Nessuno ha mai capito
niente delle donne, perché non c’è niente da capire.
Friedrich
Nietzsche
Devo confessare che per molti
anni, compresi fra infanzia e prima adolescenza, non vedevo il mondo femminile come
un mondo a sé, separato e misterioso, era solo un modo diverso di essere, con
le sue regole, riti, chiare e importanti funzioni. Questa realtà non mi creava
troppi problemi ed era ben integrato nella quotidianità. Le cose sono iniziate
a cambiare quando si è presentata la necessità di trovare una “Compagna” per condividere
la vita, così da rispettare la Natura che da sempre, d’improvviso, accende
tormenti che sembrano poi essere soltanto dei subdoli espedienti per assicurare
la continuità della specie. La cosa non è stata così drammatica come tanti la
disegnano. Succede a molti d’incontrare subito la persona giusta. Per me è
stato così. Con Lei non ci sono stati grossi problemi, solo un po’ dovuti
all’inesperienza, un po’ con i genitori, un po’ per la peculiare bestialità che
caratterizza noi “maschi”. Aspetti sgradevoli che Lei ha immediatamente messo
in chiaro e smussato a dovere, plasmandomi come meglio ha creduto. Un delizioso
assillo quotidiano.
Dunque, questo breve articolo non
parla di fantascienza, come suggerirebbe il titolo, rubato dal famoso romanzo
di H. G. Wells, ripreso poi in chiave becero antiComunista nel film omonimo del
1953, regia di B. Haskin. Queste poche parole avrebbero l’intenzione, forse
meglio l’illusione, di contribuire a rendere meno oscuro il tema dell’oggettiva
incompatibilità fa Uomo e Donna. No, questo è eccessivo, meglio dire incomprensibilità
fra “maschi” e “femmine”, una certa mancanza di chiarezza che caratterizza
determinati rapporti umani.
Devo dire che l’argomento non mi
è mai interessato troppo. La “femmina” che ho incontrato da “piccolo” è stata l’unica
a monopolizzare per tanti anni l’attenzione. Oggi è più o meno la stessa cosa.
Nonostante ciò, oltre la sfera protettiva inconsciamente creata, il mondo fuori
esiste e, bene o male, con esso ho dovuto e devo fare i conti. Un mondo invadente,
subdolo, malvagio.
L’impressione che le cose fossero
diverse da come le avevo in modo innocente archiviate, ricorrendo alle limitate
conoscenze, è sopraggiunta per caso, sfogliando una rivista, in un momento di
colpevole leggerezza, rivelatasi fatale. Fra le pagine c’era un articolo, con
relativo servizio fotografico di un personaggio dello spettacolo noto:
Alessandro Gassman, figlio di un altro personaggio dello spettacolo notissimo.
Le foto dell’attore mi hanno suscitato uno spontaneo moto di sorpresa. “Poveraccio…”
mi sono detto, “ma è proprio brutto brutto, povero disgraziato. Com’è stata
possibile questa sciagura. I genitori mi sembra che fossero persone piacevoli.
Bah, vai a capire la genetica.” Ho concluso ignaro.
La sera stessa, a cena, così per
parlare di qualcosa, ho portato a conoscenza mia Moglie e mia Figlia della
curiosa constatazione del mattino.
Non avrei mai immaginato che quest’osservazione
avrebbe spalancato per me le porte dell’Inferno. Mai immaginato che “l’errore”
mi avrebbe indirizzato verso un sentiero disseminato d’inquietanti misteri.
“Brutto!” Mi hanno aggredito
entrambi con gli occhi fiammeggianti d’odio. “Gassman brutto? Ma sei diventato
scemo per caso.” Inutile, a questo punto, è risultato il patetico tentativo di
contestualizzare la sensazione. Sono stato redarguito a colpi d’inequivocabile “invidia”,
di chiara “insensatezza” e lampante mancanza di “senso estetico”, tutte cose di
cui, senza saperlo, sarei affetto. Ho capito piuttosto in fretta, per mia
fortuna, che non era il caso di continuare sulla strada della “tesi, antitesi,
sintesi”, poiché questa antica forma di discussione è valida solo fra maschi. La
drammatica esperienza mi ha fatto intuire che, probabilmente, l’idea di
bellezza e bruttezza è un concetto variabile. Che tanti altri fattori ci
differenziano, tanto da oscurare non solo i risultati ma anche le fonti, ossia istinti,
emozioni e sensazioni che fanno maturare le differenze.
Invitato a valutare con più
equilibrio e sensatezza, l’ulteriore indagine non mi ha fornito elementi nuovi,
nessuna variazione di giudizio, nessun rivelato impulso negativo nei suoi
confronti: per me Alessandro Gassman era e resta un mediocre attore, simpatico,
cordiale, ma decisamente “brutto poveraccio”. Non posso farci niente.
La scoperta non ha cambiato la
mia vita, certo, però ha generato una sorta di nuova diffidenza verso questa spesso
sacralizzata “altra metà del cielo”. Uno stimolo a considerare in modo diverso,
più approfondito, con valutazioni diverse l’universo femminile. Ho archiviato
l’episodio solo momentaneamente, ignaro che il tempo mi avrebbe portato altri
elementi utili alla comprensione, elementi che potrebbero apparire estranei al
discorso.
Chi si impegna in qualche forma
d’arte sa bene che l’ispirazione, ossia quell’improvvisa luce che si accende
sotto forma di opera letteraria o dipinto, oppure scultura, è davvero qualcosa
di misterioso. Sono state scritte pagine e pagine su quest’argomento, tante ipotesi,
ma la “verità” non è mai stata neanche sfiorata, mi sembra. Analogo discorso
per l’intuizione, ancora nessuno ha fornito efficaci spiegazioni, c’è chi la
crede addirittura opera di dio… dio, ma figuriamoci! Va da sé, però, che fra
chi studia per trovare risposte alle tante domande, questo improvviso accendersi
di una luce, lì dove c’era buio pesto, solo un groviglio di dubbi, ha davvero
del miracoloso. Non si sa perché ma succede. Queste intuizioni sono avvenute
più volte nella mia vita. Nel caso in questione è avvenuta mentre passeggiavo,
cercando di sciogliere l’ansia dovuta a una faccenda che sembrava minacciare il
mio oramai limitato futuro. Avevo avuto una violenta discussione con una “persona
cara”. Niente di drammatico, per carità, ma le sue posizioni mi apparivano
talmente indecifrabili che il tentativo di comprensione lo avvertivo superiore alle
mie capacità. Come faccio sempre in questi casi ho chiesto aiuto a dei
riferimenti affettivi. I loro contributi, tuttavia, sebbene sinceri e preziosi,
non mi pare che contenessero argomenti validi a dipanare la matassa d’inconciliabilità
che pesano sulle scelte della “persona cara”. Accanto a ciò, un’altra esperienza
condizionava la mia vita. Alcuni comportamenti, argomenti, posizioni teoriche e
pratiche cui avevo affidato il compito di chiarire il mio pensiero, sembravano
disturbare una contenuta platea di persone. Sebbene afflitte da svariate
problematiche portatrici di ansie e sofferenze, le loro analisi mi apparivano troppo
superficiali, inefficaci a risolvere tali tormenti. L’argomento più semplice e
immediato, ossia l’analisi delle difficoltà, come di solito avviene fra persone
consapevoli, non aveva portato a sostanziali risultati. La sensazione che ci
fosse un “qualcosa” che impediva alla logica di trionfare era palese, sebbene
quel “qualcosa” fosse di difficile identificazione.
Per quale motivo in altre
situazioni analoghe le cose hanno sempre avuto esiti felici e senza intoppi,
mentre in queste situazioni no?
Mai avrei immaginato che quelle
complicazioni fossero l’annuncio di un temporale di proporzioni considerevoli.
Da quel momento in poi le cose non hanno fatto che peggiorare. Senza rendermi
conto delle conseguenze immediate di questo non intendere, la sensibilità verso
tutta una serie di sottolineature che casualmente si andavano accumulando su di
me, sul mio modo d’agire e di pensare, diventavano sempre più condizionanti.
Piano piano, dubbio dopo dubbio,
ho iniziato a posarmi sul viso insospettate maschere d’eccessive cautele,
prudenze, irresolutezze che impedivano di comportarmi come di solito ho sempre
fatto. Quella persona si offenderebbe se parlo in un certo modo. Quell’altra è
sensibile a particolari argomenti. Un’altra si chiude in se stessa se parlo dei
suoi problemi. Poi c’è quella a cui appari poco educato… quella che ti sente
distante… quella che ti ha allontanato in malo modo.
“Tu hai dei problemi amico mio!”.
“Non ti rendi conto di quello che dici!”. “Ma no, non ti è mai importato molto
di me!”. “Beh, io sono così, se pensi di adeguarti bene, altrimenti…”. “Con simili
idee con me hai chiuso!”. “Esci in fretta da quest’aula, tu non sei adatto a
partecipare…”. “Guarda di non dire più quelle cose!”
Con questo variegato bagaglio di
reazioni, quasi tutte con aggressivi punti esclamativi finali, la mia già
scarsissima autostima sembrava navigare su un mare di rovine.
Come mai, giunto all’età senile
con la convinzione che non potevo ritenermi un individuo così spaventoso,
imprevista arriva la crudele correzione che invece lo sei?
Questa era la domanda a cui non
riuscivo a dare risposta. Tutta una vita spesa nel tentativo di migliorare,
correggere, superare se stesso, poi d’improvviso arriva il crollo dell’oramai
assiomatica persuasione. Quest’ipotesi mi
lacerava in modo tale da fissarmi come fossi diventando pazzo.
No, neanche la Compagna di tutta
una vita mi era d’aiuto, in questa circostanza. Anzi, nell’ultima occasione
prima della liberatoria rivelazione mi aveva rimproverato dicendomi: “È colpa
tua, avresti dovuto capire subito!” Con riferimento a un foglietto
pubblicitario che garantiva un servizio poi rivelatosi falso. Come? Il
foglietto racconta bugie ed io sono colpevole di non averlo capito? Non sarebbe
più logico dire che il messaggio è opera di “una” poco di buono?
È la classica goccia che fa
traboccare il vaso.
Ricordo bene dov’ero quando la salvifica
intuizione mi ha svelato, sollevandomi prontamente dall’affanno, che tutte le
situazioni che stavo vivendo avevano un dato comune che non ero riuscito a
cogliere. Ero seduto sulla panchina di un parco pubblico. Un attimo in cui il sole
aveva fatto capolino fra le nubi. Una luce: non mi ero accorto, non mi ero reso
conto che tutte le situazioni ambigue che stavo vivendo, che si erano in modo
sinistro accumulate in così poco spazio di tempo, erano tutte originate da
rapporti con “femmine”.
“Accidenti!” Ho sussurrato
stupito e sorpreso. Come ho fatto a non individuare subito questo evidente
elemento. In un attimo ho provato il medesimo piacere provato da tanti
individui assai più grandi di me, confortati da analoga esperienza. I conflitti
e le conseguenti pene erano dunque provocati da problematiche importanti, senza
dubbio, la cui soluzione però l’avevo affidata a consuetudini che sono valide nei
rapporti fra “maschi”, non fra “maschi” e “femmine”. Mi sentivo d’improvviso sollevato.
Le tante figure che avevano complicato la mia vita, mettendo in crisi
addirittura vecchie certezze, in un istante erano diventate una semplice constatazione.
Sempre a corto di autostima, per una conferma, ho pensato di riferire l’esperienza
e la relativa intuizione a un amico fraterno. Amico fraterno cui la quarantennale
conoscenza dei miei pregi e dei miei difetti l’ha portato ad apostrofare con
amorevole comprensione la mia inesauribile ingenuità.
“Ma è sempre stato così.” Mi ha
detto con un benevolo sorriso sulle labbra.
“Beh, può essere che sia sempre
stato così, tuttavia io non mi sono mai accorto che fosse del tutto impossibile
capirle.”
Come in genere si fa, successivo alla
rivelazione, ho tentato un approfondimento ricorrendo alla ragione. Non
riuscivo a rassegnarmi. Una cosa era certa, la difficoltà era davvero evidente
solo con “femmine”; nonostante cercassi nel mio passato un’analoga esperienza con
“maschi” proprio non riuscivo a trovarlo. Dovevo per forza accettare
l’evidenza. In seguito mi sono venuti in mente altri elementi utili da valutare
in modo diverso. Per esempio avevo notano, ma non tenuto conto, di quel diverso
modo di comportarsi in un supermercato. I “maschi” in genere camminano dritti
per la corsia centrale, quando scorgono l’oggetto di loro interesse si
inoltrano fra gli scaffali, si soffermano un istante, esaminano, poi tornano
nella corsia contrale. Un’immaginaria linea retta, dunque, guida i loro gesti.
Le “femmine”, invece, non seguono affatto questa prassi. Escono dalla corsia centrale
per inoltrarsi fra gli scaffali disegnando una linea contorta, tanto da
perdersi fra le diverse merci e non far più ritorno. Solo in quel momento mi rendevo
conto delle tante volte in cui la mia Compagna, durante le nostre spese, l’ho
considerata persa, preda anche Lei della “congenita linea contorta”.
La rivelazione produceva
inevitabili conseguenze. Preso atto che il mio comportamento si stava inconsapevolmente
modificato. Riuscendo a identificare che i conflitti erano generati da un
irrisolvibile conflitto già individuato e analizzato senza soluzione alcuna da
tanti Maestri. Assodato che il disagio si traduceva in una modifica dei propri
comportamenti, sembrava evidente che la soluzione escogitata dall’istinto era
del tutto inadeguata. Questa nobile dinamica è valida se lo “smussarsi" è
preceduto da una reale scoperta di proprie manchevolezze. Questo significa
crescere e migliorarsi, e questo sprone è validamente indotto soprattutto dalle
Donne. Ma quando il modificare i propri comportamenti è dovuto a una rinuncia
alle proprie idee e alle proprie valutazioni della realtà, allora questo non è
crescere, ma un modificarsi senza carattere, un difettare di una propria
“verità”, un essere privo di un nostro personale “bene e male”. Riuscire a
intuire tramite un’ispirazione che le cose si trovano in certo modo, risolve
un’inquietudine ma non risolve il problema, proprio perché il problema è
irrisolvibile. Scoprire che le “femmine” geneticamente sono portate alle lunghe
riflessioni e difettano di decisione è un fatto. Come scoprire che i “maschi”
sono portati a decidere senza riflettere troppo è un altro fatto. Ovvio che
queste predisposizioni se controllate producono cose buone, se mal controllate
producono cose cattive. Personalmente in questa fase della Vita l’esperienza mi
ha portato a dover valutare i singoli rapporti e le singole problematiche, nel
tentativo di scoprire quali sono le modifiche possibili e quelle assurde, ben
consapevole, questo sì, che corazze comportamentali e violenze alla propria natura
caratteriale e alle proprie risorse intellettuali portano a ben conosciute e
sperimentate dure conseguenze. E allora, se un difetto va
senz’altro corretto, un’opinione ben motivata va difesa, con ostinazione se
occorre, anche a costo di risultare sgradito a un pubblico femminile. Così come
anche a un pubblico maschile, se occorre.
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