Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

lunedì 16 dicembre 2019

DISPERATE ILLUSIONI


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Le persone non vogliono ascoltare la verità, perché non vogliono vedere le proprie illusioni distrutte.
“Ecce Homo” F. Nietzsche

Beati i poveri di spirito, poiché loro è il regno dei cieli.
Francesco d’Assisi

Ieri pomeriggio, visionando le foto che con evidente entusiasmo dei miei Compagni di Vita postavano su Facebook, ho provato d’improvviso una curiosa sensazione. Curiosa perché inattesa, comporta da più elementi come la partecipazione o lo stupore. Sono rimasto per qualche minuto con questo groviglio d’impressioni fluttuanti fra il cervello e il cuore, fino a quando un necessario bisogno d’ordine, ha ritenuto giusto fare ricorso a un’attenta valutazione.
L’analisi ha portato a delle conclusioni, che hanno evidenziato le solite contraddizioni e delle tracce che solo una “mente disturbata” può far germogliare. L’elemento scatenate è stata la manifestazione che si è svolta ieri vicino casa, a San Giovanni: quella delle Sardine per intenderci. La comparsa di questo Movimento delle Sardine non è per me elemento di sorpresa o di entusiasmo o di sconforto, poiché già prima della “defenestrazione” dell’oramai improduttivo Movimento del signor Beppe Grillo, ho ipotizzato, non a torto a quanto pare, che il Potere avrebbe senza dubbio partorito un “qualcos’altro” per condizionare, indirizzare, la fragile e malleabilissima coscienza politica e sociale della Folla. Quindi, non mi sono sorpreso che la piazza fosse piena, mi sono sorpreso che nella piazza fossero presenti anche individui forniti di un’indubbia preparazione e consapevolezza. Quali sono i pensieri e le analisi che queste persone di valore hanno elaborato per ritenere la “novità” un fattore di progresso e di crescita sociale, mi sono chiesto; ma soprattutto, che significato può avere l’inequivocabile e fuori luogo sfumata sensazione di “piacere”, che le foto dei miei Compagni di Vita continuavano a postare, unite a esclamazione di compiacimento e incanto, mi hanno suscitato.
Il senso di benessere non era dovuto a un mio trasporto verso l’evento in sé, non era scaturita dai contenuti l’emotività, bensì mi sono sentito partecipe del loro stato d'animo, felice della loro felicità, del loro saper ancora apprezzare, ancora cogliere la parte migliore di certe espressioni umane, che da sempre hanno costellato la Nostra Vita. Evidente che la sfacciata sensazione ha solide radici in una condizione spirituale a me non certo sconosciuta. Evidente che mi sono sorpreso di avvertirla. Evidente che fosse imputabile a un comprensibile transfert emotivo. Tuttavia, lo stato di “beatitudine” non è durato che un attimo, subito i soliti demoni sono arrivati a oscurare la scena, lasciando “Loro” a godere del momento, me a rimuginare inutilmente su pensieri più e più volte approfonditi, arrivati amaramente a una conclusione che non ha vie d’uscita. Credo del tutto inutile, ormai, il valutare se sia l’uno o gli altri custodi della visione corretta delle Cose, perché anche la presunta capacità d’aver afferrato l’interezza del vivere, non è più fattore che possa donare serenità: anche questo elemento cade inevitabilmente nell’abisso del discutibile. Sarebbe prova di grande imbecillità, oltre che di rinnovata arroganza e presunzione, riaffermare verità, dopo che un tribolato percorso ha generato il dubbio che non esiste la verità, quella verità in passato asserita con arroganza e presunzione. Cosa resta, quindi, dopo che nello spirito di un individuo pensante il dubbio ha spazzato via per sempre certezze e fedi ammantate di ragione? Resta un individuo che si tormenta sterilmente nell’incertezza, nel sospetto che nulla di ciò che appare sia vero, nulla reale, nulla buono o cattivo. È questa una patologia che non ha possibilità di cura. È piuttosto facile passare dalla fede al dubbio, è impossibile passare dal dubbio alla fede. E non si riesce neanche a valutare quanto in tutto questo ci sia l’individuo pensante consapevole, oppure frutto della patologia che lo consuma. Davanti a queste assurde angosce, che le persone sane giustamente emarginano, o sopportano, si riesce ad apprezzare con riconosciuto pathos, le emozioni “altrui”, che un tempo erano proprie e che ora non ci sono più.
La Storia e le Culture, sono piene di periodo di disperazione, collettiva e individuale. Nessuno, che io sappia, ha mai valutato a sufficienza questo importante elemento di condizionamento. La disperazione nasce avendo davanti agli occhi un mondo che va in frantumi, aggregandosi poi lento in un qualcosa che non si riconosce, e che non si stima. Il tuo mondo muore e un altro mondo a cui non appartieni nasce. La disperazione non colpisce solo chi osserva negativamente la Vita, colpisce anche chi osserva positivamente la Vita. Proteggersi con questi caldi rifugi della mente, come possono essere le illusioni, il vedere e il sentire il Bene intorno a sé, non può essere motivo di dileggio, tutt’altro, deve essere motivo di rispetto e di ammirazione per uno “stato di grazia” che ancora si riesce ad apprezzare negli Altri, nei Buoni che ami e che stimi: un’immagine oramai troppo lontana. L’ulteriore motivo di sconforto, è il percepire che sia chi soffre, sia chi gioisce ancora, non avrebbe motivo di essere soddisfatto di questi esiti, poiché “… il mondo viene messo in moto da qualcosa di totalmente diverso.”

lunedì 18 novembre 2019

Il trionfo della Volontà

Devo dire che la vicenda della signora Liliana Segre, ottantanove anni, senatrice a vita, testimone della Shoah Italiana, sopravvissuta all’Olocausto, internata ad Auschwitz/Birchenau, mi ha messo in seria apprensione. Così come mi ha sconcertato la storia delle duecento intolleranze che riceve ogni giorno, e del consequenziale, necessario rimedio di fornirla di un’adeguata scorta armata. Oltre al naturale raccapriccio nel verificare a quale livello d’inciviltà siano giunti i rapporti umani, e quanto può essere insensato un individuo che insulta e minaccia una signora anziana, mi ha confuso la precisa tempistica degli atti e una scioccante ignoranza riguardo alla Vita, alla Storia e alla Realtà; sommati a un certo smarrimento nel verificare come alcuni individui non riescano ad andare oltre le proprie ingannevoli sensazioni, oltre le loro istintive intolleranze, negando quell’adeguato riconoscimento, quel dovuto rispetto e considerazione a un Popolo che ha saputo, con ostinata volontà, ingegno e scaltrezza, superare le tante difficoltà incontrate nella Storia, a farsi largo con successo nella difficile lotta per la sopravvivenza.

Non sarebbe proprio stato nelle mie intenzioni tentare di sopperire a quelle che mi appaiono come delle elementari, inammissibili lacune, né mi sarei mai immaginato che un individuo comune come me potesse essere a conoscenza di fatti che gli altri sembrano ignorare, viste le reazioni. Dunque, questa semplice e parziale successione di personaggi piuttosto noti, pochi d’altronde, rispetto all’effettivo contributo che i tanti hanno reso al mondo, non ha l’intenzione di apparire come una documentazione atta a legittimare un’interpretazione soggettiva, quanto piuttosto vanno a fornire prova di una innegabile Realtà Oggettiva.

Mosè, nato in Egitto nel XIII secolo a.C.

Paolo di Tarso, nato a Tarso nel 5/10 d.C.

Karl Heinrich Marx, nato a Treviri il 5 maggio 1818.

Lenin, pseudonimo di Vladimir Il'ič Ul'janov, nato a Simbirsk il 22 aprile 1870 (da parte di Madre)

Lev Trotsky, pseudonimo di Lev Davidovic Bronstejn, nato a Janovka 8 novembre 1879

Sigismund Schlomo Freud, noto come Sigmund Freud, nato a Freiberg 6 maggio 1856.

Albert Einstein, nato a Ulma 14 marzo 1879.

Lo Stato d’Israele è stato proclamato da David Ben Gurion, il 14 maggio 1948.

Famiglia Rothschild, Famiglia Sassoon, Famiglia Warburg, Famiglia Kuhn, Famiglia Loeb, Famiglia Lazare, Famiglia Davison, Famiglia Rockefeller, Soros, Lehman Brothers, Jacob Henry Schiff , Goldman Sachs.

Qualora questa breve elencazioni di personaggi noti non fosse sufficiente a dimostrare che questo Popolo ha il diritto di comportarsi come si comporta e che ha il diritto, proprio per la sua superiore Volontà di Potenza, di essere rispettato e considerato, posso indicare che esso è costituito da 14.310.500 Creature sparse nel mondo, mentre tutti gli altri Popoli, complessivamente, sono composti da 7 miliardi 300 milioni di Creature sparse nel mondo: una minoranza che governa una maggioranza!

lunedì 4 novembre 2019

Suv e Tram

“C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza…”

“C’è solo la strada” di Giorgio Gaber

Procedendo lungo il sentiero della vecchiaia sotto braccio a una mediocre saggezza, mi sono sempre più reso conto come sia necessario un certo modo d’esprimersi, per rendere efficace una comunicazione. Questo non comporta sempre una trasposizione in elementi miseri e incompleti ciò che si deve dire, quanto piuttosto una trasposizione in immagini minori, che siano però comparabili con le immagini maggiori che vorremmo trasmettere. Ossia, trasformare il grande in piccolo, il difficile in facile, il macro in micro. Faccio un esempio tanto per chiarire. Quando ci imbattiamo in situazioni di carattere economico finanziario, le operazioni delle banche e delle società finanziarie appaiono come manovre di una complessità tale da crearci uno stato d’animo prossimo al disprezzo di noi. Non capiamo. In realtà le cose non sono così complesse. Gli individui che agiscono in tali organizzazioni non fanno altro che rendere complessa una cosa semplice. Le ragioni sono molteplici e non è il caso qui di elencarle, basti dire che nel corso della storia dell’uomo, in molti si sono comportati così, in diversi campi, spesso al solo scopo di allontanare più persone dalla possibilità di capire. Quando una società finanziaria agisce su scala macroeconomica, basta ridurre l’operazione a una scala microeconomica. La società finanziaria non si comporta in modo diverso dallo strozzino che presta soldi a un piccolo esercizio commerciale in difficoltà, la banca presta solo soldi a un grande esercizio commerciale in difficoltà. Lo scopo è lo stesso. Lucrare profitto o arrivare alla condizione finale/ottimale, dove l’intero esercizio commerciale, o un intero Stato Sovrano, passa di proprietà.
Questa breve premessa solo per anticipare che la sensazione che tenterò di trasmettere, ho cercato di ridurla in rappresentazioni consuete, poiché avverto che non sono affatto adeguato a una trattazione più astratta, erudita, intellettuale, che per di più finirebbe per adulterare una realtà che è di carattere quotidiano, visibile a tutti, perché tutti sono provvisti di emozioni e di istinti.

Chi fa la scelta di spostarci in città con mezzi diversi, non solo incontra problemi diversi, ma entra in contatto con ambienti diversi e di conseguenza sviluppa consapevolezze diverse. Questo fa progredire una visione/valutazione della realtà che appartiene in modo legittimo all’individuo, ma che ha la caratteristica principale di includere o escludere dall’ambiente che lo circonda.
Personalmente da anni ho scelto di spostarmi con la rete dei trasporti urbani, i mezzi pubblici, con tutte le conseguenze che la scelta comporta. Forse sarà la senilità, o una certa maggiore sensibilità nell’osservare, nell’ascoltare, ma la sensazione principale è che dei malesseri sociali striscianti si manifestino ora in modi che possono sfuggire a chi è distratto, o disinteressato.
I mezzi pubblici della città in cui vivo, non possono essere classificati come efficienti o accettabili o dignitosi. Sono stati e sono oggetto di una metodica politica di rapina e commercio clientelare d’ogni specie. Questa autentica sporcizia, di conseguenza, non può che essere frequentata da individui che non possono proprio farne a meno, da chi non ha altri mezzi, o da individui che sono costretti per mancanza, addirittura, di sostentamento. Oggi gran parte di questa umanità è composta di non Italiani. Il loro numero è andato via via aumentando, così da generare negli oriundi un crescente stato d’animo che solo vivendolo in prima persona si ha la possibilità di percepirlo: occhiate ostili, digrignar di denti, frasi malevole; mormorii appena distinti, allusioni volgari, discussioni feroci per futili motivi.
Qualche giorno fa ero assorto nei miei pensieri, seduto su un vecchio tram, quando sono stato distratto da una situazione. Mi sono accorto, con inquietudine, che più della metà delle auto che procedevano a passo d’uomo lungo la strada parallela alla sede tranviaria, erano guidate da individui intenti a giocare con il loro “smartphone”, altri nello stesso tempo guidavano, giocavano e fumavano. Piuttosto turbato nell’osservare a quale grado si degenerazione sono giunti i comportamenti dell’homo sapiens urbano, il turbamento si è trasformato in un diverso stato d’animo quando il tram si è fermato, ha aperto le porte, proprio in prossimità di un incrocio. Il “fatto” è avvenuto in pochi istanti. Al semaforo era fermo un SUV, uno di queste macchine volgari e maleducate che percorrono le nostre strade; al volante c’era un signore che osservava il suo “smartphone” e rideva, mentre, illuminato sul lussuoso cruscotto, appariva un altro visore di non so che cosa. Finestrini chiusi. A prima vista estraneo a tutto quel che avveniva al di fuori del suo spazio vitale. Nello stesso istante è salito sul tram un signore dall’aspetto comune, senza nessuna nota distintiva, un uomo qualunque. Una volta sulla vettura ha intravisto tre individui seduti alla sua destra. Per puro caso ho osservato il suo viso e la sua inequivocabile smorfia di disprezzo, all’indirizzo dei soggetti non classificabili nella nostra stessa etnia. Stringendo i denti ha sibilato anche una frase che ho compreso, e che ben sintetizzava la considerazione che nutriva nei loro confronti. Quindi, mentre alla mia destra il signore nel SUV sorrideva e si trastullava, nel TRAM un altro non aveva altro modo di sfogare il suo disagio, la sua rabbia, che mormorare e corrodersi all’indirizzo che ha creduto più opportuno. Questo non è certo un caso isolato, ormai. È una delle tante reazioni quotidiane alla quale non facciamo più caso.
Non appena il tram è ripartito, non ho potuto fare a meno di valutare l’esperienza.  Non è stato difficile intravvedere nel micro ciò che avviene nel macro. Il signore del SUV era un classico archetipo: quello del “borghese” agiato, benestante, un po’ spocchioso a cui non interessa, o non valuta correttamente, l’emotività di chi gli sta attorno. L’altro, il signore sul TRAM è l’altro archetipo, quello del “proletariato” frustrato, sfruttato, che si sfoga su chi ritiene causa prima di tutte le sue disgrazie, invece che uno dei sintomi del Male. La sua reazione istintiva è frutto di un’emozione caratterizzata da ostilità, rabbia, da un accumulo di frustrazioni che non trovano sbocco nelle giuste direzioni. Un tipo di reazione provocata da uno stato di sofferenza, tipica degli individui oppressi e incapaci di veicolare nel modo corretto ed efficace il risentimento.
Alla stragrande maggioranza dei politici di questo stato d’animo non gliene importa niente: pensano che sia uno status così ben regolato e pianificato nei minimi particolari, da non destare preoccupazione alcuna. Tanti neanche lo avvertono, o lo catalogano come fattore secondario indotto; qualcuno lo percepisce, ne fa la sua forza distintiva di penetrazione fra le Folle, ma al di là di questo non emerge nulla, nelle sue dialettiche, che possano far intuire che abbia la soluzione a porta di mano, o che si crucci al pensiero della soluzione, poiché alle “sue spalle” non ha nessuna Idea di come si cura il Male. Fino a qualche anno fa, tanti anni fa, le classi sociali erano strutturate in modo tale da sviluppare mentalità armonizzate a delle rappresentanze politiche, a delle strutture partitiche. Questo portava a una certa visione del mondo e dei rapporti umani, una vaga chiarezza su diritti e doveri, generava una ragnatela di rapporti e strutture che aiutavano a capire e orientare i propri bisogni. Questo comportava che ogni individuo volenteroso poteva partecipare al gioco della vita, non sentirsi escluso, e magari trovarne giovamento. Ora questo tipo di dinamica è quasi scomparsa. Non ci sono più valide strutture d’intermediazione. Non ci sono più reti di rapporti che permettevano di sentirsi protagonisti di un processo sociale, la sensazione di essere ascoltati, magari anche confortati o corretti. In sostanza, l’individuo è sempre più solo e disperato. Tutto questo processo ha delle conseguenze. L’individuo si chiude in se stesso. Ciò comporta un’esasperazione delle proprie frustrazioni. Si arrabbia e non sa con chi sfogarsi, o lo fa su indirizzi sbagliati, percepiti come giusti.

Non c’è molto altro da dire.
È una gran brutta situazione quella che stiamo vivendo, perché ci sono solo due possibili vie d’uscita: la prima è la classica rivolta destabilizzante, che senza Idee finirebbe per creare problemi a chi già ne ha troppi; oppure, la seconda, peggiore, che vede una società immobile, narcotizzata, rassegnata, sconfitta prima di lottare, accettare tutto, patire tutto, magari reagendo solo digrignando i denti e mormorando sui tram.
  

domenica 27 ottobre 2019

TOPO GIGIO, LA BREXIT, LA GRAN BRETAGNA E L’UNIONE EUROPEA


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Quello che succede da qualche tempo in Europa, sembra che sia validamente analizzato e commentato da tutti i punti di vista, generando la diffusa sensazione che ogni aspetto delle problematiche non presenti lati oscuri. Prendiamo la Gran Bretagna, e le difficoltà che incontra nella soluzione della Brexit. Amministratori pubblici e privati, politici, economisti, giornalisti e anche gente comune cercano di individuare le ragioni che spingono i politici Britannici e i burocrati Europei a spendersi, macerarsi in trattative, leggi ad hoc, riunioni, stesura di documenti, tranelli, tradimenti, menzogne e tutto ciò, per il semplice fatto che un popolo ha preso atto che non ci sono più le condizioni per continuare insieme un particolare sentiero. La vicenda sembra avere sfumature angoscianti. Come mai non si riesce a trovare uno straccio di soluzione confortevole a entrambe le parti? Dopo due anni dal pronunciamento referendario. Qualcosa fa supporre che le problematiche cui sono alle prese le varie personalità, siano di una gravità e complessità tali, da richiedere tanto tempo e tanto lavoro.
Questa è l’immagine diffusa e stimata.
La presunta complessità delle questioni, fa ritenete che ci siano individui e personalità di tale spessore, alla ricerca di possibili soluzioni, da confidare in un’assoluta adeguatezza. Ma qui ci troviamo di fronte a delle contraddizioni. Le ipotesi possono essere diverse: o le questioni sono complesse e gli attori adeguati; questioni non complesse e attori non adeguati; questioni non complesse e attori adeguati; questioni complesse e attori non adeguati, oppure, è assai probabile, che ci troviamo di fronte a dei personaggi idonei, ma non a svolgere il ruolo che a noi appare, ma a svolgere un ruolo che a noi deve apparire.
Topo Gigio! Chi ha la mia età conosce bene questo personaggio, nato dalla fantasia di una signora chiamata Maria Perego. Per dar vita a questo personaggio di stoffa, erano necessarie due persone vestite di nero su un fondo nero che lo muovevano e una voce fuori scena. Questo ingegnoso stratagemma, concedeva l’illusione che il “Topo” fosse vivo.
Ora direte, ma che cosa c’entra Topo Gigio con la Brexit, la GB e la UE?
È presto detto.
Per rimanere nell’abito del nostro continente, le democrazie in cui siamo vissuti, con discutibili risultati fino a ora, i Nostri Padri le hanno ideate e costruite convinti che la loro applicazione pratica non potesse che donare ai popoli quell’appagante persuasione di partecipare a un qualcosa di nobile, funzionale ai diritti, ai doveri e alle attese. Questo in parte è avvenuto, tuttavia il tempo è passato, e le esigenze di allora non sono più le esigenze di oggi. Così come le situazioni sociali, economiche e politiche non sono più le stesse. Quelle istituzioni, valide allora, hanno perso gran parte delle iniziali prerogative. Se prima era necessario avere una “classe politica” che fosse organo di trasmissione fra popolazione ed enti di governo preposti alle funzioni burocratiche direttive, ora questi personaggi delegati dalle diverse categorie di cittadini, alla luce delle nuove possibilità di rapporti stabilitisi fra popolo e burocrazia, non servono più. Sono forme residuali ottocentesche di rappresentatività nazionale, regionale e comunale, che per forza di cose il Potere ha dovuto trasformare e riciclare in nuove funzioni, al momento necessarie. Come ho avuto già modo di dire, i signori che compongono il corpo politico, in realtà non sono affatto dei politici, ma più precisamente degli strani ibridi composti più che altro da individui mediocri, guitti da palcoscenico, chiacchieroni, malviventi, truffatori, ciarlatani, inattivi senza arte né parte. Sono individui consacrati alla corruzione che non disdegnano di seguire questo e quel padrone al solo scopo di trarne profitto e soddisfare il proprio ego. Svolgono il ruolo con più o meno successo. Sono più prossimi al mondo dello spettacolo che al mondo politico. La loro immagine fuori tema non stupisce più nessuno, come non stupisce più nessuno l’evidenza che dei “politici” agiscano e si comportino da “pupazzi”. Oramai la loro funzione è talmente snaturata dal ruolo originario che nessun individuo consapevole penserebbe mai che siano dotati di responsabilità e autorità consone alle loro funzioni.
Qui entra in gioco, dunque, la figura di Topo Gigio. Lui è l’archetipo del personaggio politico odierno. Un simpatico pupazzo che prende vita dalle abili mani della sua creatrice. Dei simpatici pupazzi che prendono vita dalle abili mani dei loro creatori. In realtà, nel particolare caso della Brexit, le decisioni che si dovevano prendere sono già state prese da tempo, da altri, dal Potere vero, quello che non appare e non parla. Non ci sono contrasti, non ci sono problemi irrisolvibili, non c’è nessun tipo di lotte intestine o resistenze contrarie. L’immagine che i pupazzi/politici devono divulgare, è quella di un timor panico diffuso che tutto sia difficile e complicato, una paura che tutto possa deflagrare in un caos distruttivo, se un membro della UE avesse l’intenzione di uscire dall’impero. I pupazzi devono diffondere paure false ma paure efficaci, prima fra tutti il dogma che non c’è nessuna via d’uscita, nessuna alternativa ai malvagi ordinamenti. Opere vincolanti e irreversibili. Questo è il solo mondo possibile.
È naturale che non sia così, ma gli individui, i popoli, le sconfinate masse di schiavi questo devono credere.
L’esempio in riferimento al problema della Brexit, è un’immagine che ha il solo scopo di indicare come avvengono i rapporti tra le parti che compongono un corpo sociale. Tale modello è un modello di riferimento. Tale da poterlo adattare a qualsiasi situazione sociale, politica ed economica.

Vie d’uscita da tale disgraziato epilogo non ce ne sono. L’unica forma di possibile liberazione da questa accelerata riduzione delle masse a forme larvali di vita, sarebbe una primaria presa di coscienza da parte di ampi strati di popolazione che “questa” è la situazione reale, “questo” è lo stato delle cose. Disgrazia vuole che la narcosi, se non addirittura lo stato di coma profondo, la corruzione che lega degli intelletti al denaro, oramai domina incontrastata ovunque, rendendo certamente inutili e solitarie anche le ultime grida.
Oppure? Centomila Uomini. Perfettamente consapevoli delle condizioni che stiamo vivendo. Capaci di combattere, con tutti mezzi a disposizione, ovunque, al di là del bene e del male.   

martedì 23 luglio 2019

RIFLESSIONI SUL CREDERE E SUL DUBITARE





Queste riflessioni nascono da un errore in cui qualsiasi individuo può incorrere nel corso della vita. Un errore che potrei definire di carattere “tecnico comunicativo”: il ritenere che un modo di discutere possa esser valido per ogni sistema di scambio dialettico. In realtà non è così. Ogni tecnologia che viene in aiuto, a maggior ragione una “recente”, necessità di una specifica conoscenza e poi di una pratica che eviti pessime figure ed equivoci.
Cercando di dialogare su Facebook, un Amico mi ha fatto presente, rimproverandomi garbatamente, dopo miei svariati svarioni, che le opinioni e le posizioni che da qualche tempo andavo esprimendo non erano degne di considerazione, poiché lasciavano intravedere archetipi odiosi: “Fascista, qualunquista, omofono, razzista”. A suo dire questo avvaloravano l’idea di una mia presa di posizione politica e sociale diversa dal solito. Il biasimo era pervaso, comunque, da un affetto derivato da una lunga amicizia, solida e fruttuosa. Queste verifiche sono auspicabili e gradite, senza di esse tutto il nostro agire si ridurrebbe a uno sterile soliloquio. Dopo questa critica, che ha avuto bisogno di un certo tempo di decantazione per essere metabolizzata e interpretata correttamente, il tutto si sarebbe potuto ridurre a una semplice presa d’atto dell’errore, cui avrei posto riparo al più presto. Una mente sana avrebbe agito così, ma una mente disturbata non agisce come una mente sana, infatti, dopo, è stato tutto un agitarsi di riflessioni. Chiaro che non era quello il modo di presentare le problematiche. Chiaro che ho offerto di me un’immagine non corretta. Restava tuttavia che le “opinioni a Lui odiose” sono elementi reali di un diverso e sempre più diffuso modo di interpretare i rapporti umani e la vita. Accanto a questa semplice evidenza, nelle sue parole e nella sua posizione c’era però un qualcosa di più che mi ha fatto pensare a una “mancanza”. Forse, un latente atteggiamento di chiusura preconcetta nei confronti di idee e soluzioni diverse dal nostro modo di giudicare il mondo. Le “offese” da Lui elencate, in realtà, fanno parte da qualche tempo del carente bagaglio di vocaboli usati dai politici, che non avendo la minima possibilità di confrontarsi su delle politiche concrete di carattere generale, ricorrono a queste elementari “ingiurie”. La Folla le ripete, il più delle volte senza avere la minima idea di cosa sta ripetendo. Sono mode che si ripresentano con carattere non proprio costante, in base alle necessità. Oggi si dice sei un Fascista, fino a qualche anno fa andava di moda dire che sei un Comunista. La dinamica ha una particolare somiglianza con quelle tipologie di scontri verbali fra tifosi di squadre di calcio. C’è assai poco di diverso. Quindi, dopo aver giustamente rilevato il mio errore, il mio Amico ha avvertito il bisogno di concludere con una legittima affermazione di diversità, il suo modo di intendere la società, e infine l’umanissimo desiderio senile di chi ha vissuto la vita e non sente più il bisogno di confrontarsi. Questa affermazione del “sé” è la preziosa risorsa di chi crede fermamente nelle proprie capacità e convinzioni; però, è anche l’ultima risorsa di chi comprende che non c’è nessun’altra via d’uscita al problema irrisolvibile della verità. Da qui, l’evidenza che fra i due individui ci fosse una condizione umana che li fa apparire come contraddittori dialoganti che stanno attingendo le loro asserzioni da due pozzi diversi.

Agostino da Ippona, il sant’Agostino dei cattolici, nei suoi scritti pervasi da beato delirio mistico, parla di un presunto stato di “grazia”, cui dio in persona fa misteriosamente dono ad alcuni fortunati esseri umani. Non spiega il motivo di quest’atto divino, facendo ricorso alla voce “verità di fede”, una voce che ricorre spesso quando non si riesce a dare una spiegazione plausibile a certi ingegnosi misteri. Questo stato di grazia esiste e sembra si manifesti fra gli umani in diversi modi, generando però la medesima sensazione di serenità, il sospetto di essere dei privilegiati: chi conosce l’Amore e lo vive dando così un significato alla propria vita, per esempio, chi crede in dio e nell’immortalità, o chi crede che la vita abbia un senso. Sono in molti a ricorrere a questa affermazione dell’Io, spesso mettendola astutamente in coda, così da non consentire più una prosecuzione del discorso. Questo tipo di atteggiamento è “classico”, per esempio, dei cattolici: quando la discussione arriva a temi contraddittori o ambigui o difficoltosi, loro sorridono e affermano sicuri: “Ma io ci credo!” Mi è sembrato subito palese che qui non ero di fronte a questo tipo di individuo, quindi c’era qualcos'altro da scoprire. C’è da dire che Lui non è il solo portatore sano di questa certezza. Conosco tante persone che difendono i loro Valori in questo modo, e su questa solidità fondano un privato metro di giudizio. Sapere bene da sempre, da quando si è piccoli a quando si è grandi, quali sono i propri punti di riferimento, è un esempio di quella grazia Agostiniana cui accennavo prima?
E questa coerente immutabilità, è segno inequivocabile di un dono trascendentale?
Il buon Agostino da Ippona ha anche teorizzato un altro concetto, che è quello della “predestinazione”. Senza farla troppo lunga, in  estrema sintesi, vuol dire che dio, sapendo già ogni cosa di tutti e di tutto, sa bene quali sono le creature che si possono salvare e quelle che non hanno nessuna speranza. Inferno e paradiso. È ipotesi quindi plausibile che i soggetti che fanno ricorso alla perfetta conoscenza di sé, siano individui predestinati alla salvezza, mentre gli altri, che da un punto in avanti della loro vita, su certi aspetti non fanno che rotolarsi come indemoniati fra dubbi e perplessità, siano gli esclusi: predestinati al tormento eterno.
Questo illustrato sommariamente è solo un aspetto della riflessione, potremmo dire “l’aspetto spirituale”, l’altro, “l’aspetto materiale”, non si può dire che sia di minore importanza.
Spirito e materia.
Filosofia, come si sa, significa amore per la conoscenza. Uno dei suoi aspetti dominanti è la ricerca di quella verità, che sembra sfuggire un po’ a tutti gli studiosi. Se la filosofia è ricerca della verità, quando un individuo dice di cercarla ci troviamo di fronte a un uomo di buon senso, quando lo stesso afferma di averla trovata il buon senso sfuma, e da quel momento in poi le sue riflessioni non sono più di carattere filosofico, ma sono qualcos'altro: sono teologia. I grandi del passato, che hanno trascorso la loro vita a riflettere su importanti temi, almeno i migliori, se ne sono guardati bene dall'affermare di aver raggiunto la verità. Più modestamente hanno cercato di far intendere al mondo che la loro ricerca fosse più un contributo alla verità. Questa semplice consapevolezza ha fatto si che consegnassero alla storia delle cose giuste, ma anche tante sciocchezze, Quindi, la trasformazione di un semplice pensiero soggettivo e umanamente passibile d’errore, in una verità assoluta e oggettiva è un evidente arbitrio. Karl Marx non era Marxista. Charles Darwin non era Darwinista. Chi li ha trasformati in dogmi teologici ha fatto indossare a delle semplici tesi la camicia di forza della Verità. All'opposto, Zarathustra era Persiano, Mosè era Ebreo. Paolo di Tarso era Cristiano. Thomas Muntzer e Lenin erano Comunisti, corretto definirli come teologia religiosa e politica, poiché non c’è nulla che possa far credere che nel loro pensiero ci fosse qualcosa che possa assomigliare a un dubbio. La storia è colma di individui, episodi, convinzioni filosofiche e politiche che hanno influenzato e influenzano ancora il loro tempo, fidando di essere nel giusto: le insidiose teologie orientali diffuse in occidente tramite la religione ebraica; le ingenue convinzioni degli Illuministi; la persuasione di riuscire a spiegare la complessità dell’uomo, della società, e delle dinamiche storiche tramite metodi scientifici, sistemi d’analisi della società elaborati in un secolo, il XIX, fanatico d’evoluzionismo e positivismo. Credute vere e poi molte superate da altre verità.

Tutto questo dissertare si può ridurre, nel quotidiano, in uno stato di quiete, da una parte, e in una affannosa ricerca di un qualcosa che si sente d’aver perduto, dall’altra.
Al di là di quale siano davvero le cause.

Il sé, l’individuale credere un’azione giusta o sbagliata, buona o cattiva, non è fattore inequivocabile di una correttezza delle percezioni e delle analisi. Potrebbero non esistere affatto il buono e il cattivo, il giusto e l’ingiusto. Molte persone oggi pensano che ammazzare moglie e figli buttandoli dalla finestra sia segno di una consapevolezza della mostruosità della vita a cui siamo ridotti, che altri non hanno. Credere che un Sistema sia migliore di un altro, perché a noi c’è più consono ai sensi, non è segno che questo Sistema sia corretto. Credere che la nostra Idea sia giusta perché ci appartiene da sempre, non è segno che l’Idea sia corretta. Credere che la realtà che percepiscono i nostri occhi sia la Realtà, non è segno che quella realtà sia vera. Spesso ricorrere al sé è un efficace espediente per evitare di approfondire cose che ci sono istintivamente odiose, per cultura ricevuta odiose, per appartenenza politica odiose, per carattere odiose: avvolgiamo di oggettività cose che appartengono alla sfera della soggettività, dell’individualità, della personalità: la grande problematica poco affrontata dell’imprinting formativo. La grande problematica poco affrontata delle “fonti” dove attingiamo le nostre convinzioni. La quasi totale impossibilità che gli individui possano emanciparsi in modo costruttivo dal loro stato di soggezione nei confronti di Madri, Padri, Maestri, Ideologie, così da non riuscire mai a scoprire se stessi e le proprie Idee.

Un’opera può esser giudicata vera da un individuo e falsa da un altro; ma una stessa opera non può essere vera e falsa nello stesso tempo. Quindi, tutto può essere vero e tutto può essere falso.
Resta a questo punto solo la nostra personale discutibile interpretazione.
Come facciamo a esser certi che le cose che sono un bene per noi siano un bene anche per gli altri?
Qui si potrebbe far ricorso al discorso della “democrazia” e del “totalitarismo”, della “maggioranza” e della “minoranza”, ma è un aspetto lungo e complesso che eviterei, poiché non ha ragion d’esistere fra queste righe, che hanno il solo scopo di mettere in risalto due modi diversi di essere individui pensati. Chi è caduto nella dannazione del “dubbio” non è mai più riuscito, se non in casi eccezionali, a riafferrare quell’ancora di salvataggio dal nulla che è la fede in qualcosa, fede in una qualsiasi cosa, perché comunque di fede si tratta: il sé, l’idea politica, l’idea filosofica, l’idea storica, l’idea economica, l’idea sociale. Si rimane sospesi fra un passato fatto di certezze, un presente caotico e un futuro che non si riesce neanche a distinguere. Tutto si trasforma in potenziale menzogna, nel passato e nel presente, perché tutto è stato visto ed è visto da occhi che non sono i tuoi, riferito da menti che hanno solo interpretato la realtà.
È l’altra faccia della medaglia, all'individuo sostenuto dalle proprie certezze, si contrappose l’individuo senza più punti di riferimento, perfino senza più nessuna certezza sensoriale. Questo pover'uomo non può, a questo punto, che affidarsi a ciò che, per fortuna sua gli rimane: l’Amore, che tanti disperati ha salvato, e in mancanza tanti disperati ha condannato.

martedì 16 luglio 2019




E infine sono giunto a ciò che temevo: il famoso “muro bianco”. Non vi annoio con congetture lunghe e noiose, vorrei solo che ricordaste, o teneste adesso in considerazione, il famoso film di Akira Kurosava, “Rashomon”. La grandezza del regista e dello scrittore che ha composto il testo, Akutagawa, è stata quella di mostrare quanto sia fragile e vaga l’idea che abbiamo, se la abbiamo, della Verità. Quando si giunge al punto estremo che Loro hanno raggiunto, tutto diventa inconsistente. Doloroso prendere atto che, quello che siamo, sia stato costruito mattone dopo mattone, faticosamente, su una pura interpretazione soggettiva della realtà. Che non è la Realtà.

domenica 14 luglio 2019

Un Paese che muore.




Madri che uccidono i figli ancora con il codone ombelicale gettandoli nel fiume. Madri che uccidono figli già svezzati. Padri che uccidono i figli, le mogli e i figli. Mariti che uccidono le mogli e le amanti. Fidanzati che uccidono le fidanzate e le ex fidanzate. Padri che uccidono i loro figli correndo a 180 chilometri orari per filmare l’evento con lo smartphone. Tossicodipendenti/alcolizzati al volante che uccidono bambini che giocano sul marciapiede sotto casa. Ubriachi e drogati al volante che uccidono bambini, adolescenti, adulti e vecchi, donne e uomini. Padri di famiglia considerati innocenti che hanno ammazzato a colpi di pistola ragazzi di 20 anni. Politici corrotti e ladri con diritto d’impunità. Depenalizzazione dei reati. Magistratura inesistente. La magistratura se la intende con la politica; la politica se la intende con la delinquenza organizzata nazionale; la delinquenza organizzata nazionale se la intende con la delinquenza organizzata internazionale, che se la intende con i Governi. Industriali che usano i soldi dello Stato e investono i loro in finanza speculativa. Industriali che delocalizzano, creando disoccupazione, ma con un risparmio del 90% sui costi. Scontri fra etnie del sud con etnie d’oriente, con il risultato pratico, voluto, del massimo ribasso sul costo del lavoro. 17.886.623 pensionati. 3.000 suicidi l’anno, 1130 morti sul lavoro. Italia al terzo posto in Europa per consumo di droga. 435.000 morti in 10 anni per consumo di alcol. 1.700.000 persone senza casa. Tra gennaio e giugno 2017 sono state consumate 2.333 violenza carnali. Nel totale, il 21% delle donne Italiane, pari a 4.500.000 milioni, sono state costrette a compiere atti sessuali senza il loro volere. 1.500.000 hanno subito violenza più grave. 653.000 donne vittime di stupro. 745.000 di tentato stupro. Il 39% delle violenze sessuali sono compiute da stranieri (910 – nel 2017), il 61% da connazionali (1423 – nel 2017). Sporcizia ovunque: etica, politica, economica, finanziaria, sociale, o causata da un consumismo cieco e suicida. Incompetenza e incapacità. Degrado e speculazione. Individui grandi e piccoli ridotti a larve subumane. Estinzione di ogni forma di socialità. Assenza di educazione e codici morali di comportamento. Vecchi con ragazzina/o di tutte le etnie al seguito. Vecchie con ragazzina/o di tutte le etnie al seguito. Prostituzione d’ogni tipo, maschile e femminile.


5.300.000 nostri concittadini residenti oltrefrontiera; 5.200.000 stranieri regolari, e forse altrettanti irregolari, residenti in Italia. Se ne vanno i migliori, importiamo i peggiori. E questa è solo l’ouverture della catastrofe. Questa è solo l’anteprima di ciò che accadrà sempre più velocemente, in seguito.
Si può fare qualcosa per evitarlo? No, non si può fare nulla, oramai.

martedì 18 giugno 2019

Consapevolezza di esistere


Vorrei continuare su questa tesi, al di là del bene e del male, dell’inconsapevolezza di esistere della maggior parte degli Homo Sapiens. Questa foto l’ho scattata nell’agosto del 2017, a Vipiteno. Parco pubblico. È giunta dopo di noi, io e mia moglie, questa famigliola, padre, madre, figlia, figlio, all’ora di pranzo. Si sono seduti sulla panchina di fronte. Hanno mangiato in fretta scambiandosi indispensabili, poche parole, quindi hanno assunto la disposizione che vedete ritratta. E dopo circa mezz’ora sono andati via.
Ora, mi domando e vi domando: queste “creature” sono vive o sono morte? 

martedì 11 giugno 2019

GAY PRIDE – ORGOGLIO OMOSESSUALE, O INCONSAPEVOLEZZA DELLA MORTE?


Ieri pomeriggio, del tutto ignaro di cosa stava per accadermi, mi recavo al solito posto frequentato da non so quanti anni. Ritrovo di vecchi amici che, insieme a una famiglia che ami e che ti ama, sono a oggi la cura più efficace per convivere in modo dignitoso con l’odioso “male oscuro”. Quindi, candido come un pupo, d’improvviso mi sono trovato la strada sbarrata da una nutrita e annoiata pattuglia di vigili urbani, occupata senza nessuna voglia a indicare ad automobilisti sbraitanti come animali in gabbia strade alternative. Supponendo che fosse la solita, quotidiana, inutile manifestazione, per raggiungere il luogo scelto ho dovuto parcheggiare il motorino a circa un chilometro dall’arrivo. Lungo la strada non c’erano né bandiere né striscioni. Non udivo né suoni né voci. Uno strano silenzio che non dava delucidazioni sulla natura del presunto corteo. Arrivato alla meta, però, la certezza di cosa sarebbe di lì a poco avvenuto si è presentata in tutta la sua audacia.
Ieri, 8 giugno 2019, pomeriggio, a Roma, era previsto lo svolgersi del solito corteo qualificato come “Gay pride”, tradotto, “Orgoglio omosessuale”, che si svolge qui e là nel mondo con frequenze annuali: ma io non lo sapevo!
Un po’ infastidito, non certo dagli omosessuali, ci mancherebbe, ma per la continua, estenuante, ricorrente violenza cui siamo sottoposti, senza neanche avere il piacere di poter valutare non dico come risolutive, ma almeno utili queste manifestazioni, che da anni e anni e anni possono essere qualificate di totale impotenza, più che di forza.
Dopo aver salutato il mio Amico, insieme abbiamo d’improvviso avvertito una musica assordante, che anticipava lo scivolare lungo la via di creature, al di là del bene e del male, obiettivamente bizzarre. Fermo con le braccia conserte sulla soglia dell’edicola, non ho perso un istante del lunghissimo corteo. Dai poliziotti tediati a capo, alle striminzite macchine per la pulizia alla fine. Ho visto è seguito tutto, senza troppa partecipazione, il manifestarsi di una condizione umana oramai analizzata e archiviata. Tuttavia, la manifestazione è durata circa un’ora, e in quei sessanta minuti, nella mia testa malmessa, è successo qualcosa che ho dovuto poi, per forza, tenere in considerazione. Ossia, dal primo carro gremito, con individui saltellanti intorno, all’ultimo carro gremito, con individui saltellanti intorno, è avvenuto un qualcosa nelle sensazioni impossibile da trascurare. Non ho perso troppo tempo a prendere coscienza di cosa era accaduto, le emozioni sono state chiare, tanto che la ragione ne ha subito preso atto. Non è la prima volta che assito a simili riti di esistenza in vita, solo che anni fa, ricordo, avevano un carattere diverso. Come se da un’iniziale, comprensibile gioia di poter/voler uscire allo scoperto, nell’arco del tempo sia sopravvenuto un esaurimento, una stanchezza, un “si deve fare”, un’opacità che ha spento colori e spontaneità. Rigido come un militare di guardia all’Altare della Patria, non smettevo di scrutare, ora incuriosito, non tanto dai bizzarri personaggi sui carri, che vanitosi/se, se non addirittura sfacciati/te, cercavano frenetici di scuotere i partecipanti, quanto dagli anonimi personaggi che intorno procedevano lenti. Non c’era “bella gente” sul marciapiede e lungo la strada, tutt’altro, ciò che appariva era ”brutta gente”, sul marciapiede e lungo la strada. Non era una classificazione soggettiva quella che stavo compiendo, semmai una classificazione oggettiva: se fossero stati degli Statali, o dei Pensionati, oppure dei Metalmeccanici, li avrei comunque classificabili come “brutta gente”. C’è da chiarire che l’espressione “brutta gente” è con riferimento a un’impressione estetica, e non “spirituale”. Ho trascurato quei tipici atteggiamenti provocatori, se non patetici, che dovrebbero scandalizzare e che oramai non scandalizzano più nessuno, non mi interessavano, piuttosto cercavo di scoprire quale fosse il sentimento caratterizzante che sembrava aleggiare fra quella folla. Folla che tentava, senza riuscirci, di apparire spontanea e verosimile. Goffe femmine che cercavano di apparire maschi, goffi maschi che cercavano di apparire femmine; individui che sembravano né l’una né l’altro; maschi che ostentavano seni finti di plastica, femmine che con strette fasce tentavano di nascondere i seni; ondeggiare di fianchi da odalische di maschi seminudi e incedere pesante di femmine a imitazione dei maschi; maschi e femmine, finti/e o meno, tutti a tracannare bottiglie di birra, provavano con il semplice espediente di mostrarsi naturali, o trasgressivi. Se i primi “orgogli omosessuali” mi sono apparsi originali, festosi, allegri, spontanei, colorati, quest’ultimo “orgoglio omosessuale” mi è apparso spento. La sensazione prima è che mi stesse sfilando davanti un lungo corteo funebre, appena toccato da spenti colori. Solo verso la fine la sensazione mi è apparsa più chiara: sembrava aleggiare su tutti una cupa “inconsapevolezza della morte”. Il “problema omosessuale” si è acceso per tante ragioni diverse, ragioni di carattere economico, culturale, politico, sociale, di facile analisi. Non ho nessuna intenzione di aprire una controversia, la dialettica che ne seguirebbe sarebbe priva di senso per due motivi. È difficile far cambiare idea quando le posizioni sono più di fede che di ragione, quindi inamovibili, ma soprattutto perché queste poche righe vertono su delle sensazioni, delle emozioni provate da una persona semplice, ma non certo ignara della vita. Quindi, dal mio punto di vista, una cupa atmosfera di decadenza pesava su queste creature convinte di rendere omaggio alla vita. In realtà recitavano una commedia grottesca, ignari di aver fatto carta straccia di quella che sembra essere la principale caratteristica dell’esser vivi, quella di procreare e trasmettere alla generazione successiva il proprio bagaglio genetico. Questo loro rotolarsi nella mota appiccicosa e ottusamente edonista del piacere assoluto, fine a se stesso, questa piena decadenza, fa in modo che si perda il senso dell’esistere, il buon senso dell’esistere. Nonostante gli sforzi intellettuali e scientifici, ignoriamo se la vita abbia un senso o meno. Però, individui capaci di osservare non si sono lasciati sfuggire comportamenti ignorati dai più: quello dei pinguini, per esempio, o delle rondini, oppure delle cicogne, che si sottopongono, da secoli, a grandi sacrifici al solo scopo della riproduzione, senza sognarsi di mettere in discussione quello che stanno facendo. Si potrebbero trarre da queste osservazioni due conclusioni: o non ci poniamo il problema, pensando saggiamente che siamo troppo piccoli, sebbene massimamente arroganti e presuntuosi, per capire, e ci lasciamo dirigere da quelle che sembrano regole valide per tutti; o ci convinciamo che la vita non ha nessun senso, e allora ci lasciamo andare a tutto quello che di mortifero, irrazionale e fatuo ci passa per la testa.  
Liberi di scegliere. Non ci sono azioni buone o cattive, ci sono azioni che hanno delle conseguenze.
Mi son detto poi, un po’ turbato dall’ambiguo pensiero: che cavolo c’entra questo con i problemi di questa povera gente costretta dalla genetica a comportarsi così, che deve gestire quotidianamente un istinto impazzito e una massa d’umani ignoranti che li biasima? Cosa c’entra con i pinguini, con le rondini e le cicogne? A queste domande non so rispondere. Sarebbe troppo facile dire che, se fossero tutti così, saremmo già scomparsi. Troppo facile dire che la grandezza esiste anche in queste devianze genetiche, con esempi di eminenti omosessuali che hanno fatto della sobrietà, dell’equilibrio, e dell’accettazione della loro condizione, motivo di serenità. Troppo facile rispondere che in ogni categoria si nascondono nobiltà e miseria. Troppo facile dire che la “specie umana” è una specie nociva e infestante, e che la Natura troverà presto il modo per liberarsene: forse questo è uno dei modi? Ma, come ripeto, queste poche righe non le ho scritte per risolvere un problema, per ora irrisolvibile, le ho scritte solo per esprimere un’emozione diversa, strana, che mi ha colpito e che ha offuscato con un velo nero una manifestazione che avrebbe voluto, nelle intenzioni, esser di vita piuttosto che di morte.

domenica 5 maggio 2019

I Miserabili



Con questa breve considerazione non voglio recensire il capolavoro di Victor Hugo, ma solo rendere partecipi di una realtà sociale, maggiormente europea, che non mi pare sia stata tenuta nella dovuta considerazione, sebbene sia talmente visibile da risultare imbarazzante. La sensazione che ci fosse qualcosa che non andava nel verso giusto, si è manifestata soprattutto nell'osservare un declino, che si può presentare con molteplici aspetti, della classe politica nel nostro Paese. Questo solo aspetto nazionale, però, non aveva avuto la capacità di riuscire a proporre un’ipotesi credibile. Poi, le elezioni avvenute di recente in Ucraina, sebbene non sia questo un Paese riconducibile alla realtà Europea; la Francia con il suo patetico presidente; i bei volti sorridenti, da attori hollywoodiani, volti da rivista di lusso, splendidi nell'aspetto nobile e curato, così come appaiono i vincitori delle ultime elezioni Spagnole, hanno contribuito a muovere il pensiero dal sospetto alla certezza. Le particolarità, le virtù di una classe politica, in genere sono di solito in sintonia con il momento storico. Se la situazione ha bisogno di individui di una certa levatura, significa che il momento è serio. Se la situazione langue nella routine, significa che il momento non è serio, e può permettersi anche personaggi di scarsa levatura. Riconoscendo come realtà oggettiva che è l’humus sociale a creare i responsabili pubblici, senza andare troppo indietro nella Storia, si può affermare che in Italia, e in Europa, abbiamo avuto, in passato, al di là del bene e del male, personalità politiche che hanno svolto il loro compito contando su indubbie qualità diplomatiche, amministrative e governative. Questi personaggi hanno gestito situazioni caratterizzate, nel secondo dopo guerra, da grandi conflitti, scontri di valori e idee, con conseguenti necessità di controllare masse sociali disordinate, alcune sulla via della consapevolezza. Ossia, in potenza, nella possibilità di prendere coscienza di sé e in seguito gestire la società secondo la loro visione del mondo. Questa pericolosa potenzialità andava controllata, gestita e resa infeconda. L’impegnativo compito è stato affidato dal Potere industriale e finanziario a politici che hanno saputo dimostrare la loro adeguatezza. La “democrazia” e la sua illusoria realizzazione sono state le armi più efficaci per eliminare certe tendenze, così come illusoria è stata la sensazione d’integrazione economica, sociale, politica. Sentirsi partecipi di un progetto che avrebbe dato origine alla piena soddisfazione di ogni singolo cittadino, ha agito come ottimo agente narcotico. Indubbio che i personaggi politici sono stati all'altezza della situazione. Hanno svolto il loro lavoro con efficacia e solerzia, tanto da giungere al successo finale. Da quel momento le condizioni sono cambiate. L’affermazione di una classe sull'altra ha, per forza di cose, posto il problema dell’aggiornamento dei programmi. La “vecchia classe dirigente” non aveva più le caratteristiche adatte per il nuovo corso che andava via via prendendo forma. Allontanata dalla direzione, era sostituita con delle prime forme ibride, che avrebbero rappresentato egregiamente quel periodo di transizione. Profili umani dove coesistevano vecchi e nuovi elementi: da un ciclo di lotta a un ciclo di rimodellamento dei ruoli. Venendo a mancare i “nemici naturali”, industria e finanza, hanno raggiunto una condizione di privilegio tale da poter esprimere, senza più condizionamenti, tutte le loro latenti patologie psichiche ossessive compulsive. Il capitale e il profitto potevano finalmente liberarsi di una mal tollerata spesa sociale, per procedere speditamente verso un accumulo fine a se stesso. La cosa più evidente che abbiamo potuto costatare, è la lenta trasformazione dei comportamenti degli individui/massa, sollecitati con sempre più perfezionate adulazioni a dimenticare, obliare il loro comportamento sociale, per concentrare l’attenzione verso suggerimenti di tipo edonistico. Questo passaggio da uno status di proto-collettivismo a uno di cieco individualismo è avvenuto in modo graduale, senza destare sospetto alcuno, agendo su diversi piani, dalla sofisticata demonizzazione dell’utopia, alle raffinate lusinghe al consumo, alla follia integrazionista multiculturale. La realtà che si è andata realizzando la possiamo distinguere non ancora nella sua completezza finale, ma nel suo buon grado di avanzamento. La realizzazione più rilevante possiamo identificarla nel comportamento degli individui, modificati nella loro quotidianità e nelle loro prospettive di vita. La variazione si può figurare come una graduale perdita di campo visivo. Da un’ampiezza capace di scorgere gli altri, a ciò che avviene intorno, si è ristretta alla sola percezione di sé e delle proprie necessità. Lo stato di disperazione non si manifesta con un volgere lo sguardo all'analisi del disagio nella sua complessità, quanto piuttosto nel cercare di sopravvivere in un habitat di cui se ne ignora la direzione, e si trasforma secondo regole oscure. Il risultato di questo degrado fisico, economico e morale, è un agitarsi affannoso nella costante angoscia di trovare di che vivere, sia essa costituita dalla ricerca di che sfamarsi, oppure dall'acquisto di superflui nuovi prodotti che offre il mercato, oppure dall'affermazione sociale attraverso comportamenti che non si avvertono come riprovevoli. Questa condizione di decadenza, dove non si registrano più grosse tensioni sociali, dove tutto è vita agonizzante, pura sopravvivenza, conservazione, cavarsela o morire, dunque, non ha più bisogno di forme e personaggi preparati a mediare fra potere reale e potere apparente, bensì di personaggi che in sintonia con ciò che li circonda, sono miserabili anch'essi. L’espediente usato delle convenzioni democratiche non ha più ragione di esistere. Il Potere reale non è eletto. Il Potere reale c’è e basta. Le direttive di carattere economico non sono decise dai governi e dai parlamenti nazionali, ma sono soltanto ratificate dai governi e dai parlamenti nazionali. Le leggi sono comandate da organismi sovranazionali, élite, circoli esclusivi, aristocrazie ristrette. Il mondo del lavoro non è più considerato come una classe antagonista con cui confrontarsi, piuttosto come una folla di individui isolati, confusi, da sfruttare a proprio piacimento. La distruzione dell’aspetto comunitario, già così fragile, è ben rappresentata dallo squallore dei politici che si alternano nella simulata conduzione del nostro Paese: miserabili nei Comuni, miserabili nelle Regioni, miserabili nelle Province, miserabili alla Camera e al Senato, miserabili al Governo, miserabili i Ministri, miserabili i Leader di partito, valenti solo ad accrescere le proprie ricchezze, e a ingannare.
Queste condizioni di pochezza sono classiche di certi periodi storici. Poi avviene qualcosa che riattiva le dinamiche sociali. È probabile che questo avverrà di nuovo, sebbene abbia la sensazione che questa che stiamo vivendo sia davvero la fase finale dell’esperienza “Homo sapiens”. Siamo al capolinea, alla fine, perché non sappiamo più esprimere qualcosa di migliore, di superiore, e non abbiamo più la possibilità di tornare indietro e riprendere a percorrere la strada giusta. In genere queste modeste analisi finiscono così, con insopportabili lamentii, senza dare almeno una prospettiva, senza indicare come poter uscire dalla situazione di miseria. Da parte mia non sarebbe poi necessario un granché per porre rimedio al dramma che stiamo vivendo, basterebbe dire la Verità. La reale condizione. Non è difficile. Se un modesto individuo è riuscito a rendersi consapevole, non vedo perché non dovrebbero riuscirci anche gli altri. Il problema è che nessuno è disposto a dire la Verità, perché dirla, significherebbe “far saltare il tappo”, con tutte le conseguenze che questo comporta. E poiché nessuno crede che siamo alla fine, il cerchio si chiude.
Nietzsche dice che l’uomo è qualcosa che va superato; un animale che non ha ancora affinato il suo istinto: ha ragione il Maestro.
Solo dopo di noi comparirà qualcosa di migliore. Forse.

1 maggio 2019
Festa del Lavoro
  

sabato 20 aprile 2019

Forme tollerabili di esistenza




Mi auguro con questa caotica confessione di prestare aiuto almeno a chi si trova nel medesimo stato d’animo. Volevo precisare, a chi interessa, sospetto quindi a pochi o a nessuno, che la mia posizione in fatto di “consumo di carne animale” è assai complessa e conflittuale. Non sono vegano, né vegetariano, mi definirei piuttosto un semivegetariano, poiché consumo con crescenti sensi di colpa pochissime “specie animali”. Non credo che forme di fanatismo controproducente possano risolvere il problema, il problema non è tale se osservato dalla parte della Natura. I predatori cacciano e uccidono per mangiare: un Gatto o una Tigre vegana mi appaiono difficili da immaginare. Credo invece di assoluta immoralità e crudeltà il sistema della “produzione intensiva” della carne, e dei suoi derivati. Tuttavia, credo che questo sia un tema non stralciabile dal grande discorso del sistema capitalistico consumistico. Se il paradigma di una società è il profitto, tutta la società sconta le conseguenze di questa malattia psichica. Persone malate di mente non possono prestare attenzione a sofferenze e dolori altrui, sia essi animali sia essi esseri umani. La mostruosità da eliminare, con le buone o con le cattive, sono dunque le produzioni intensive che riducono esseri viventi a pure esteriorità insensibili.
Vendere bistecche di maiale/vitellone/pollo a pochi euro il chilo è crudele e immorale.
Dunque, bisogna riportare la produzione a livelli di tollerabilità, realizzata da umanità responsabile e consapevole delle sofferenze. Riportare la vita di queste Creature a una forma ammissibile, accettabile, tollerabile di esistenza. Se questo poi dovesse comportare un aumento dei costi, tanto meglio, poiché significherebbe riequilibrare le abitudini alimentari di un homo sapiens sempre più grasso, flaccido, bulimico, incapace di sopravvivere e riprodursi, corrotto nei sensi, inebetito e ridotto a vuoto consumatore moribondo di animali morti fra eccessivi patimenti.

giovedì 21 marzo 2019

Quel che resta del Salvini


La dove regnano i “democratici” c’è la rapina autentica e senza fronzoli. La conosciamo la vera natura del democratici.

Lenin – 30 agosto 1919 – Fabbrica Michelson – Pietrogrado

Ho cercato di riflettere su alcune cose che mi piacevano di Salvini. Così, superato un naturale rifiuto ho cercato di indagare, nel tentativo di svelare cosa ci fosse oltre. Poco o nulla apprezzo delle posizioni politico/economico/sociali, se mai ne avesse di sue; mi ha stupito invece ascoltare che sembra consapevole delle nostre mancanze culturali. Ma la specificità più interessante, vista la prima concordanza di vedute, è stata la problematica dell’immigrazione.
L’impegno a fermare il flusso di migranti l’ho trovato apprezzabile: un raro istante di consapevolezza in un mare d’ipocrisia e interessi commerciali. L’immagine offerta è stata quella di una persona informata che il fenomeno avesse scopi occulti, diversi da quelli sbandierati. Non mi è piaciuto il consiglio di “aiutarli a casa loro”: neanche per sogno, è sempre neocolonialismo, sono loro che devono muoversi e appropriarsi di quello che ritengono utile allo sviluppo. Accanto a certe note positive, tuttavia, ho voluto approfondite delle perplessità. In Italia, si dice, ci siano cinque milioni di immigrati regolari, e non si sa quanti irregolari. Questi migranti occupano spazi lavorativi nei settori più disparati. Come mai Salvini apprezza i migranti che sono già in casa, mentre non apprezza quelli fuori di casa? Prima stranezza. Abbiamo più di cinque milioni di disoccupati e cinque milioni di immigrati, regolari, che occupano posti di lavoro. Seconda stranezza. Secondo lui dovremmo dare credito alla storiellina dei “lavori che non vogliono fare gli Italiani”.Terza stranezza. E come mai il nord est industriale è così stracolmo di migranti? Quarta stranezza.
Non è stato poi difficile elaborare queste e altre notizie/informazioni per arrivare a una possibile conclusione. La realtà è che il buon Ministro ha fatto solo ciò che si doveva fare, quello che il programma stabilisce. Per mantenere in buona salute capitale e profitto, in questa fase, non è più necessario un eccessivo flusso di migranti, soprattutto dal sud del mondo. Salvini sa bene che gli industriali da lui rappresentati hanno avuto necessità di mano d’opera a basso costo, con la conseguente rovina della classe operaia nazionale. Per mantenere bassi o bassissimi i salari, sono necessarie varie ingegnose strategie, con continui adattamenti alle situazioni in rapida evoluzione. Come quella di evitare di monopolizzare il mercato con manodopera di un’unica etnia, perché è la pluralità, le masse non omogenee che sono portate naturalmente a mettersi in competizione fra loro (conflitto orizzontale), evitando di entrare in conflitto con i datori di lavoro, (conflitto verticale). Dunque, in base a ciò, i flussi da sud diminuiscono, mentre i flussi da est si intensificano. Di fronte a tali realtà, che sfuggono o non interessano, c’è da prendere atto che l’immagine politica, anche la sua, non  è che un’artefatta rappresentazione. Oltre, c’è la pura continuità di un rigoroso disegno egemonico. Il povero Ministro non è colui che vuol salvare la patria da invasioni selvagge, perché questa invasione è già avvenuta, o deve avvenire con altre forme, e con il consenso dell’intero schieramento politico. Invece di “chiudere la stalla quando già sono scappati i buoi”, si è badato a chiudere la stalla piena di una particolare specie di “buoi”. L’importante è avere un tasso di disoccupazione utile a mantenere un “esercito salariato di riserva”, non tale però da provocare disordini o movimenti di massa e, nello stesso tempo, disseminare una micro criminalità quotidiana, così da focalizzare l’attenzione sulla propria sicurezza personale ed evitare fastidiose intromissioni nelle problematiche sociali.
Queste semplici analisi hanno disegnato una figura diversa da quella che appariva. Solo un semplice ricambio di personaggi che devono assolvere al ruolo di imbonitori, adeguati al momento e allo scopo.
Salvini non propone un diverso sviluppo sociale, è sempre il solito caduco strumento adeguato a una rigorosa continuità, a un disegno politico/economico/sociale. Una volta svolto il suo compito, riempiti i suoi “sacchi”, farà spazio a un altro personaggio, così come si sono alteranti tanti commedianti prima di lui.
In realtà per cambiare le cose, sarebbero necessari altri Uomini e altri provvedimenti, sappiamo bene quali sono, ma la cosa, adesso, non avrebbe più senso alcuno, poiché sarebbe solo allungare un’agonia irreversibile.
E questo non è solo crudele, ma anche sciocco.

domenica 17 marzo 2019

Androide



Volete sapere per quale motivo le Grete androide e le folle comandate a distanza anticambiamento climatico sono dei bluff? È presto spiegato, e con pochissime semplici argomentazioni.
Il cambiamento climatico sarebbe dovuto, secondo gli esperti, allo sfruttamento intensivo e sciagurato delle risorse della Terra. Mettiamo che questo sia vero. Lo sfruttamento cieco delle risorse della Terra è dovuto a un certo tipo di sviluppo che, senza dilungarsi troppo nel definirlo, possiamo chiamare capitalistico. Il sistema capitalista realizza la società dei consumi, che non è determinata dai bisogni reali, ma dal profitto che il capitalista ricava. Ora, se lo sfruttamento cieco è dovuto al capitale, per risolvere il problema dobbiamo combattere il capitale. Se non combattiamo il capitale significa che o non siamo consapevoli del Reale, o che vogliamo salvare “capra e cavoli”, oppure, che il capitale ha fiutato, da almeno trentanni a questa parte, che i profitti non solo si possono realizzare sporcando il mondo, ma anche ripulendolo, dopo che l’abbiamo sporcato. E in più, la storiellina dei cambiamenti climatici potrebbe essere solo una menzogna, che ha come scopo la vendita di prodotti che “inquinano” meno, poiché quelli che "inquinano" non vanno più? E se queste masse così consapevoli e sensibili sono così pronte ora a cambiare, a migliorare, a salvare, perché tempo fa sono state così ardimentose a demolire un’esperienza che avrebbe potuto davvero salvare il mondo dalla fine?
Ai posteri l’ardua sentenza.