Con questa breve considerazione non voglio
recensire il capolavoro di Victor Hugo, ma solo rendere partecipi di una realtà
sociale, maggiormente europea, che non mi pare sia stata tenuta nella dovuta
considerazione, sebbene sia talmente visibile da risultare imbarazzante. La
sensazione che ci fosse qualcosa che non andava nel verso giusto, si è
manifestata soprattutto nell'osservare un declino, che si può presentare con
molteplici aspetti, della classe politica nel nostro Paese. Questo solo aspetto
nazionale, però, non aveva avuto la capacità di riuscire a proporre un’ipotesi credibile.
Poi, le elezioni avvenute di recente in Ucraina, sebbene non sia questo un
Paese riconducibile alla realtà Europea; la Francia con il suo patetico
presidente; i bei volti sorridenti, da attori hollywoodiani, volti da rivista
di lusso, splendidi nell'aspetto nobile e curato, così come appaiono i
vincitori delle ultime elezioni Spagnole, hanno contribuito a muovere il
pensiero dal sospetto alla certezza. Le particolarità, le virtù di una classe
politica, in genere sono di solito in sintonia con il momento storico. Se la
situazione ha bisogno di individui di una certa levatura, significa che il
momento è serio. Se la situazione langue nella routine, significa che il
momento non è serio, e può permettersi anche personaggi di scarsa levatura. Riconoscendo
come realtà oggettiva che è l’humus sociale a creare i responsabili pubblici,
senza andare troppo indietro nella Storia, si può affermare che in Italia, e in
Europa, abbiamo avuto, in passato, al di là del bene e del male, personalità
politiche che hanno svolto il loro compito contando su indubbie qualità diplomatiche,
amministrative e governative. Questi personaggi hanno gestito situazioni
caratterizzate, nel secondo dopo guerra, da grandi conflitti, scontri di valori
e idee, con conseguenti necessità di controllare masse sociali disordinate,
alcune sulla via della consapevolezza. Ossia, in potenza, nella possibilità di
prendere coscienza di sé e in seguito gestire la società secondo la loro
visione del mondo. Questa pericolosa potenzialità andava controllata, gestita e
resa infeconda. L’impegnativo compito è stato affidato dal Potere industriale e
finanziario a politici che hanno saputo dimostrare la loro adeguatezza. La
“democrazia” e la sua illusoria realizzazione sono state le armi più efficaci
per eliminare certe tendenze, così come illusoria è stata la sensazione
d’integrazione economica, sociale, politica. Sentirsi partecipi di un progetto
che avrebbe dato origine alla piena soddisfazione di ogni singolo cittadino, ha
agito come ottimo agente narcotico. Indubbio che i personaggi politici sono
stati all'altezza della situazione. Hanno svolto il loro lavoro con efficacia e
solerzia, tanto da giungere al successo finale. Da quel momento le condizioni
sono cambiate. L’affermazione di una classe sull'altra ha, per forza di cose, posto
il problema dell’aggiornamento dei programmi. La “vecchia classe dirigente” non
aveva più le caratteristiche adatte per il nuovo corso che andava via via
prendendo forma. Allontanata dalla direzione, era sostituita con delle prime
forme ibride, che avrebbero rappresentato egregiamente quel periodo di transizione.
Profili umani dove coesistevano vecchi e nuovi elementi: da un ciclo di lotta a
un ciclo di rimodellamento dei ruoli. Venendo a mancare i “nemici naturali”,
industria e finanza, hanno raggiunto una condizione di privilegio tale da poter
esprimere, senza più condizionamenti, tutte le loro latenti patologie psichiche
ossessive compulsive. Il capitale e il profitto potevano finalmente liberarsi di
una mal tollerata spesa sociale, per procedere speditamente verso un accumulo
fine a se stesso. La cosa più evidente che abbiamo potuto costatare, è la lenta
trasformazione dei comportamenti degli individui/massa, sollecitati con sempre
più perfezionate adulazioni a dimenticare, obliare il loro comportamento
sociale, per concentrare l’attenzione verso suggerimenti di tipo edonistico.
Questo passaggio da uno status di proto-collettivismo a uno di cieco
individualismo è avvenuto in modo graduale, senza destare sospetto alcuno,
agendo su diversi piani, dalla sofisticata demonizzazione dell’utopia, alle raffinate
lusinghe al consumo, alla follia integrazionista multiculturale. La realtà che
si è andata realizzando la possiamo distinguere non ancora nella sua
completezza finale, ma nel suo buon grado di avanzamento. La realizzazione più rilevante
possiamo identificarla nel comportamento degli individui, modificati nella loro
quotidianità e nelle loro prospettive di vita. La variazione si può figurare
come una graduale perdita di campo visivo. Da un’ampiezza capace di scorgere
gli altri, a ciò che avviene intorno, si è ristretta alla sola percezione di sé
e delle proprie necessità. Lo stato di disperazione non si manifesta con un
volgere lo sguardo all'analisi del disagio nella sua complessità, quanto
piuttosto nel cercare di sopravvivere in un habitat di cui se ne ignora la direzione,
e si trasforma secondo regole oscure. Il risultato di questo degrado fisico,
economico e morale, è un agitarsi affannoso nella costante angoscia di trovare
di che vivere, sia essa costituita dalla ricerca di che sfamarsi, oppure dall'acquisto
di superflui nuovi prodotti che offre il mercato, oppure dall'affermazione sociale
attraverso comportamenti che non si avvertono come riprovevoli. Questa
condizione di decadenza, dove non si registrano più grosse tensioni sociali,
dove tutto è vita agonizzante, pura sopravvivenza, conservazione, cavarsela o morire,
dunque, non ha più bisogno di forme e personaggi preparati a mediare fra potere
reale e potere apparente, bensì di personaggi che in sintonia con ciò che li
circonda, sono miserabili anch'essi. L’espediente usato delle convenzioni
democratiche non ha più ragione di esistere. Il Potere reale non è eletto. Il
Potere reale c’è e basta. Le direttive di carattere economico non sono decise
dai governi e dai parlamenti nazionali, ma sono soltanto ratificate dai governi
e dai parlamenti nazionali. Le leggi sono comandate da organismi
sovranazionali, élite, circoli esclusivi, aristocrazie ristrette. Il mondo del
lavoro non è più considerato come una classe antagonista con cui confrontarsi, piuttosto
come una folla di individui isolati, confusi, da sfruttare a proprio
piacimento. La distruzione dell’aspetto comunitario, già così fragile, è ben rappresentata
dallo squallore dei politici che si alternano nella simulata conduzione del
nostro Paese: miserabili nei Comuni, miserabili nelle Regioni, miserabili nelle
Province, miserabili alla Camera e al Senato, miserabili al Governo, miserabili
i Ministri, miserabili i Leader di partito, valenti solo ad accrescere le
proprie ricchezze, e a ingannare.
Queste condizioni di pochezza sono classiche di certi
periodi storici. Poi avviene qualcosa che riattiva le dinamiche sociali. È
probabile che questo avverrà di nuovo, sebbene abbia la sensazione che questa
che stiamo vivendo sia davvero la fase finale dell’esperienza “Homo sapiens”.
Siamo al capolinea, alla fine, perché non sappiamo più esprimere qualcosa di migliore,
di superiore, e non abbiamo più la possibilità di tornare indietro e riprendere
a percorrere la strada giusta. In genere queste modeste analisi finiscono così,
con insopportabili lamentii, senza dare almeno una prospettiva, senza indicare
come poter uscire dalla situazione di miseria. Da parte mia non sarebbe poi
necessario un granché per porre rimedio al dramma che stiamo vivendo,
basterebbe dire la Verità. La reale condizione. Non è difficile. Se un modesto
individuo è riuscito a rendersi consapevole, non vedo perché non dovrebbero
riuscirci anche gli altri. Il problema è che nessuno è disposto a dire la
Verità, perché dirla, significherebbe “far saltare il tappo”, con tutte le
conseguenze che questo comporta. E poiché nessuno crede che siamo alla fine, il
cerchio si chiude.
Nietzsche dice che l’uomo è qualcosa che va superato;
un animale che non ha ancora affinato il suo istinto: ha ragione il Maestro.
Solo dopo di noi comparirà qualcosa di migliore.
Forse.
1 maggio 2019
Festa del Lavoro
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