vita. A metà percorso, in una delle piazze maggiori di zona, c’erano due ragazzi che questuavano dei soldi, dopo aver eseguito dei giochi d’abilità di una gradevolezza dubbia, a giudicare dalle facce degli automobilisti fermi ai semafori. Alla fermata, “varia umanità di tutti i colori e di tutte le razze” attendeva un tram che si faceva desiderare, mentre degli “zingari” che avevano steso dei teli in terra, cercavano di vendergli della mercanzia abominevole, che tanti, tuttavia, osservava, la rigirava fra le mani e ne chiedeva il prezzo. Cammino, ed ecco altre mascherine sanitarie buttate per terra, due anche di stoffa di colore nero. D’improvviso, mentre procedevo a passo lento, cercando un’impossibile tranquillità, viste le sciocche inquietudini che non riesco mai a dominare, si è fatto vivo un tram: stracolmo di “varia umanità di tutti i colori e di tutte le razze”, ammassati come animali su un carro bestiame. Nei pressi dell’ufficio, su una strada laterale, un “luogo di culto musulmano” era affollato di fedeli nei loro abiti tradizionali, consoni al mistico momento. Poco distante un gruppo di ragazzi Cinesi discuteva nella loro lingua oscura. L’unico bar gestito da nostri connazionali, era chiuso, forse fallito causa pandemia. Le ultime mascherine gettate in terra davanti al “luogo di culto musulmano”, facevano arrivare a dieci il conto delle protezioni contro il Covid gettate in terra nei due chilometri percorsi. Dimenticavo: davanti al supermercato c’erano due poveracci sdraiati sul marciapiede che chiedevano l’elemosina. Il bus che avrei voluto prendere non è mai passato. Non mi pare di aver incrociato non più di cinque o sei connazionali “bianchi”. Ho rischiato due volte di finire investito da sub-umani al volante, che mi hanno apostrofato anche in malo modo perché non sono stato sollecito nell’attraversare la strada, sulle strisce. Ho dovuto dribblare con maestria fra automobili parcheggiate male, marciapiedi disastrati, radici d’alberi, monopattini sfrecciati e bici insolenti. Il tutto, accompagnato dalle consuete quotidianità: un piacevole sottofondo di rumori molesti di tutti i tipi, traffico impazzito composto da pazzi al volante dentro automobili sempre più invasive, clacson in varie tonalità, scambi d’indecenti improperi fra automobilisti fuori di sé, spacciatori di droghe, tossicodipendenti, prostitute sudamericane, omosessuali/travestiti in vendita al miglior offerente, e una fila imbarazzante di consumatori di alcaloidi che attendevano pazienti il proprio turno davanti a una tabaccheria.

Arrivato sano e salvo in ufficio, ho compiuto il mio piacevole dovere, ho baciato mia Moglie, e sono ritornato a casa… a piedi, di nuovo, perché l’autobus che mi sarebbe stato utile non si è mai visto. Ovviamente ripetendo le medesime esperienze, piuttosto singolari per una società che si definisce “civile”.

Ora, rinnovo il mio invito: se qualche “anima bella” vuole parlare della nostra “sana vita comunitaria” sono sempre disponibile.