Blog di MASSIMO PERINELLI, scrittore che proporre in lettura alcune sue opere letterarie; così come articoli di letteratura, politica, filosofia, testi che dovrebbero favorire un confronto sui diversi temi del vivere. Nulla di più che un estremo tentativo, nato da una residua fiducia nelle possibilità che hanno gli individui di comunicare. In fondo solo un "grido muto", segno di una dignitosa emarginazione.

giovedì 26 agosto 2021

CERTI DESTINI

 In un articolo pubblicato sul mio Blog un po’ di tempo fa, ho cercato di portare avanti un’idea. In particolare ipotizzavo che nelle diverse scienze umane come la storia, o la filosofia, oppure l’economia, ognuno ha la possibilità di trovare quello che inconsciamente va cercando, secondo una personale predisposizione materiale e spirituale nei confronti della realtà. L’intuizione è nata in un centro commerciale, mentre aspettavo mia Moglie e mia Figlia impegnate per degli acquisti. Davanti a me c’era un grande spazio giochi dedicato ai bambini, lasciati lì parcheggiati da alcuni sciagurati genitori. Qualcuno si divertiva molto in un grande scatolone, dove c’erano tante palline di plastica colorate. Quindi, l’ipotesi che ho formulato osservandoli, è che la nostra storia, e la nostra vita, sono come quello scatolone pieno di palline di tutti i colori: ognuno di noi vivendo, riflettendo e studiando, distingue e sceglie di prevalenza il suo colore preferito. C’è da aggiungere a questo non trascurabile elemento, che la storia è un po’ come un puzzle di cui si sono smarriti, secondo i periodi storici, una percentuale alta o bassa di “pezzi” (le tesserine che compongono la figura). A questi elementi accidentali c’è da sommare poi l’intervento colpevole dell’uomo, che avendo necessità di favorire o avversare questo o quell’avvenimento o personaggio, ha enfatizzato ciò che faceva comodo e provveduto a cancellare ciò che non faceva comodo. Insomma, nel complesso, della storia fra non conoscenze, invenzioni, falsità, tratti di penna, possiamo dire che se ne conosce ben poca di verità, qualora esistesse poi una Verità. Questo vale più o meno anche per le altre materie.

Con questi scarsi elementi in mano, c’è chi si è azzardato a sostenere la tesi che è tutto un progredire dello Spirito verso la perfezione; chi ha visto invece solo nella Materia e nelle esigenze economiche il motore dell’agire; chi ha innalzato le Masse Operaie a predestinate alla beatitudine, chi a visto le èlite come uniche portatrici di sviluppo, chi invece gli individui. C’è chi ha creduto di distinguere una continua lotta di classe, chi una continua lotta di popoli, chi invece una continua lotta di razze; chi ha qualificato come assoluti il denaro e chi la gloria, chi ha pensato addirittura alla sola sessualità come sorgente d’ogni felicità o d’ogni infelicità. Insomma, ognuno di noi in conformità a com’è strutturato distingue una certa pallina colorata nel grande scatolone.

Anche in questa occasione di riflessione, che ho definito “Certi destini”, mi è parso di distinguere una particolare tradizione di individui che da sempre, in pratica, ha creduto opportuno distinguersi dalle maggioranze come personaggi insofferenti e fastidiosi.

Vedrò di chiarire come posso la singolare sensazione.

L’Homo sapiens, così da come si è espresso finora, sembra emergere non certo per la sua pretesa superiorità quanto per la sua manifesta inadeguatezza. L’idea che egli sia il massimo risultato dell’evoluzione è una scemenza cui bisogna credere, per non esser esclusi dalla società e dalla vita d’ogni giorno. L’idea che un dio da lui stesso inventato lo abbia eletto padrone della Natura, è stato l’espediente teorico responsabile della rovina sua e dell’ambiente in cui lui stesso vive: un autentico atto di protervia suicida. Ponendosi come Essere “creato a immagine e somiglianza di dio”, si è posto al di fuori di quelle leggi, misteri e sacralità della Natura che sono alla base di una indispensabile, necessaria armonia con il Tutto. Da quello che si intuisce, l’Homo sapiens ha rovesciato i termini del discorso non solo in materia religiosa ma anche scientifica: invece di considerarsi “ultimo arrivato” quindi il meno perfetto, si è eletto a “ultimo arrivato” quindi il più perfetto, anche in questo caso una provvidenziale osservazione scientifica trasformata in dogma per necessità economiche e politiche contingenti. Da questo guazzabuglio di scempiaggini, d’idee deliranti, di menzogne e di piccole evidenze, c’è una cosa che sembra emergere con una certa frequenza e attendibilità: che la quasi totalità degli individui vive secondo condizionamenti materiali e spirituali, sociali e individuali caratterizzati da comportamenti solo a livello teorico morale considerati negativi. Non mi inoltro nel complicato discorso della “natura umana”, non mi sento così arrogate e presuntuoso da intervenire nella discussione accanto ai grandi della storia. Anche perché nessuno di loro è mai riuscito a chiarire in modo esaustivo e universale cosa sia questa “natura umana”, così da apparire sempre come un qualcosa di aleatorio, sfuggente e discutibile. Vorrei solo indicare, così, in modo empirico, una serie di istinti, sentimenti, desideri che sembrano avere una loro particolare tendenza a sfociare nella decadenza, nella corruzione e nella dissolutezza: l’istinto aggressivo, l’orgoglio, l’egoismo, la vanità, la crudeltà, l’innata disposizione al potere prevaricante, alla sopraffazione, all’accumulo di ricchezza originato da una deformità psicopatologica, l’esercizio del potere che sfocia nel sopruso e nella tirannia, la comunità che sfocia nel becero individualismo, la sessualità che diventa depravazione; insomma, quelle che sembrano essere le nostre caratteristiche, “l’umano”, si logorano trasformandosi senza scampo in “troppo umano”. Da questo non conoscere i propri limiti, da queste positività/negatività, da questo vivere bene/male, da questa consapevolezza/inconsapevolezza, da questo tutto e il contrario di tutto, spuntano fuori strani personaggi che definirei appunto “Certi destini”. Questi sventurati individui sembra che avvertano la pressante necessità di indicare quale sia, o meglio ritengono che sia, “il Male” dell’uomo e indicano poi quali sono le vie per rimediare a tutto questo, quello che Loro interpretano come “il Bene”. Loro hanno codificato tutta una serie di scostamenti dal vivere corretto, ad esempio, solo per citarne alcuni: odio, ira, orgoglio, invidia, fornicazione, impurità, lascivia; assassini, ladri, ubriachi, avari, invidiosi, lussuriosi, ingordi, accidiosi e via via scorrendo. Non mi sembra il caso di fare un elenco, nome e cognome, di questi personaggi, chi non li conosce non ha interesse a questo discorso, chi li conosce sa bene di chi stiamo parlando. In genere, a seconda dei tempi, dei luoghi e della cultura imperante, dicevano quasi la stessa cosa, con forme e tecniche espressive diverse ma sostanzialmente avvertendo che il modo di vita che si stava conducendo era un modello di vita sbagliato, che avrebbe condotto a tragiche conseguenze. La cosa molto curiosa è che queste tragiche conseguenze si sono puntualmente verificate, ma che non sembra siano servite a insegnare a chi è venuto dopo un comportamento più saggio e responsabile. In definitiva questi “poveri disgraziati”, messi in croce, ammazzati, sbattuti nelle peggiori galere, ridicolizzati, emarginati e fatti morire di stenti, hanno ricevuto sempre il medesimo trattamento. Il fattore di per sé risibile e sconcertante è che quelli che hanno messo in pratica i più svariati modi per dissuaderli, convincerli, credevano che il loro fosse il solo modo possibile di vivere, anche con le negatività che ho indicato. Da questo piccolo quadro parziale si può tentare di ipotizzare che la vita dell’Homo sapiens, non sia quel sentiero chiaro e sicuro che caratterizza invece le altre forme di vita più evolute della nostra. Se c’è un comune modo di vivere che trascura o ignora certi fattori negativi e dall’altra un richiamo acuto a considerare questi fattori negativi, le possibilità di riflessione si aprono a ventaglio. Le combinazioni che potremmo trarre da questa contraddizione sono così tante da provocare un certo disagio al solo pensare di esaminarle tutte. Da qui la necessità di ridurre la problematica, se poi problematica c’è, a un solo fattore esemplificativo, tuttavia di per sé comunque emblematico.

Un esempio molto semplice, dunque, tanto per chiarire il vicolo cieco in cui si trovano pensiero e azione dell’uomo. Uno dei tanti famosi scomodi personaggi cui la società ha dovuto tenere testa è certamente Francesco d’Assisi. Ora questo signore sembra che abbia detto delle cose piuttosto importanti e nello stesso momento semplici nel condannare quello che lui ritiene un brutto modo di vivere e quello che ritiene un bel modo di vivere. Per lui la salvezza è possibile comportandosi in un certo modo, definibile come sobrio, in piena sintonia con i ritmi e le regole della Natura. La società, invece, quella che era intorno a lui e quella che si è ultra-sviluppata intorno a noi, non è altro che la negazione assoluta del suo messaggio, confermato dal caloroso abbraccio che l’umanità ha attribuito al Padre di Francesco, commerciante e ricco. La vita è piena di questi “illusi” che tracciano metafisiche possibilità di vivere in un modo ritenuto migliore. Perché il problema è tutto in quel particolare “ritenuto migliore.” Ora, l’averlo fatto Santo è la prova che la sua esperienza è stata considerata, da tutti, estranea alle normali potenzialità dell’Homo sapiens, oppure potremmo definirlo come un Uomo che è riuscito a scampare dall’abisso del Nulla, ma che non è riuscito a “salvare” l’umanità?

Forse Francesco aveva ragione e suo Padre torto. Forse Francesco aveva torto e suo Padre ragione.

Forse il nostro modo di vivere non è poi così diverso dagli animali che ci vivono intorno. Forse il nostro modo di vivere è molto differente dagli animali che ci vivono intorno. Forse non siamo come specie in condizioni di sopravvivere, considerati i nostri difetti. Forse siamo come specie in condizioni di sopravvivere, considerati i nostri difetti. Forse questi Esseri diversi tracciano Utopie perché non sanno vivere in un mondo reale. Forse questi Esseri diversi tracciano Utopie perché sanno bene come finirà questo mondo reale. Forse questi Esseri vedono di più. Forse questi Esseri vedono ciò che esiste solo dentro di loro.

Non abbiamo nessuna possibilità concreta di sapere come sono andate le cose, come sono le cose e meno che mai come andranno le cose. Quindi l’unica possibilità è affidarsi all’istinto, e l’istinto consiglia di non nutrire troppa fiducia in ciò che quest’umanità di malati e di morenti tenta di far credere, ma di aver fiducia, come Organismi Piccini consapevoli di esserlo, nelle indubbie, queste sì, capacità della Natura di concedere la vita a chi trova spazio per vivere e negarla a chi non è degno di vivere.

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