In un articolo pubblicato sul mio Blog un po’ di tempo fa,
ho cercato di portare avanti un’idea. In particolare ipotizzavo che nelle
diverse scienze umane come la storia, o la filosofia, oppure l’economia, ognuno
ha la possibilità di trovare quello che inconsciamente va cercando, secondo una
personale predisposizione materiale e spirituale nei confronti della realtà. L’intuizione
è nata in un centro commerciale, mentre aspettavo mia Moglie e mia Figlia
impegnate per degli acquisti. Davanti a me c’era un grande spazio giochi
dedicato ai bambini, lasciati lì parcheggiati da alcuni sciagurati genitori.
Qualcuno si divertiva molto in un grande scatolone, dove c’erano tante palline
di plastica colorate. Quindi, l’ipotesi che ho formulato osservandoli, è che la
nostra storia, e la nostra vita, sono come quello scatolone pieno di palline di
tutti i colori: ognuno di noi vivendo, riflettendo e studiando, distingue e
sceglie di prevalenza il suo colore preferito. C’è da aggiungere a questo non
trascurabile elemento, che la storia è un po’ come un puzzle di cui si sono
smarriti, secondo i periodi storici, una percentuale alta o bassa di “pezzi”
(le tesserine che compongono la figura). A questi elementi accidentali c’è da
sommare poi l’intervento colpevole dell’uomo, che avendo necessità di favorire
o avversare questo o quell’avvenimento o personaggio, ha enfatizzato ciò che
faceva comodo e provveduto a cancellare ciò che non faceva comodo. Insomma, nel
complesso, della storia fra non conoscenze, invenzioni, falsità, tratti di
penna, possiamo dire che se ne conosce ben poca di verità, qualora esistesse
poi una Verità. Questo vale più o meno anche per le altre materie.
Con questi scarsi elementi in mano, c’è chi si è azzardato a
sostenere la tesi che è tutto un progredire dello Spirito verso la perfezione;
chi ha visto invece solo nella Materia e nelle esigenze economiche il motore
dell’agire; chi ha innalzato le Masse Operaie a predestinate alla beatitudine,
chi a visto le èlite come uniche portatrici di sviluppo, chi invece gli
individui. C’è chi ha creduto di distinguere una continua lotta di classe, chi
una continua lotta di popoli, chi invece una continua lotta di razze; chi ha
qualificato come assoluti il denaro e chi la gloria, chi ha pensato addirittura
alla sola sessualità come sorgente d’ogni felicità o d’ogni infelicità. Insomma,
ognuno di noi in conformità a com’è strutturato distingue una certa pallina
colorata nel grande scatolone.
Anche in questa occasione di riflessione, che ho definito “Certi
destini”, mi è parso di distinguere una particolare tradizione di individui che
da sempre, in pratica, ha creduto opportuno distinguersi dalle maggioranze come
personaggi insofferenti e fastidiosi.
Vedrò di chiarire come posso la singolare sensazione.
L’Homo sapiens, così da come si è espresso finora, sembra emergere
non certo per la sua pretesa superiorità quanto per la sua manifesta inadeguatezza.
L’idea che egli sia il massimo risultato dell’evoluzione è una scemenza cui
bisogna credere, per non esser esclusi dalla società e dalla vita d’ogni giorno.
L’idea che un dio da lui stesso inventato lo abbia eletto padrone della Natura,
è stato l’espediente teorico responsabile della rovina sua e dell’ambiente in
cui lui stesso vive: un autentico atto di protervia suicida. Ponendosi come
Essere “creato a immagine e somiglianza di dio”, si è posto al di fuori di
quelle leggi, misteri e sacralità della Natura che sono alla base di una
indispensabile, necessaria armonia con il Tutto. Da quello che si intuisce,
l’Homo sapiens ha rovesciato i termini del discorso non solo in materia
religiosa ma anche scientifica: invece di considerarsi “ultimo arrivato” quindi
il meno perfetto, si è eletto a “ultimo arrivato” quindi il più perfetto, anche
in questo caso una provvidenziale osservazione scientifica trasformata in dogma
per necessità economiche e politiche contingenti. Da questo guazzabuglio di
scempiaggini, d’idee deliranti, di menzogne e di piccole evidenze, c’è una cosa
che sembra emergere con una certa frequenza e attendibilità: che la quasi
totalità degli individui vive secondo condizionamenti materiali e spirituali,
sociali e individuali caratterizzati da comportamenti solo a livello teorico morale
considerati negativi. Non mi inoltro nel complicato discorso della “natura
umana”, non mi sento così arrogate e presuntuoso da intervenire nella
discussione accanto ai grandi della storia. Anche perché nessuno di loro è mai riuscito
a chiarire in modo esaustivo e universale cosa sia questa “natura umana”, così
da apparire sempre come un qualcosa di aleatorio, sfuggente e discutibile.
Vorrei solo indicare, così, in modo empirico, una serie di istinti, sentimenti,
desideri che sembrano avere una loro particolare tendenza a sfociare nella
decadenza, nella corruzione e nella dissolutezza: l’istinto aggressivo, l’orgoglio, l’egoismo, la vanità, la
crudeltà, l’innata disposizione al potere prevaricante, alla sopraffazione, all’accumulo
di ricchezza originato da una deformità psicopatologica, l’esercizio del potere che sfocia nel sopruso
e nella tirannia, la comunità che sfocia nel becero individualismo, la
sessualità che diventa depravazione; insomma, quelle che sembrano essere le nostre
caratteristiche, “l’umano”, si logorano trasformandosi senza scampo in “troppo
umano”. Da questo non conoscere i propri limiti, da queste
positività/negatività, da questo vivere bene/male, da questa consapevolezza/inconsapevolezza,
da questo tutto e il contrario di tutto, spuntano fuori strani personaggi che definirei
appunto “Certi destini”. Questi sventurati individui sembra che avvertano la
pressante necessità di indicare quale sia, o meglio ritengono che sia, “il
Male” dell’uomo e indicano poi quali sono le vie per rimediare a tutto questo,
quello che Loro interpretano come “il Bene”. Loro hanno codificato tutta una
serie di scostamenti dal vivere corretto, ad esempio, solo per citarne alcuni: odio, ira, orgoglio, invidia, fornicazione,
impurità, lascivia; assassini, ladri, ubriachi, avari, invidiosi, lussuriosi, ingordi,
accidiosi e via via scorrendo. Non mi sembra il caso di fare un elenco,
nome e cognome, di questi personaggi, chi non li conosce non ha interesse a
questo discorso, chi li conosce sa bene di chi stiamo parlando. In genere, a
seconda dei tempi, dei luoghi e della cultura imperante, dicevano quasi la
stessa cosa, con forme e tecniche espressive diverse ma sostanzialmente avvertendo
che il modo di vita che si stava conducendo era un modello di vita sbagliato,
che avrebbe condotto a tragiche conseguenze. La cosa molto curiosa è che queste
tragiche conseguenze si sono puntualmente verificate, ma che non sembra siano
servite a insegnare a chi è venuto dopo un comportamento più saggio e
responsabile. In definitiva questi “poveri disgraziati”, messi in croce,
ammazzati, sbattuti nelle peggiori galere, ridicolizzati, emarginati e fatti
morire di stenti, hanno ricevuto sempre il medesimo trattamento. Il fattore di
per sé risibile e sconcertante è che quelli che hanno messo in pratica i più
svariati modi per dissuaderli, convincerli, credevano che il loro fosse il solo
modo possibile di vivere, anche con le negatività che ho indicato. Da questo
piccolo quadro parziale si può tentare di ipotizzare che la vita dell’Homo sapiens, non sia quel
sentiero chiaro e sicuro che caratterizza invece le altre forme di vita più
evolute della nostra. Se c’è un comune modo di vivere che trascura o ignora certi
fattori negativi e dall’altra un richiamo acuto a considerare questi fattori
negativi, le possibilità di riflessione si aprono a ventaglio. Le combinazioni
che potremmo trarre da questa contraddizione sono così tante da provocare un
certo disagio al solo pensare di esaminarle tutte. Da qui la necessità di
ridurre la problematica, se poi problematica c’è, a un solo fattore esemplificativo,
tuttavia di per sé comunque emblematico.
Un esempio molto
semplice, dunque, tanto per chiarire il vicolo cieco in cui si trovano pensiero
e azione dell’uomo. Uno dei tanti famosi scomodi personaggi cui la società ha
dovuto tenere testa è certamente Francesco d’Assisi. Ora questo signore sembra
che abbia detto delle cose piuttosto importanti e nello stesso momento semplici
nel condannare quello che lui ritiene un brutto modo di vivere e quello che ritiene
un bel modo di vivere. Per lui la salvezza è possibile comportandosi in un
certo modo, definibile come sobrio, in piena sintonia con i ritmi e le regole
della Natura. La società, invece, quella che era intorno a lui e quella che si
è ultra-sviluppata intorno a noi, non è altro che la negazione assoluta del suo
messaggio, confermato dal caloroso abbraccio che l’umanità ha attribuito al
Padre di Francesco, commerciante e ricco. La vita è piena di questi “illusi”
che tracciano metafisiche possibilità di vivere in un modo ritenuto migliore. Perché
il problema è tutto in quel particolare “ritenuto migliore.” Ora, l’averlo
fatto Santo è la prova che la sua esperienza è stata considerata, da tutti, estranea
alle normali potenzialità dell’Homo sapiens, oppure potremmo definirlo come un
Uomo che è riuscito a scampare dall’abisso del Nulla, ma che non è riuscito a
“salvare” l’umanità?
Forse Francesco
aveva ragione e suo Padre torto. Forse Francesco aveva torto e suo Padre
ragione.
Forse il nostro
modo di vivere non è poi così diverso dagli animali che ci vivono intorno.
Forse il nostro modo di vivere è molto differente dagli animali che ci vivono
intorno. Forse non siamo come specie in condizioni di sopravvivere, considerati
i nostri difetti. Forse siamo come specie in condizioni di sopravvivere,
considerati i nostri difetti. Forse questi Esseri diversi tracciano Utopie
perché non sanno vivere in un mondo reale. Forse questi Esseri diversi
tracciano Utopie perché sanno bene come finirà questo mondo reale. Forse questi
Esseri vedono di più. Forse questi Esseri vedono ciò che esiste solo dentro di
loro.
Non abbiamo
nessuna possibilità concreta di sapere come sono andate le cose, come sono le
cose e meno che mai come andranno le cose. Quindi l’unica possibilità è
affidarsi all’istinto, e l’istinto consiglia di non nutrire troppa fiducia in
ciò che quest’umanità di malati e di morenti tenta di far credere, ma di aver
fiducia, come Organismi Piccini consapevoli di esserlo, nelle indubbie, queste
sì, capacità della Natura di concedere la vita a chi trova spazio per vivere e
negarla a chi non è degno di vivere.